CorVeneto: le reazioni al Consiglio di Stato che giudica illegittimo il decreto legge che ha trasformato le banche popolari in spa
Venerdi 16 Dicembre 2016 alle 09:18 | 0 commenti
Il Consiglio di Stato ha rimesso ieri alla Consulta tutti i dubbi di legittimità sulle norme di trasformazione delle banche popolari in Spa (Società per azioni), ampliando le critiche messe nero su bianco in una recente ordinanza che evidenziava il «nodo» relativo al diritto negato di recesso per i soci e al loro rimborso. Ieri nel mirino anche l’utilizzo - come «contenitore» della riforma» - del decreto legge «in relazione alla evidente carenza dei presupposti di necessità e urgenza». Se la Corte Costituzionale accogliesse questo rilievo, l’intera norma sulle Popolari potrebbe essere travolta. Un’interpretazione che trova concorsi i legali che hanno assistito diversi soci, anche veneti, nel sollevare la questione.
Il punto di vista trova allineato anche Giovanni Schiavon, già presidente del Tribunale di Treviso e fondatore dell’Associazione Azionisti di Veneto Banca che, a sua volta, aveva proposto un ricorso sullo stesso argomento. «Sono sicuro che la Corte Costituzionale farà proprie le ragioni del Consiglio di Stato - prevede l’ex magistrato - introducendo una complicazione incredibile. Una volta per tutte ci si renderà conto che il decreto legge n.3 del 2015 che imponeva la metamorfosi delle Popolari con oltre 8 miliardi di euro di attivo è una mina vagante e l’effetto sarà una moltiplicazione formidabile dei contenziosi. Ancora non mi capacito dei motivi per cui la Banca d’Italia non abbia mai pensato di segnalare al governo i rischi d’incostituzionalità rilevati da più parti, mondo accademico compreso». Dal nuovo status di Spa, comunque, non si può tornare indietro in quanto votata dalle assemblee dei soci, ma sulla trasformazione, fanno presente gli avvocati, «ha pesato un obbligo e la volontà dell’assemblea è stata in parte coartata. Questo potrebbe avere effetti più ampi». In sostanza, l’aver costretto per decreto le banche (in regione Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Banco Popolare) a cambiare natura sarebbe stato da parte del governo un atto con «evidente carenza dei presupposti di necessità e urgenza», mentre i soci, votando la trasformazione, erano convinti che quella dovesse essere l’unica strada da prendere rapidamente. L’altro grosso nodo è quello del diritto di recesso, cioè di restituzione almeno di parte del valore delle azioni a chi non avesse accettato di vedere la propria banca passare da cooperativa a Spa. Il decreto impugnato prevede che, in caso di forte sofferenza finanziaria (e in questo senso hanno optato sia Bpvi sia Veneto Banca), la liquidazione delle azioni possa essere limitata fino ad escluderla. Consapevoli di ciò, pochissimi i soci che hanno esercitato il diritto ma ora, venisse riconosciuta l’incostituzionalità del criterio (per Schiavon «una espropriazione senza indennizzo»), chi ha scelto diversamente potrebbe sostenere di averlo fatto nella convinzione (errata) di una sua inefficacia ai fini del rientro di una quota del proprio capitale. «Gli avvocati ci si butteranno a pesce - prevede l’ex magistrato trevigiano - La gente che ha perso tutto non corre più rischi. Le conseguenze per le banche in termini di litigation saranno gravi». Il presidente nazionale di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, vede nei profili di incostituzionalità della riforma dei tratti che «neanche il fascismo aveva osato assumere nel procedere contro il credito cooperativo. L’ordinanza del Consiglio di Stato è un atto di accusa preciso e impietoso». Nell’attesa che le due ex Popolari venete decidano come organizzare i tavoli di conciliazione, con i soci danneggiati definendo quanto patrimonio stanziare e con quale criterio distribuirlo (per Veneto Banca s’ipotizza il 15% del prezzo pagato per i titoli e un’idea simile c’è per Bpvi), l’Associazione dei soci delle banche popolari venete ritorna sul tema della destinazione di quanto si potrà recuperare attraverso le azioni di responsabilità verso gli ex amministratori. «Chiediamo - insiste il vicepresidente, Francesco Celotto - che il denaro vada ai vecchi soci azzerati e non solo alla banca». Questo mentre il processo di fusione accelera. «In gennaio lavoreremo al piano e probabilmente lo ultimeremo - ha detto ieri l’ad di Bpvi, Fabrizio Viola - e ci sarà un’iniziativa volta a ridurre il peso degli Npl (i crediti deteriorati, Ndr )». Intanto tensione a «Sec Servizi», la società padovana di servizi informatici bancari controllata da Bpvi, Veneto Banca e Volksbank. Ieri l’azienda ha comunicato ai sindacati lo stallo nella vendita annunciata e il mancato rinnovo del contratto integrativo per i 285 dipendenti. «Se è così - spiega Stefano Sanavio (Fabi - siamo pronti a qualsiasi azione, anche allo sciopero».
Di Gianni Favero, da Corriere del Veneto
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