Ciambetti: neocentralismo, anche a sinistra cova la rivolta
Venerdi 30 Gennaio 2015 alle 14:59 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, assessore della Regione Veneto al bilancio, interviene sulla questione della riforma costituzionale
Mentre nella versione ufficiale la modifica costituzionale dell’art.116 riconosce, in maniera assolutamente discutibile, alle Regioni virtuose nuove e maggiori autonomie, nella realtà anche i Presidenti del centro-sinistra ammettono, che la Riforma rappresenta una svolta reazionaria accentratrice e inefficiente.
Si vogliono svuotare le Regioni e riportare il controllo di ogni servizio sotto la guida statale a Roma in un processo involutivo: non lo dice solo la Lega. “Non vi è nessuna garanzia che dal centro si gestisca in modo più efficiente una competenza: lo dimostra chiaramente il raffronto tra la sanità (che gestita dalle regioni è tra le migliori al mondo) e quello della giustizia (gestita dallo Stato con risultati quasi fallimentari nei confronti internazionali). Quello di cui abbiamo bisogno è piuttosto riprendere un serio percorso autonomistico….†e a parlare così è Simonetta Rubinato, che riprende un tema caro ai cattolici democratici impegnati in politica sin dai tempi di Sturzo.
Il riconoscimento al Veneto dello Statuto speciale, proposto dalla Lega Nord e avanzato dalla stessa Rubinato, è stato respinto senza un confronto serio e questo è un altro segnale di come a Roma si voglia liquidare la partita relativa alle Regioni e alla loro autonomia senza dibattiti.
Ovviamente i pasdaran renziani come il veneto De Menech cercano di sostenere altra tesi, ma sono i fatti, oltre ai loro stessi compagni di partito, a smentirli.
Lo scorso 22 novembre è scaduta la Delega affidata dal Parlamento al Governo per attivare il federalismo fiscale: in tre anni i governi Pd da Monti-Fornero  in poi non hanno voluto varare la benché minima norma relativa al federalismo fiscale che invece avrebbe introdotto una autentica svolta e prodotto  probabili grandi risparmi.
In tutta Europa alla riorganizzazione del lavoro e dei modelli economico-produttivi conseguenti alla crisi economica  si affianca un processo di rafforzamento delle autonomie in sede locale e snellimento degli stati centrali. In  Italia si segue un anacronistico percorso opposto  e assistiamo a “un fenomeno che sta portando verso un pericoloso neocentralismo, manifestatosi innanzitutto con la riduzione delle risorse indispensabili per garantire servizi essenziali come la sanità e il welfare†per usare le parole di Antonio Scalzo, presidente Pd del Consiglio regionale calabrese. In Puglia, motivando l’ipotesi di impugnare il decreto Sblocca Italia, si parla senza  mezzi termini di difesa dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle Regioni di fronte a provvedimenti di discusso neocentralismo.  In Lombardia si denuncia come “c on i primi provvedimenti attuativi del Jobs Act, abbiamo la conferma che il Governo non ha ancora chiaro quale modello di mercato del lavoro vuole adottare. Procede a strappi, con provvedimenti normativi affastellati e non ordinati, considerando scontata la modifica del Titolo V della costituzione con la conseguente eliminazione della competenza concorrente in tema di servizi all'impiego e politiche attive".Â
Si svuotano le Regioni, ma in verità l’obiettivo sono il far venir meno i servizi che le regioni erogano non senza un certo grado di efficienza: si vuole svuotare il welfare, si vuole minare la formazione, si punta a mettere le mani nel tesoro della sanità . Che senso ha immaginare la gestione del mercato del lavoro su scala nazionale, quando le problematiche occupazionali sono ben diverse tra area ed area del Paese?
A ben pensarci, l’equivalenza per cui Regioni uguale a spreco, Stato uguale ad efficienza fa venire i brividi, per le ombre dense che essa staglia sul futuro delle Istituzioni democratiche, non più al servizio del cittadino, ma funzionali solo a lobby e potentati, che dei diritti della gente qualunque se ne fregano.
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