Per gli Amenduni sarà ora difficile cedere la propria quota del 10% dell'Ilva di Taranto
Domenica 26 Agosto 2012 alle 10:21 | 0 commenti
In un articolo su Il Fatto Quotidiano («Emilio Riva finanziava Berlusconi e Bersani. Che poi lo hanno ripetutamente rimborsato») Vittorio Malagutti parla dei "favori" fatti e ricevuti nel tempo e in maniera "equivicina" da Pdl e Pd dal "padrone" dell'Ilva ma rivela (e commenta) la presenza importante della famiglia Amenduni nel capitale del gruppo siderurgico, oggi al centro del ciclone per il disastro ambientale di Taranto e, si teme, non solo.
Se, pur denunciando continue perdite della sua Ilva, Emilio Riva aveva anche destinato "patriotticamente" 120 milioni di euro non al suo risanamento ma al lancio della nuova Alitalia, di cui fu regista finanziario l'attuale ministro Corrado Passera, fautore ora dell'intervento statale pro Ilva, gli imprenditori vicentini della Valbruna, anche loro pugliesi come la città disastrata, stavano cercando, secondo il giornalista, di monetizzare la loro quota del 10% (l'altro 90% è di Riva) acquisita ai tempi della privatizzazione dell'impianto di Taranto.
Ora l'operazione di cessione dell'importante partecipazione diventerà molto più difficile se non impossibile, con immaginabili perdite patrimoniali per il gruppo, che ha grossi interessi anche nel settore immobiliare e nella finanza che conta (Generali), ma ecco cosa scrive Vittorio Malagutti: «Tra tanti amici al governo, però, il capo dell'Ilva ha finito per trovarsi un nemico in casa. Già , perchè Riva non è l'unico proprietario del gruppo siderurgico, di cui pure controlla il 90 per cento. A libro soci con una quota del 10 per circa trova gli Amenduni, un'altra famiglia di imprenditori siderurgici che nel 1995 partecipò alla privatizzazione dell'Ilva. Ebbene, due mesi fa il rappresentante degli Amenduni ha votato contro il bilancio del gruppo chiedendo informazioni su alcuni affari che hanno trasferito denaro dal colosso siderurgico ad alcune finanziarie personali dei Riva. Tra gli addetti ai lavori c'è chi spiega questo atteggiamento battagliero come un'azione di disturbo con l'unico scopo di convincere i Riva a ricomprare le azioni Ilva di cui i soci di minoranza vorrebbero disfarsi. Michele Amenduni, contattato al telefono si schermisce. "Mi trovo all'estero - racconta - e non so che cosa stia succedendo a Taranto"». E il collega commenta così l'ultima frase del figlio di Nicola Amenduni: «Davvero, ha detto proprio così. Forse è una battuta, ma non fa ridere».
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