Elezioni e ballottaggi in Veneto, astensionismo e voto dimezzato
Martedi 16 Giugno 2015 alle 22:55 | 1 commenti
Alle elezioni amministrative che si sono svolte un paio di settimane fa poco più del 50% degli aventi diritto è andato a votare. Ai ballottaggi di domenica scorsa l'astensionismo è stato superiore alla metà degli elettori. Un risultato inquietante che dimostra come, nel nostro paese, il tasso di democrazia sia arrivato a livelli decisamente bassi.
La responsabilità di questo disinteresse non è da addebitare agli elettori ma a una proposta politica insufficiente e conformista che crea questa situazione di “anoressia istituzionaleâ€. Una situazione peggiorata da un'informazione sempre più omologata al potere che dà la massima (se non unica) visibilità ai partiti e alle liste considerate quelle che “possono vincere†e censura, di fatto, qualsiasi progetto e programma alternativi al pensiero unico.
Le elezioni per il comune di Venezia sono state un esempio eclatante di questo scenario disperante. Elezioni anticipate dovute al commissariamento della città lagunare a causa di uno scandalo di proporzioni enormi come quello del Mose che investe i maggiori partiti veneti (dal PD a Forza Italia, alla Lega stessa che partecipa alla giunta regionale da tempo immemorabile). Ebbene, la campagna elettorale si è svolta come se poco o nulla fosse successo e non ha fornito reali alternative. Sulle grandi questioni non si è evidenziata una differenza sostanziale. Certamente Casson è una persona integerrima, ma è apparso quasi ostaggio di giochi più grandi di lui. Le liste dei candidati consiglieri non hanno dimostrato una discontinuità ma sono state compilate (almeno questo è quanto si è percepito) tenendo conto di rapporti di forza interni ai maggiori partiti. Rapporti di forza che fanno riferimento a centri di potere. La vittoria di Casson alle primarie poteva dar luogo a una novità rispetto alla politica del PD locale e nazionale. Era logico aspettarselo vista la posizione critica rispetto alle decisioni del governo fatta propria dall'ex magistrato. Invece, subito dopo, non è stato possibile o non si è voluto dimostrare posizioni difformi dalla politica di Renzi o dalle proposte che Alessandra Moretti faceva a livello regionale. C'è stata una specie di “normalizzazione†del candidato sindaco Casson che si è accentuata dopo il primo turno. Una corsa verso il centro con dichiarazioni ambigue riguardo il problema dei migranti che sono state lette come un inseguimento (e un adeguamento) alle posizioni leghiste (abbiamo già dato … Venezia non può accogliere più nessuno … ) e l'individuazione di una eventuale squadra di governo della città che vedeva come superconsulenti noti imprenditori come Renzo Rosso (quasi un novello Calearo) ed economisti neoliberisti come Giavazzi.
La competizione elettorale, quando c'è stata, si è rivelata di basso livello, basata più che altro sulla paura che vincesse l'avversario. Il voto richiesto dalla coalizione che appoggiava Casson (almeno così è stato percepito) era per “il meno peggio†evidenziando una campagna miope e fragile che ha portato grandi fette dell'elettorato storicamente di sinistra allo sconcerto e all'astensione. In questo scenario sono stati votati due candidati certamente diversi ma alla testa di due coalizioni diventate talmente simili che Brugnaro, il candidato “più a destraâ€, non aveva problemi a dichiararsi grande estimatore di Renzi. Di fronte a questa rincorsa per accaparrarsi il voto centrista, a Venezia, hanno vinto l'astensione e chi è apparso non la copia ma l'originale referente della destra e dei “moderatiâ€. Il risultato è una democrazia dimezzata con un sindaco e un presidente della regione che rappresentano a malapena il 25% del corpo elettorale.
Adesso il problema principale che la sinistra deve affrontare non è la vittoria di Brugnaro ma l'astensionismo. Un astensionismo sottovalutato e spesso incentivato dai potentati dei maggiori partiti, anche e forse soprattutto di un PD che è ormai abituato a minimizzare il non voto definendolo un problema secondario. Ci troviamo di fronte, invece, a un astensionismo talmente alto che, di fatto, esclude dalle istituzioni la maggioranza della popolazione. È un problema gravissimo che bisogna affrontare e risolvere con proposte serie senza adeguarsi a quello che si crede sia il “volere della genteâ€. I partiti dovrebbero indicare soluzioni e alternative. Invece si adagiano all'andazzo generale, deviano l'attenzione dai veri problemi del paese, incentivano una guerra tra poveri (italiani contro immigrati, lavoratori del privato contro quelli del pubblico, giovani contro pensionati ...) che può portare solo all'indifferenza, alla rassegnazione e a forme rabbiose di populismo reazionario.
Bisogna reagire e proporre progetti di vera alternativa senza costringere i cittadini a scegliere il meno peggio. Perché importante non è occupare qualche poltrona per occupare le istituzioni ma risolvere i veri problemi del paese.
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