Forchetta azioni BPVi, l'affare lo possono fare Atlante e chi ha ancora coraggio e soldi da scommettere
Martedi 19 Aprile 2016 alle 00:06 | 0 commenti
Prima ancora che il Cda vicentino stabilisca la "forchetta" (preannunciata per stasera ma non ancora nota mentre scriviamo visto che Cda si è riunito in notturna) tra il valore minimo (0,30 euro?) e massimo (0,50?) del valore delle azioni della Banca Popolare di Vicenza avviata obbligatoriamente all'aumento di capitale in Borsa, è chiaro che a fare l'affare possono essere, oltre a chi avrà singolarmente e ancora il coraggio e i soldi per sottoscrivere l'aumento, soprattutto i fondatori, alcuni "ciclopici", del Fondo Atlante, messo in campo dalla "moral suasion" del Governo di Matteo Renzi e del ministro dell'Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan che sono riusciti a farvi convergere gruppi bancari, finanziari e assicurativi usando a garanzia della bontà dell'operazione il suo braccio operativo, la Cassa Depositi e Prestiti.
Questo passo era l'unico che fosse possibile fare per non assistere all'ufficializzazione del fallimento, di fatto avvenuto e in pratica evitato dal "soccorso (al) rosso", dei due istituti veneti dopo che Unicredit e Intesa (con la sua Imi), entrambe garanti con possibilità di passo indietro dei loro aumenti di capitale, avevano fatto capire la loro ritrosia a giocarsi, la prima, 1,5 miliardi sul tavolo unico della BPVi e l'altra 1 miliardo per salvare "solo" Veneto Banca
Un miliardo a testa, quindi, i due maggiori istituti li hanno messi, sì, ma insieme ai 3 miliardi iniziali raccolti da altri investitori e da Cdp e su un'operazione e su un rischio allargato al sistema da soccorrere, come BPVi e Veneto banca, o da supportare, come Banco Popolare.
Se è credibile che sarà di 4 euro il target price (prezzo obiettivo) di BPVi a cui pensa Atlante, che punta a un rendimento complessivo del 6% in un tempo tra i 5 e gli 8 anni fissati per la sua durata, il fattore moltiplicativo finale del suo investimento in capitale per, ad esempio, le azioni vicentine sarà di 8 volte se il prezzo di fissazione dell'Ipo sarà di 50 centesimi o di addirittura di circa 13 volte se i titoli partiranno in Borsa a 30 centesimi o giù di lì.
Questo grande margine di guadagno sul capitale, che sarebbe conseguibile (sottolineiamo doverosamente il condizionale per chi sta ragionando se inseguire Atlante e "puntare" o meno fiche sulle azioni biancorosse) a prezzo anche di una grande ristrutturazione, anche in termini di forza lavoro (il 50% in meno di quella attuale?), consente anche al fondo di essere "generoso" nel valutare le sofferenze (i Non Performing Loans, NPL) all'ipotizzato 30% del loro valore nominale e non a limiti più bassi come farebbe il mercato (dopo il 17,5% fissato drasticamente da Bankitalia per le 4 banche"fallite" il fondo Fortress offriva, prima di uscire dalla trattative, il 20%).
Un 10% in meno di guadagni (o in più di perdite) ipotizzabile sulle sofferenze miliardarie vicentine sarà ben poca cosa rispetto ai guadagni ipotizzabile sui suoi titoli in Borsa e, tra l'altro, abbasserà in bilancio le immediate e nuove perdite che deriveranno dal portare in conto le sue sofferenze non al 40% circa attuale ma a quel 30%, perdite da cui, se ridotte, deriveranno minori ulteriori esigenze di capitalizzazione, che verranno interrotte solo quando la banca tornerà a guadagnare.
E se la banca tornerà a fare utili: il "se" lo sottolineiamo non per mancanza di fiducia nel nuovo "gestore" Atlante, interessato a far funzionare la banca e non a usarla come strumento di potere a scapito di chi i soldi li aveva investiti su Zonin & c., ma per rispetto di chi in passato ha preso per buone le indicazioni di "buy" (compra) arrivate non solo dai funzionari della BPVi pagati anche per questo ma anche da certi media locali il cui unico interesse dovrebbe essere quello di informare correttamente i lettori.
Media che, invitando a comprare, evidentemente o non capivano quello che abbiamo iniziato a capire anche noi dal 2010 o erano indotti in errore da interessi superiori, a quello dei lettori.
Target price di 4 euro grazie alla pulizia di altri buchi latenti e grazie alla redditività legata alla nuova gestione: questa è la scommessa su cui si dovrà riflettere.
A incoraggiare ci può essere il riassetto globale e in atto del sistema bancario italiano, quello su cui investe realmente Atlante, a scoraggiare possono essere i dubbi sul suo successo in questo periodo e, soprattutto per i 117.000 soci truffati, la mancanza reale di soldi per accettare il rischio, anche se facilmente più credibile dell'azzardo del re del vino.
Ad oggi non solo impunito ma apparentemente neanche "inseguito" dalla magistratura, per altro non certo pressata dai media locali e dalla mancata azione di responsabilità verso i responsabili del dissesto.
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