Da Vicenza a Roma 150 rappresentanti del mondo agricolo per difendere il made in Italy
Venerdi 6 Luglio 2012 alle 14:57 | 0 commenti
Oltre 15mila agricoltori italiani al Palalottomatica Roma per l’assemblea nazionale Coldiretti
Recupero della filiera agroalimentare, restituendo centralità e reddito al produttore e riconoscimento pieno dell'identità del made in Italy con le sue produzioni tradizionali: sono le richieste e gli obiettivi della Coldiretti per rilanciare il settore primario e l'economia. Lo ha detto ieri, a Roma, al Palalottomatica, il presidente nazionale Coldiretti, Sergio Marini, nel corso dell’assemblea nazionale della Federazione.ÂTra i 15mila presenti una delegazione di oltre 150 vicentini che hanno portato il buon nome delle proprie produzioni a tutela del know how italiano e, capofila, il presidente provinciale Diego Meggiolaro con il direttore Roberto Rampazzo, che hanno commentato: “questa assemblea ci da la forza e la carica per portare nei nostri territori le istanze di Coldiretti e per essere ancor più tenaci nel raggiungimento del nostro obiettivo: la difesa del made in Italy e, quindi, la salvaguardia del valore delle impreseâ€. Vediamo di seguito alcuni dei punti salienti esaminati dal presidente nazionale Sergio Marini.
Crisi: per batterla l’Italia torni a fare l’Italia. “Noi rappresentiamo un’idea di crescita e di sviluppo completamente diversa da quella dominante: l’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, cioè di essere l’Italia della grande creatività , delle piccole e medie imprese agricole, artigiane, manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo. È questa l’Italia futura, quella per cui il territorio è una miniera di opportunità , il cui modello di sviluppo è compatibile con la salvaguardia di un capitale umano e sociale unico al mondo e con la sapiente ricerca della felicità e dello stare bene insiemeâ€.
Spending review: occorre tagliare i 100 giorni di burocrazia. “Occorre cogliere l’occasione della spending review per togliere di mezzo una volta per tutte quegli adempimenti burocratici inutili che tolgono all’attività di impresa vera 100 giorni l’anno. Il vero vantaggio di una spending review “possibile†non è solo nel taglio del personale pubblico, che sarà difficile per il costo sociale che ne deriverebbe, ma nel recupero di almeno 100 giornate di lavoro all’anno che gli imprenditori perdono per stare dietro alle carteâ€.
Crisi: c’è una via italiana allo sviluppo. “Il modello delle economie di scala e le leggi del Pil e della finanza da sole stanno impoverendo le famiglie ed i territori, spingendo a produrre al minor costo senza tenere in alcuna considerazione il prezzo sociale, ambientale ed etico che provocano. Siamo convinti che il nostro Paese possa ritrovare una via sostenibile di sviluppo e competitività sui mercati locali e globali solo se saprà ripartire dai territori, in primo luogo dal loro patrimonio ambientale e culturale, e dalla creatività delle sue piccole e medie imprese che insieme rendono distintivo il marchio Italia. Una via che saprà reggere anche la competizione globale, contando sulla produzione e su flussi di merci speciali per bisogni speciali, percepiti dai consumatori sparsi in molti luoghi del mondo.
Riforme: la politica ha smarrito cammino. “Troppo spesso la politica ha smarrito il suo cammino: non media fra le spinte conflittuali dei ceti e degli stati, con sempre maggior frequenza confonde gli interessi particolari con quelli generali. Così in Italia e così in Europa. Si dice che stiamo vivendo una crisi finanziaria economica globale: questa è una “non verità †perché quella che stiamo vivendo è una crisi “politica globaleâ€. La responsabilità è infatti della politica che ha fatto un passo indietro, accettando la globalizzazione dei mercati senza globalizzarsi. In ciò non è mancata una certa supponenza: l’idea infatti che il mercato si sarebbe autoregolamentato è stata puntualmente smentita dalla storia. La globalizzazione senza regole è diventata globalismo, il mercato senza regole mercatismo dove tutto è merce e il Pil è l’unico misuratore con la speculazione che vince sull’etica e sul lavoroâ€.
Crisi: occorre investire su valori etici e beni comuni. “Possediamo una borsa valori che sa misurare con puntualità solo il danaro e la ricchezza. La crisi in cui viviamo non deve oscurare la necessità di investire anche su un'altra gamma di valori, che sono valori che non si vendono e acquistano e che quindi non sono misurati dal Pil ma sono durevoli, continuativi che non conoscono erosione: la socialità , l’amicizia, la famiglia, lo stare bene assieme, la spiritualità nelle sue varie espressioni culturali, la solidarietà . In questi anni l’Italia ha conosciuto il logorio di una serie di beni che nell’ultimo cinquantennio le hanno consentito di diventare una grande potenza economica. Un ulteriore peggioramento su questa strada, potrebbe comprometterne severamente la ripresa. Vi sono “beni†dalla cui stabilità dipendono le energie stesse e la coesione dell’intera comunità : ci riferiamo alla salute, alla formazione, al concetto di sussidiarietà , alla strumentazione scientifica, a condizioni di lavoro ‘dignitose’ che necessariamente comprendono una soglia di reddito equa per tutti. Dalla tenuta di questo patrimonio, in un’economia sociale di mercato dipendono le vite delle famiglie, l’avvenire dei figli, l’autunno degli anziani e i singoli destini individuali. Noi restiamo impegnati per far sì che l’azione dello stato, delle amministrazioni pubbliche, dei soggetti privati sia avviata in questa direzioneâ€.
UE: politica tornata sovrana. Veto anche sulla Pac. “Con il recente vertice di Bruxelles la politica ha dimostrato che può recuperare la sua sovranità e l’Italia può tornare ad avere il ruolo che merita nei confronti degli altri Paesi membri. La politica ha battuto un colpo anche grazie alla minaccia di veto dell’Italia che non bisogna avere paura di usare nei momenti centrali, come la riforma della politica agricola comune (Pac) dalla quale dipende molto del futuro del cibo, dell’ambiente, del paesaggio e della qualità della vita del Made in Italy. L’agricoltura produce beni etici durevoli in termini sociali e ambientali che non si misurano con il Pil, ma dai quale dipende molta parte della qualità della vita degli italianiâ€.
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