Disoccupazione, governo e ...
Sabato 2 Giugno 2012 alle 00:11 | 0 commenti
Giorgio Langella, Segretario provinciale PdCI FdS - Il tasso di disoccupazione del primo trimestre di quest'anno ha raggiunto il 10,9%. In un anno è cresciuto del 2,3%. I disoccupati ad aprile sono 2.615.000. È il dato più elevato di questo secolo. Una cifra spaventosa che cresce di mese in mese (38.000 disoccupati in più rispetto a marzo). I giovani senza lavoro sono il 35,9% (la percentuale più alta da quando hanno avuto inizio le serie storiche nel 1993).
Le giovani donne del sud Italia senza lavoro sono il 51,8%. A questi si devono aggiungere tutte le persone che vorrebbero lavorare ma non hanno più la speranza di trovare un lavoro e si sono rassegnate all'inattività .
Quelli diffusi dall'Istat sono dati drammatici che evidenziano una mancanza di lavoro ormai cronica. Una crisi occupazionale che viene confermata anche nella nostra regione dai dati diffusi da Veneto Lavoro. Da gennaio ad aprile di quest'anno 329 sono le aziende venete entrate in crisi. I lavoratori coinvolti sono 7.442 (in aumento rispetto ai 7.077 dello stesso periodo del 2011). Le ore autorizzate di Cassa integrazione (nei primi 4 mesi del 2012) sono complessivamente 28.578.695 (praticamente uguali allo stesso periodo del 2011). I lavoratori in mobilità (gennaio-aprile 2012) sono 13.747 (+368 rispetto al 2011). Sono dati che si sommano a quelli già disastrosi di questi ultimi anni. Dati ci dicono tante cose. Ci fanno capire che la riforma del lavoro recentemente approvata (con l'ennesima fiducia) dal Senato con una enorme maggioranza (hanno votato a favore i soliti PD, PDL, Terzo Polo) non può risolvere nulla. Perché non è favorendo i licenziamenti individuali senza giusta causa (l'articolo 18 viene, di fatto, svuotato e cancellato) che si favorisce l'occupazione. Come non è con l'innalzamento dell'età pensionabile che si permette ai giovani di trovare lavoro. Il governo e la maggioranza che lo sostiene sembra facciano di tutto per non risolvere il problema. Non agisce per debellare la piaga delle delocalizzazioni (pensiamo, solo per fare un paio di esempi, ai recenti casi della Safilo e della Filivivi). Non fa niente per favorire le assunzioni a tempo indeterminato. L'idea fissa governativa è principalmente quella di aumentare la "flessibilità del mercato del lavoro" in ingresso e in uscita (in pratica assunzioni "precarie" e licenziamenti "sicuri").
Sembra che si affrontino i problemi alla rovescia. I "professori" che si sono seduti al governo ci spiegano che per aumentare i posti di lavoro bisogna licenziare. Ci dicono che per far lavorare i giovani, gli anziani non possono andare in pensione. Quanto di più lontano da quello che dovrebbe essere il progetto più logico: un piano per il lavoro che veda lo Stato ridiventare protagonista dello sviluppo del Paese. Uno Stato che non si limiti a devolvere denaro alle banche o alle imprese ma diventi produttore. Che decida quali sono le politiche industriali ed economiche del Paese. Da troppi anni si è affermato che "privato è bello". In nome di questo slogan si sono privatizzate industrie statali e beni comuni che sono stati regalati a qualche grande capitalista privato. Il risultato è disastroso. La produzione è stata sacrificata alla speculazione. La politica è diventata succube del profitto finanziario ed ha agito di conseguenza. Una economia basata sul "giro di denaro" ha reso il lavoro sempre più precario, intermittente, povero. Il tenore di vita dei lavoratori e dei pensionati ha raggiunto limiti talmente bassi da risultare insopportabili. Il guadagno garantito a pochi è cresciuto a scapito del benessere di chi lavora. La politica neo-liberista ha prodotto quello che stiamo vivendo. Ci ha tolto il futuro. Ha permesso a "grandi industrie" come la Fiat (di Marchionne e della famiglia Agnelli) di fare quello che voleva imponendo ricatti e contratti che poco hanno di costituzionale. Ha chiuso gli occhi di fronte alla chiusura delle fabbriche. Lo ha fatto in nome del profitto privato e personale di quei padroni che hanno avuto la libertà di speculare e trasferire enormi ricchezze nei paradisi fiscali. Ha favorito le delocalizzazioni. Ha consentito la diffusione del lavoro nero. Ha fatto diventare il lavoro sempre più precario. A poco a poco il tessuto produttivo del Paese si è prosciugato. A farne le spese sono i lavoratori e i pensionati ai quali vengono chiesti sacrifici ormai insopportabili.
I responsabili non sono solo gli attuali "professori" che occupano le poltrone del governo. Loro hanno solo "perfezionato" quello che i governi di destra avevano impostato. Bisogna ricordarlo sempre. Negli ultimi dieci anni ben quasi otto sono stati caratterizzati da governi guidati da Berlusconi e Bossi (e, anche, da Fini e Casini). Governi che nulla hanno fatto per lo sviluppo del Paese. Tutt'altro. Governi che, tra l'altro, hanno depenalizzato il falso in bilancio e hanno permesso (o favorito?) che evasione e corruzione raggiungessero livelli impensabili. Bisogna ricordarlo anche a chi, come la Lega, oggi è all'opposizione (ed è travolta da penosi scandali che dimostrano una morale politica alquanto imbarazzante). La crescente disoccupazione, la cancellazione dei diritti elementari dei lavoratori, i salari e gli stipendi che diventano sempre più "poveri", le pensioni con le quali non si riesce a vivere, i servizi pubblici senza risorse sono frutto delle scelte di chi è rimasto incollato alle poltrone del governo qualsiasi cosa succedessi. Di chi, come la Lega, ha sempre difeso l'indifendibile approvando qualsiasi cosa volesse "padron Berlusconi". Monti e soci stanno solo facendo crescere la gramigna che loro hanno seminato. Il problema è che sono i lavoratori, i giovani e i pensionati quelli che stanno pagando. Tutto e sempre.
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