Castelgomberto, incendio «doloso» tra gli ulivi: «Messaggio trasversale»
Mercoledi 21 Agosto 2013 alle 16:52 | 0 commenti
Quei filari di olivi in cui «ogni pianta sembra innescata da una mano esperta» hanno tolto un bel po' di sonno ad Antonino Casale, ma non la voglia di tenere la schiena diritta cosa che fa «da quarant'anni» anche se l'incendio «con ogni probabilità doloso» che ha colpito un centinaio dei suoi mille olivi a Monteschiavi di Castelgomberto «ha uno sgradevole retrogusto» quello si legge in certi romanzi, in primis quelli di «Leonardo Sciacia».
Ad ogni modo rispetto a quello che sulle prime potrebbe apparire «come un gesto legato non si sa bene a quale ripicca o a quale avvertimento» ieri Casale è andato dai vigili del fuoco di Arzignano a chiedere con sollecitudine un nuovo sopralluogo perché siano approfondite le problematiche, anche da un punto di vista tecnico, che sono all'origine delle fiamme del 10 agosto «forse appiccate con una modalità assai singolare verso l'ora di pranzo» senza la volontà «di scatenare un maxi incendio ma di colpire chirurgicamente sì cercando di far morire il fusto» mentre le foglie già sono rinsecchite e morenti (in foto). Una regolare denuncia è stata depositata il 16 agosto ai carabinieri di Trissino.
Casale è di poche parole. Spiega che deve ancora quantificare con precisione i danni e spiega che ora «la palla deve passare alle autorità preposte» alle quali però chiede rapidità ed accuratezza nelle indagini. Ma per avere una visione più completa sull'accaduto non si può non tenere conto di chi sia Casale. Classe 1949, nato a Santa Teresa di Riva nel Messinese, laurea in filosofia, è arrivato nel Veneto ai primi degli anni Settanta. In quel periodo pur insegnando storia e filosofia al liceo si porta dalla Sicilia l'amore per la terra giacché proviene da una famiglia di piccoli imprenditori agricoli. Ma la passione di Casale in quegli anni è la politica. Allontanatosi prestissimo dal Pci abbraccia l'ala movimentista e critica della sinistra per poi entrare nel gruppo di ricerca e studio Praxis (fondato da Mario Mineo, zio di Corradino, ex direttore di Rai News 24 e oggi senatore democratico), un antesignano dei moderni think tank, per il quale Casale cura inchieste in mezza Italia. Poi arriva un lungo momento di riflessione che coincide con gli anni '80 sino ai primi anni '90 quando esplode Mani Pulite. Casale a Castelgomberto fonda il Comitato per la trasparenza nella pubblica amministarzione. Presto diviene un punto di riferimento per tutta la vallata: controllo dal basso della cosa pubblica, ricerca, studio, analisi, ma soprattutto iniziative concrete per il territorio sono il faro di Casale e del suo gruppo politicamente trasversale.
Ed è in questo solco che si inseriscono le battaglie «tutte sempre vinte» tiene a sottolineare Casale come quelle del contestato insediamento avicolo, il cosiddetto affare Poja. La lotta contro l'amministrazione provinciale per evitare che a Montecchio Maggiore si costruisse un anfiteatro artificiale davanti a Villa Cordellina caldeggiato dalla allora potentissima presidente leghista Manuela Dal Lago. Ma la più dura è quella che sempre alla metà degli anni Duemila vede il comitato spuntarla sul comune di Castelgomberto e su una serie di immobiliaristi per il vincolo della grande zona verde prospiciente villa Da Schio. La cosiddetta praderia. Nella parte di maggior pregio della stessa praderia Casale con l'aiuto di altre associazioni si batte con successo perché il ministero dei beni culturali tramite la Soprintendenza regionale ponga un vincolo tombale di protezione paesaggistica su di un'area posta a ridosso del previsto svincolo della Pedemontana. Un'area su cui si sono accavallati negli anni appetiti milionari. Terminata questa battaglia e con un passato anche da consigliere comunale nonché da candidato sindaco e candidato al parlamento come indipendente nell'Idv, Casale tira i remi in barca, lascia l'impegno attivo e si dedica alla sua altra grande passione: la terra.
Cura un migliaio d'ulivi a Monteschiavi, su quel lembo di collina che divide la valle dell'Agno dal comprensorio di Isola Maolo Schio. «E con un mix di fantasia, mestiere e intuizione», Casale, affiancato dalla sempre presente consorte Luciana, l'altra colonna dell'azienda agricola di famiglia, comincia a produrre un olio extravergine particolare frutto di una mescolanza di piante autoctone, venete e siciliane. Un olio venduto quasi esclusivamente nei mercatini a kilometro zero o in sede. Casale nel frattempo ha maturato la convinzione di riscoprire le lavorazioni tradizionali e «conservative». Sul piano pratico come concettuale i suoi convincimenti potrebbero assomigliare a quelli della decrescita conviviale di Serge Latouche o del bio-regionalismo americano, ma il percorso dell'imprenditore castrobretense appare personale ed autonomo.
Da quattro anni e più i Casale quando espongono i propri prodotti nei mercati del comprensorio, lasciano in bella vista un ciclostile che recita così: «La sperimentazione ha lo scopo di selezionare le piante più adatte al territorio... il tutto finora è stato compiuto con le nostre sole forze, spesso in mezzo alla diffidenza e alla ostilità di chi vedeva, erronamente, in questa coltura una rottura col passato agricolo consolidato ma in crisi. E di chi paventava, a ragione, un concreto esempio di ostacolo alla cementificazione di quelle zone agricole non più funzionali alla destinazione rurale». Ma quale è il movente di un gesto del genere se di dolo si tratta? Invidie? Ripicche? Intimidazione dal retrogusto mafioso? Casale non azzarda alcun commento. Assorto nei suoi pensieri e scrutando la distesa di capannoni che si scorgono dalla sua altura ammonisce: «Faccio molta fatica a pensare che si tratti di fiamme accidentali. Ed è normale avere timori, i più svariati. Incluso il messaggio trasversale».
Sarà un caso, ma di fatto sotto i piedi della tenuta di Monteschiavi, è previsto il passaggio della Spv. E ancora questa primavera quando a Castelgomberto si è votato per il rinnovo del consiglio comunale, un opuscolo anonimo che ha fatto molto parlare in paese parlava di un non bene identificato parco del gusto che gli aficionados del sindaco uscente e riconfermato Lorenzo Dal Toso (area Lega) avrebbero voluto realizzare in un lotto di quella praderia, vincolata dal ministero proprio grazie alla battaglia, alle raccolte firme e ai flash mob ideati da Casale. Che è un po' custode morale nonché memoria storica di quel vincolo ambientale inserito come una spina nel fianco degli appetiti legati alla Pedemontana. Un vincolo, si rumoreggia in vallata, che a Roma qualcuno vorrebbe rivedere.
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