Ciambetti, Lega Nord: per coerenza si invitino i Savoia ai festeggiamenti dell'Unità
Mercoledi 2 Febbraio 2011 alle 00:32 | 0 commenti
Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore regionale, e pubblichiamo
Da re di Sardegna a Re d'Italia. Vittorio Emanuele IV, eroe di Cavallo, ed Emanuele Filiberto sono gli unici che possono celebrare l'approvazione della Legge 4671 del Regno di Sardegna del 17 marzo 1861
Il 17 marzo 1861 il parlamento subalpino proclamò Vittorio Emanuele II «re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione» (nella foto il Vittoriano, Altare della Patria). Non "primo", come re d'Italia, ma "secondo" a sottolineare la continuità dinastica tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia.
Cosa pensassero all'epoca i Sardi della corona sabauda è questione tutt'altro che marginale e basterebbe riandare ai nomi di Giovanni Battista Tuveri e Giorgio Asproni per capire, già nella seconda metà dell'Ottocento, il sentimento federalista vissuto allora in Sardegna.
Ma ritorniamo al 17 marzo 1861 quando il parlamento sabaudo a Torino approvò l'articolo unico della legge 4671 del Regno di Sardegna: " Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861". Il successivo 21 aprile quella legge, appunto la 4671 del Regno di Sardegna, diventa la n. 1 del Regno d'Italia, con una coincidenza sfuggita ai più: il 21 aprile è anche la data del supposto Natale di Roma ed è strano che tra i tanti araldi di italianità , difensori della Capitale, amanti dei segni del destino, appassionati di aritmomanzia e numerologia sia sfuggita il 21 aprile, la sovrapposizione di date, Natale capitolino e Legge n. 1 del Regno d'Italia.
Il 17 marzo prossimo noi celebreremo l'approvazione della legge 4671 del Regno di Sardegna. La continuità tra i due regni, quello di Sardegna e quello d'Italia, è segnata dal mantenimento dello Statuto albertino quale legge fondamentale di stato, nonché dal titolo assunto dal re, che continua a mantenere la numerazione dinastica, dimostrando che non siamo davanti alla nascita di una nazione bensì all'estensione del Regno di Sardegna che annette sotto la sua corona territori continentali, Sicilia e altre isole comprese.
Se questi sono i fatti, alle celebrazioni del prossimo 17 marzo mancano i veri eredi del protagonista dei protagonisti di allora, Vittorio Emanuele II, re di Sardegna proclamato Re d'Italia "per grazia di Dio e volontà della nazione".
Quale nazione non è semplice a dirsi e i dubbi, all'epoca, sull'unità italiana non erano pochi anche all'estero: "Non ho mai creduto all'unità dell'Italia; sul piano dei principi, come su quello della pratica, l'ho sempre respinta" scrisse Pierre Joseph Proudhon nella sua prefazione alla raccolta di articoli dal titolo emblematico "Contro l'Unità d'Italia".
Se la nazione rimane nell'ombra mentre la volontà divina è tutta da dimostrare, la dinastia è certa. Dei protagonisti del 17 marzo 1861 rimangono, ancor oggi, i Savoia. In questo caso, ai festeggiamenti per il 150° anniversario bisogna assolutamente invitare Vittorio Emanuele Alberto Carlo eccetera eccetera Maria di Savoia, detto l'eroe di Cavallo, il quarto della dinastia che appunto nel suo trisnonno, Vittorio Emanuele II, vide il primo protagonista dell'espansionismo sabaudo. E, a fianco dell'eroe di Cavallo, per l'esattezza dinastica Principe di Napoli, bisognerebbe affiancare Emanuele Filiberto, principe di Piemonte e sedicente principe di Venezia, invenzione ad uso di Eugène Rose de Beauharnais, vicerè del napoleonico regno d'Italia, invenzione della quale si appropriò, non si sa a quale titolo il giovine savoiardo che forse non sa essere stata quella di Venezia una Repubblica sorta quando i suoi avi erano ancora tra i pastori alpini, detto con il massimo rispetto, per altro, per i pastori.
I due Savoia sono comunque eredi di Vittorio Emanuele secondo e primo re d'Italia e di suo figlio Umberto I, quello delle eroiche cannonate del generale Bava Beccaris contro le file di mendicanti a Milano, del figlio del figlio Vittorio Emanuele III, che portò l'Italia al massacro della Prima come nella Seconda guerra Mondiale fino alla ignominiosa fuga a Pescara e Brindisi quando lasciò il paese in balia degli eventi, nonché del figlio del figlio del figlio, Umberto II, Re di primavera, la figura più dignitosa e comunque quella che ha fatto meno danni alla nazione.
Se proprio si vuole festeggiare l'approvazione della legge 4671 del Regno di Sardegna si abbia la decenza e il coraggio di chiamare gli ultimi eredi dei protagonisti di allora: basta la loro presenza per assicurare e spiegare l'assenza di chi, nella legge 4671 del 17 marzo 1861 non trova motivo di festeggiare alcunché.
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