Caso CSV Vicenza: volontariato, Stato e intrighi politici
Sabato 9 Maggio 2015 alle 13:28 | 0 commenti
Le recenti vicissitudini del Centro di servizi per il volontariato di Vicenza inducono a qualche opportuna riflessione (nella foto a sx Maria Rita dal Molin, coordinatrice, e Marco Gianesini, presidente, ndr). Lo Stato fin dalla legge Legge 11 agosto 1991, n. 266 ha inteso "regolamentare " il volontariato e le Regioni ne hanno preso atto con loro diverse leggi, la Regione Veneto fin dal 1993 (Legge regionale 30 agosto 1993, n. 40 (Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato) e altri decreti.
Sempre la Regione Veneto ha istituito, con sede in ogni provincia, il Centro di Servizi. Purtroppo il centro è diventato un "locus politicus" dove le varie tendenze dei partiti si manifestano. E' la dimostrazione che lo Stato, di più o politici, intendono "governare" secondo proprie visioni tutto, pure quel mondo del volontariato che dovrebbe solo essere controllato dallo Stato, non gestito soprattutto attraverso finanziamenti, perché il volontariato è prima di tutto libero e dipende solo da se stesso. Certo, occupandosi di persone - cittadini, è giusto che lo Stato provveda a far sì che nulla di illegale sia compiuto, ma il suo compito dovrebbe fermarsi a questo. Invece... si finisce negli intrighi, nei supposti intrighi ed entrano in ballo le forze politiche, ognuna delle quali "protegge" le associazioni, gruppi, movimenti di volontariato che talora sono loro bacino di voti. Vicenza docet: quando esponenti, presidenti del volontariato si presentano alle elezioni e portano a casa i voti...nel numero quasi solo degli iscritti alla loro associazione.
Dobbiamo riflettere però sulla realtà che il Volontariato ha un suo specifico campo d'intervento che esiste indipendentemente dallo Stato, si colloca al di fuori e al di sopra dello Stato stesso. Il Volontariato può o no incontrare lo Stato, ma non è mai un suo sostituto, non tampona le sue mancanze, ma svolge la propria attività sulla base di una precisa scelta etica che si traduce in un operare conforme ad essa proprio perché l'essere ragionevole, in quanto intelligenza, si assegna il suo posto in quanto causa efficiente in questo mondo.
Questa possibilità è data all'uomo in quanto essere libero e dotato di volontà e quindi capace di scegliere il proprio modello di direzione etica.
Il volontariato invece non è un momento di solidarismo generico, giuridico, perché, come sosteneva Antonio Rosmini non si può prescrivere il dovere della beneficenza, esso nasce dal cuore, ovvero ha altre radici che quelle della legislazione. Queste sono uno stile di vita essenzialmente, che non è un semplice comportamento o una prescrizione da svolgere, ma la scelta di un dovere etico, che informerà di sé tutta la vita attiva dal punto di vista politico, giuridico ed economico. Assumere nel problema della sussidiarietà - portare aiuto - solo un'ottica appare come un riduzionismo, che non contempera la complessità e la globalità di una persona in situazione di chiedere aiuto.
uomini hanno tra loro.
Infatti, il volontario assume un DOVERE di aiuto verso altri uomini che può essere sia di natura religiosa sia filosofica e non è quella solidarietà politica sociale ed economica prescritta dalla Costituzione Italiana, Art.2, perché il dovere morale è dipendente dalla persona, non dalla legge. Il dovere assunto diviene anche la misura ossia il valore della ricerca di un bene sociale, giuridico ed economico nel loro più nobile significato e non solo statuale.
L'azione di un volontario non si identifica che nel dovere divenuto valore della sua esistenza e nella quale egli cerca le condizioni per poterlo realizzare pienamente nel contesto nel quale vive.
Ritornare al significato radicale del volontariato non può che portare benefici ed eliminare la possibilità che vi sia del denaro da "spartire" che ha generato genera e può generare appetiti che con il bene della collettività hanno poco a che fare.
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