Da Rosarno a Vicenza, il seme della paura
Mercoledi 27 Gennaio 2010 alle 18:32 | 0 commenti
Articolo pubblicato sul numero 179 di VicenzaPiù, in edicola da sabato a 1 euro, disponibile nei punti di distribuzione in città (l'elenco dei principali è nel box in basso a destra) oppure scaricabile da oggi in formato pdf dallo stesso box
Non ci sono state reazioni ufficiali o manifestazioni di solidarietà ,
ma quanto avvenuto in Calabria ha scosso le comunità immigrate del vicentino
Perché è il sintomo di un clima sempre più intollerante. E del crescere della paura
Così lontani, così vicini. I fatti di Rosarno, con i lavoratori migranti prima sfruttati fino all'esasperazione poi scacciati, sono distanti centinaia di chilometri dal vicentino, ma toccano nel vivo le varie comunità straniere presenti nella nostra provincia. Perché battono su un tasto dolente, quello della paura e del timore che, un passo alla volta, intolleranza e razzismo prendano piede anche qui. E che basti poco per perdere tutto quello che è stato costruito in anni di fatica e lavoro. Si spiega anche così il silenzio che ha accompagnato la vicenda calabrese: da parte delle migliaia di stranieri presenti nel territorio sono arrivati pochi commenti ufficiali (con qualche eccezione, come l'appello della Rete Migranti che abbiamo pubblicato) e nessuna manifestazione pubblica di solidarietà . Ma, lontano dai riflettori e dai microfoni, se n'è parlato. Eccome.
Primi commenti
"Ne abbiamo parlato, certo. E molto - conferma Ousmane Condé, presidente dell'Unione Immigrati -:. Non c'è da stupirsi per quello che è successo a Rosarno, la situazione la conoscevano tutti: ti fanno lavorare dalle 6 della mattina alle 8 di sera per 25 euro, e poi, dopo averti pagato, mandano i loro uomini a riprendersi i soldi". "E non parliamo delle condizioni in cui erano costretti a vivere - si inserisce Titus Glover, esponente della comunità Ghanese - sembravano maiali, non persone". "L'unica cosa di cui stupirsi è che ancora una volta si siano criminalizzati gli immigrati - riprende Condé -: a me ha ricordato quanto successo a Villa Literno, dove si era parlato di un regolamento di conti tra bande, per poi scoprire che gli immigrati si erano rifiutati di pagare il pizzo. Qua lo stesso: il ministro ha parlato di eccessiva tolleranza verso gli stranieri, ma si è visto che le cose stavano diversamente". I commenti, insomma, sono unanimi: "È stata purtroppo una scena molto amara, vedere le condizioni in cui vivevano, anche solo temporaneamente, delle persone che erano lì solo per lavorare - osserva anche Gilbert Abasimi, che si occupa di immigrazione per la Uil ed è il referente di un'altra associazione di gahanesi -. Non si può pensare bene di fronte a quello che è accaduto: è un segno di intolleranza che dà preoccupazione per la nostra convivenza".
Al centro del mirino
Ed è proprio questo il punto. Parlando con loro, ci vuole un attimo per capire che gli immigrati vedono davanti a sé un quadro ben chiaro: indicati un giorno sì e l'altro pure come un problema, messi in difficoltà in modo spesso incomprensibile da leggi nazionali e provvedimenti locali, si sentono stretti all'angolo, sotto tiro. Soprattutto da parte della classe dirigente. "L'Italia è un paese con una grande cultura e una grande tradizione di umanesimo - riprende Condé -, però tutto questo sta declinando. Non è la gente ad essere razzista, è la politica. È la politica che crea tensioni; il disordine conviene a loro, ai politici, che sulla pelle degli immigrati costruiscono le campagne elettorali. Mettono i poveri gli uni contro gli altri, come se fossimo noi la causa della crisi". Un'analisi su cui è d'accordo anche Abasimi: "La legislazione nazionale non è a favore dell'integrazione - aggiunge -. È questo che preoccupa di più: si punta sulla paura".
Ordinaria discriminazione
Gli esempi non mancano. A livello nazionale, dove ottenere un permesso di soggiorno è sempre più costoso e complicato. "Stiamo andando in peggio: più diventiamo anziani, più ti fanno sentire inutile - racconta Glover -. Io sono qui da quasi vent'anni: se mi faccio male e non posso lavorare mi tolgono il permesso di soggiorno; se perdo il lavoro, lo stesso, mi dicono di tornare a casa. Non è possibile. In nessun altro paese fanno così. Adesso ho fatto un corso di sei mesi per avere la qualifica di saldatore, non me l'hanno considerato come lavoro e quindi ho perso la carta di soggiorno. Ma come si fa?". E sempre più anche a livello locale: la discussa delibera di Montecchio Maggiore, che rende più restrittivi i canoni per l'idoneità di alloggi per gli stranieri, è un ritornello ricorrente: "Si vuole indurre in clandestinità chi è qui da dieci o vent'anni, è assurdo - commenta Condé -. Ci si dice di tornare a casa, ma vi rendete conto di cosa vuol dire, ad esempio per dei bambini che sono nati e cresciuti qui, essere mandati via? La loro casa è qui. Noi amiamo questo paese, qua abbiamo tutto. Io sono cittadino italiano, e sono orgoglioso di esserlo: forse più di chi minaccia di togliermi la cittadinanza, e fino a due giorni prima parlava di secessione, come certi esponenti della Lega".
Terrorizzati
Il rischio, mettono in guardia i responsabili delle comunità migranti, è che quasi senza accorgersene ci si abitui a idee che fino a poco tempo fa sarebbero state improponibili. "Attenzione - è ancora Condé a parlare -. Ci stiamo abituando a frasi come ‘mandiamo a casa tutti gli immigrati': ormai si dicono tranquillamente, e nessuno dice niente. Ma l'indifferenza è pericolosa. Una volta il pericolo erano gli albanesi, poi i rumeni, adesso gli stranieri in generale: prima o poi tocca a tutti".
Di sicuro, tra gli stranieri che vivono qui, la paura è in aumento. Anche per questo, alla fine, hanno preferito non scendere in piazza. "Voi siete terrorizzati, e anche noi lo siamo - osserva Condé - . è così, finché si istiga alla paura". "Paura? Certamente sì - aggiunge Glover -. Abbiamo molta paura: ci sono persone che sono qui da anni, che ormai sono anziane, e gli si sta togliendo tutto, anche la ragione di vivere. E in Veneto è peggio che altrove, perché il diffondersi della Lega blocca anche le cose più semplici: ci vogliono due anni per un permesso di soggiorno che arriva già scaduto. Se devi andare a trovare un parente all'estero, rischi di non poter più rientrare. Cos'è questo, se non apartheid? Io sono qui dal '92, ma le cose vanno sempre peggio. E se continui a spintonare un essere umano, per quanto paziente sia, alla fine prima o poi esplode". Come a Rosarno, appunto. O come già accaduto in altri paesi di vecchia immigrazione, come la Francia. "Io credo che anche qui prima o poi la seconda generazione si ribellerà - afferma Condé -. Loro sono nati qui, vivono qui, la loro casa è qui, anche se si continua a trattarli come extracomunitari".
La conclusione non può che essere amara: "Questo è il quadro - chiosa Condé -: arriva il Natale, e fate la campagna Natale bianco. Date sostegno a chi è in difficoltà , e mi dite che io sono escluso, anche se vivo, lavoro e pago le tasse qui da vent'anni. Ho una casa, e mi induci in clandestinità . Dov'è finita la cultura italiana, dove?". Se qualcuno ha la risposta, si faccia avanti.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.