Donald Trump, commercio e imprese: i punti di vista del Veneto
Giovedi 10 Novembre 2016 alle 09:34 | 0 commenti
«Ricordate: non importa cosa accada, il sole domani sorgerà ». All’indomani del voto americano, la frase di Barack Obama si presta bene anche a descrivere lo stato d’animo di chi, in Veneto, è chiamato a leggere le ripercussioni che l’elezione di Donald Trump potrebbe avere sulla nostra economia. Non è affare di poco conto: le imprese venete ogni anno esportano beni per 4,6 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, che sono diventati il nostro terzo partner commerciale dopo Germania e Francia. E vista la forte impronta protezionista che il tycoon americano ha annunciato in campagna elettorale, in tanti si chiedono se le misure che si prepara ad attuare potranno incidere (in negativo) anche sul giro d’affari delle aziende del Nordest.
L’export manifatturiero verso gli Usa rappresenta l’8,1% del totale regionale ed è in crescita: +16% nel 2015 e +0,2 nel primo semestre di quest’anno. Gli americani hanno «fame» di made in Italy, vogliono i vini veneti (nei primi sei mesi del 2016 abbiamo esportato bevande per 193 milioni) e gli articoli in pelle (169 milioni di euro). Oltre cento milioni di euro a semestre valgono anche i mobili, il vetro e la ceramica realizzati nella nostra regione e venduti agli statunitensi.
Più in generale, l’export verso gli Usa riguarda un po’ tutti i prodotti: dall’abbigliamento (75 milioni di euro in sei mesi) ai prodotti chimici (56,8 milioni), dalla carta (15,8 milioni) fino agli occhiali che spingono la provincia di Belluno (con un export verso gli Usa stimato in 452 milioni a semestre) al secondo posto dopo Vicenza (637 milioni) per quanto riguarda il volume degli affari conclusi oltreoceano.
Non sembra preoccupato il presidente di Confindustria Veneto, Roberto Zuccato: «Il popolo americano, complice la crisi e il sempre maggiore divario sociale, ha votato per un cambiamento netto rispetto al passato. Ora toccherà a noi cercare di lavorare al meglio con la nuova amministrazione. Le minacce pronunciate in campagna elettorale spesso non si traducono in azioni concrete, anche se è comprensibile che Trump voglia regolamentare il mercato: certe aperture, penso ad alcuni paesi dell’Oriente, hanno rappresentato un problema anche per le imprese europee».
Matteo Zoppas, presidente di Confindustria per l’area metropolitana di Venezia e Rovigo, si augura che «Donald Trump continui nelle politiche di proficui scambi commerciali e flussi turistici per Venezia».
Qualche dubbio lo mostra il presidente regionale di Confartigianato, Luigi Curto: «È di assoluta importanza per le nostre imprese guardare allo stato di salute dell’economia statunitense» avverte. «Il trionfo di Trump potrebbe portare qualche turbamento nelle relazioni commerciali, in ragione della volontà ribadita dal tycoon americano di mettere in campo politiche isolazioniste. Occorre quindi un grande lavoro diplomatico da parte dell’Unione Europea a salvaguardia di queste relazioni».
Il presidente di Unioncamere, Giuseppe Fedalto, invita alla cautela: «È presto per capire se la “chiusura†espressa da Trump riguarderà soltanto la politica o anche il commercio, di certo il risultato delle urne americane potrebbe portare molti cambiamenti. E non è sempre detto che siano negativi».
Il presidente della camera di commercio di Verona, Giuseppe Riello, guarda anche al significato politico dell’esito elettorale statunitense. «È evidente lo scollamento tra chi amministra la Cosa Pubblica e i cittadini – assicura – e il profondo malessere di questi ultimi. Il problema non è Trump ma l’incertezza che si alimenta dipingendolo come un presidente poco affidabile. L’incertezza blocca gli investimenti e apre alla speculazione più sfrenata. Dalle valute alle Borse, fino ai mercati finanziari. E da questi alle pesanti ricadute sull’economia reale, il passo è breve. Ricordando che sfiducia e pessimismo generano solo recessione, tenderei a sminuire questo dramma tutto politico».Di Andrea Priante, da Il Corriere del Veneto
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