Crisi in Veneto: situazione disastrosa
Martedi 21 Dicembre 2010 alle 22:03 | 0 commenti
Giorgio Langella, FdS - Mentre in senato stanno votando la legge Gelmini e, per fare presto, la vice-presidente leghista Rosy Mauro fa "confusione" sugli emendamenti e dichiara approvati quelli dell'opposizione (per alzata di mano); mentre il presidente Schifani tenta di far rivotare gli emendamenti già passati per evitare che la legge ritorni alla Camera; mentre il governo dimostra l'incapacità di affrontare qualsiasi problema e l'opposizione parlamentare rimane in atteggiamento sostanzialmente attendista, escono i dati di novembre sulla situazione del lavoro in Veneto.
Un vero e proprio disastro. Qualcosa che, forse, spiega la rabbia degli studenti che non vedono un futuro e la disperazione di tanti lavoratori che, invece, toccano con mano licenziamenti, cassa integrazione e disoccupazione.
I numeri, al solito, sono freddi ed è bene sempre ricordare che dietro di loro ci sono persone, famiglie, vite.
Da gennaio a novembre del 2010, a Vicenza sono 240 le aziende che hanno dichiarato apertura di crisi. Nello stesso periodo del 2009 furono 188 e a fine 2009 furono 205. Un incremento sostanziale. In Veneto non va meglio, anzi. A novembre 2010 le aziende in crisi sono 1.321 (nello stesso periodo del 2009 furono 1.070 e a fine 2009 furono 1.189).
A novembre 2010 le ore richieste di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) a Vicenza sono 24.954.595 (nello stesso periodo dell'anno scorso furono 17.897.873 e a fine 2009 furono 21.008.616). In Veneto da gennaio a novembre 2010 sono 118.459.300 (nello stesso periodo 2009 furono 68.954.831, a fine anno "solo" 80.872.369).
In novembre la mobilità , che sembrava rallentare, a Vicenza ha un'impennata. Nelle aziende con più di 15 dipendenti solo a novembre sono 335 i lavoratori licenziati e inseriti nelle liste di mobilità (da gennaio a novembre sono 2.299). Nelle aziende più piccole sono ben 510 (da inizio anno sono 4.001). Il totale è di 6.300 persone licenziate contro le 6.067 dello stesso periodo dell'anno precedente.
Tutto questo avviene mentre l'evasione fiscale aumenta, la corruzione raggiunge livelli insopportabili, la speculazione non viene colpita.
I responsabili della crisi non possono essere cercati lontano, né si può giustificare questa situazione chiamando in causa il destino. È il risultato di una politica dissennata e miope che vede nel precariato l'unica forma di lavoro, che privilegia solo il profitto d'impresa, che è inerme di fronte alle delocalizzazioni e alle imposizioni padronali, che colpisce sempre e solo chi le tasse le paga tutte e subito, che fa poco o nulla contro la criminalità finanziaria.
Forse è venuta l'ora di reagire e di pretendere che i diritti dei lavoratori, quelli dei pensionati, quelli degli studenti che vogliono avere un futuro nel mondo del lavoro, diventino la priorità della Politica. Cerchiamo almeno di indignarci e proviamo a mandare a casa (forse sarebbe meglio in galera) chi fa giochi di potere per il proprio tornaconto, chi ritiene la politica un mezzo rapido per arricchirsi, chi usa sotterfugi e compravendite di parlamentari per mantenere il potere, chi evade le tasse rubandoci le risorse per lo sviluppo. In poche parole chi ci sta togliendo il futuro.
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