Carlotto, il bandito gentiluomo e il Veneto delle mafie multinazionali
Domenica 31 Gennaio 2010 alle 08:00 | 0 commenti
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Dall'amicizia col contrabbandiere d'altri tempi Beniamino Rossini
al Veneto d'oggi, "rovinato" da 15 anni di governo Galan
Dall'affaire Dal Molin ("Ci si potrebbe scrivere un bel noir")
alle mafie che hanno messo le mani sugli appalti pubblici
Intervista allo scrittore Massimo Carlotto
«Non capita a molti scrittori che qualcuno bussi alla porta e chieda di raccontare la propria vita per farne un romanzo». Lo ha detto Massimo Carlotto presentando, martedì 26 gennaio, l'anteprima nazionale de «La terra della mia anima», al Teatro Astra di Vicenza. A Carlotto questa fortuna è capitata: un giorno Beniamino Rossini, grande amico dello scrittore, si è presentato con una grossa valigia nella sua casa in Sardegna, e ha iniziato a raccontare. Giornate passate a parlare, registratore acceso, e una vita che si scopre più romanzesca che mai, eppure vera. Rossini è un criminale gentiluomo, un'infanzia sulle montagne fra Lombardia e Svizzera dove impara il mestiere del contrabbando: diventa "spallone", portatore di enormi sacchi (le "bricolle") attraverso il confine. Sigarette, liquori, ma mai droga.
Un contrabbandiere abituato a "pensare in grande", ma con un codice morale ben preciso e la tessera del Partito Comunista sempre in tasca. Perché il contrabbando era un lavoro che dava da vivere a tanti, nel dopoguerra. Poi le alterne vicende portano Rossini a solcare i mari fra Sicilia (dove ha un brutto incontro con la mafia, che non sopporta per le gerarchie che vi dominano), Grecia, Venezia, Spagna, Libano, passando per l'annientamento umano delle carceri di massima sicurezza. Beniamino Rossini è morto prima dell'uscita del libro «La terra della mia anima», ma ha fatto in tempo a leggere le gesta del personaggio che porta il suo nome nei romanzi dell'Alligatore portati al successo da Carlotto. Romanzi in cui Rossini continua a vivere, come nell'ultimo «L'amore del bandito». Oggi la sua vita incredibile è portata sui palchi con grande sensibilità dall'attore vicentino Titino Carrara, accompagnato dalle musiche dal vivo del jazzista Maurizio Camardi, per la regia di Laura Curino.
Da dove nasce la sua collaborazione con Titino Carrara?
"Conosco e stimo Titino da tempo, sia per il suo lavoro sia personalmente. Lui aveva voglia da anni di lavorare su un mio testo: prima si era pensato a una storia dell'Alligatore, ma sia io che Laura Curino gli abbiamo consigliato Terra della mia anima. Il lavoro di Titino, Laura e Maurizio camardi è durato almeno due anni, in cui io ho solo ficcato il naso qui e là in modo delicato, come di solito faccio. E' un testo difficile, soprattutto perché Titino si è impegnato al massimo per raggiungere una perfezione nell'adesione fra attore e personaggio".
Beniamino Rossini, il protagonista de «La terra della mia anima», è una persona realmente esistita, oltre che essere un personaggio fisso nella saga dell'Alligatore. Come è nata la vostra amicizia?
"L'ho conosciuto mentre eravamo entrambi "ospiti dello stato". L'amicizia è cresciuta negli anni, e lui era molto contento di essere diventato un personaggio dei miei romanzi. Era un bandito "d'altri tempi", e mi serviva, nelle mie storie, un personaggio che facesse da confronto con i banditi di oggi, che sono molto diversi. Sono ben peggio. I banditi di oggi non hanno regole, perché le mafie sono diventate multinazionali, e come tutte le multinazionali cercano di fottere tutti".
A Vicenza, dove c'è stata la prima nazionale del nuovo spettacolo, da anni conviviamo con una storia dai molti misteri, quella della nuova base Usa al Dal Molin. L'ultima "puntata" è il ritrovamento di antichi reperti archeologici proprio sotto il cantiere della base. Ha mai pensato di farne un giallo?
"Beh, la vicenda meriterebbe un'inchiesta e un romanzo, si adatta bene. Ma è una storia troppo nera per l'Alligatore, ci vorrebbe uno stile da vecchio noir francese. Andrebbe raccontata da un punto di vista "interno", per sviscerare le dinamiche di potere che stanno dietro alla costruzione della nuova base. Di materiale ce n'è, è una vicenda che ha tormentato Vicenza per anni e la tormenterà ancora a lungo".
Parliamo di politica. Fra neanche due mesi in Veneto si vota: la Lega sembra la vincitrice annunciata. Come cambierà la vita e la convivenza in questa regione, dove fra l'altro lei è tornato a vivere?
"E' difficile pensare che possa arrivare qualcuno peggio di Galan. Ma è anche vero che può capitare (ride, ndr). I danni che ha fatto Galan in quindici anni sono di una portata allucinante, ma non è certo con la Lega che si cambierà rotta. Bisogna sperare in tempi migliori, agendo dal basso, cercando di disarticolare questo blocco sociale che in quindici anni ha rovinato in Veneto a forza di 'grandi opere'".
Nel suo ultimo romanzo, «L'amore del bandito», racconta l'intreccio tutto contemporaneo fra criminalità straniera e autoctona, che ha come crocevia proprio il Veneto. Ora, in tempo di crisi economica globale, pensa che le mafie siano in difficoltà ?
"Al contrario: le crisi economiche arricchiscono sempre le culture criminali. Il Veneto è terra di riciclaggio da anni. Ma con lo scudo fiscale stanno rientrando non solo i capitali "spariti" in precedenza all'estero, ma anche nuovi capitali "vergini". In un contesto di crisi, la criminalità ha capito che non può permettersi di investire questi soldi in attività pulite ed economicamente a rischio. E qual è l'unico modo per non rischiare neanche un centesimo? Opere pubbliche, appalti, dove il guadagno è assicurato e il rischio minimo. Quindi le mafie hanno tutto l'interesse nell'allacciare rapporti con ambienti della finanza, della politica e dell'imprenditoria. Le mafie ce lo hanno insegnato da anni, e accade in tutto il mondo: perché non dovrebbe succede anche qui in Veneto?"
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