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Buffarini e la difesa del mondialismo

Di Alessio Mannino Martedi 5 Gennaio 2010 alle 16:51 | 0 commenti

Riceviamo e pubblichiamo una replica di Domenico Abdullah Buffarini all'articolo di Alessio Mannino "Ma il vero nemico è il «global»" apparso sull'ultimo numero cartaceo di VicenzaPiù, n° 176, 19 dicembre 2009. Segue contro-replica di Mannino

Nel 1904 Corvo-in-Piedi, oratore dei Piedi Neri - una delle poche tribù parzialmente scampate allo sterminio di oltre 400 etnie indigene del Nordamerica - disse al presidente Teddy Rooselvelt: "I nostri anziani erano molto saggi. Essi dicevano che il genere umano è come il sole e che i popoli della terra ne sono i raggi. Quando un popolo muore la terra diventa più fredda perchè il sole comincia a morire ".
Il discorso di Corvo-in-Piedi è uno dei più alti esempi di "mondialità": aspirazione che ogni essere umano degno di questo nome dovrebbe avvertire nei rapporti con i suoi simili, pur nelle differenze di cultura, di religione e di razza, e consapevolezza che tutti gli uomini appartengono ad un'unica specie vivente e per questo, nei loro rapporti personali o di comunità dovrebbero ispirarsi all'imperativo categorico kantiano "Considera sempre ogni uomo come un fine e non come un mezzo". Che è poi lo stesso che dire "ama il prossimo tuo come te stesso" e ritenere ideali elevati l'uguaglianza, la fratellanza e la libertà. Mannino dice che su questo avrebbe molto da dire, da "antimoderno" qual è. A quale periodo vorrebbe tornare? Al paleolitico superiore della "guerra del fuoco"? All'alto medioevo dei signori feudali?


Un mio caro amico, Lance Henson, è uno dei maggiori poeti viventi di lingua inglese anche se lui appartiene alla tribù degli Cheyenne, una delle più martoriate durante la conquista del west. Egli dedica le sue poesie al dolore, sempre presente che gli provoca il ricordo dei massacri che hanno decimato il suo popolo e, nello stesso tempo ai desaparecidos argentini, alla tragedia di Sarajevo, al genocidio dei Tutsi in Rwuanda, alla miseria dei paria di tutto il mondo. Egli è un "mondialista"; per questo è stato uno dei promotori del movimento "No Global" che esordì qualche anno fa a Seattle. La città ha preso il nome di un capo indiano, che nel 1856 pronunciò un discorso diventato il primo organico "manifesto" ecologico: "Ora è la vostra stagione, Visi Pallidi... Ma dai vostri occhi pieni di odio e di paura verso chi è diverso da voi, vedo che la vostra civiltà produce cadaveri e immondizie... e queste, un giorno vi annegheranno".
Da questi esempi si arguisce che la "mondialità" è l'esatto opposto della globalizzazione: sistema economico-finanziario che porta alle estreme conseguenze il c.d. "capitalismo" ed ha per caratteristica quella di fregarsene completamente degli esseri umani e dei popoli, incentrato come è sui listini di borsa e sui movimenti finanziari del sistema bancario internazionale.
Chiarito questo punto rispondo alle osservazioni critiche di Mannino:
I - Io non ho affatto demonizzato la Lega. Satana è troppo serio ed intelligente per essere associato a un gruppo di fastidiosi tafani con scarsa cultura, bugiardi, xenofobi e razzisti, che meritano solo disprezzo: anche se pensarli al governo come puntelli di un signore che chiamavano "il mafioso di Arcore", o riflettendo sulle caratteristiche nazistoidi di qualche loro esponente (Le Pen Borghezio, SS Tosi, Prosecco Gentilini) mi torna l'inquietudine per la banalità del male di certi caporioni del Terzo Reich. Nel mio articolo mi sono limitato a sottolineare l'assurdità, peraltro non originale, dell'accostamento tra massoneria e Islam, "alleati per eliminare la Chiesa Cattolica e conquistare il mondo". Mi tocca dire, parafrasando Gianfranco Fini: "che stronzata!".
Quanto a Mannino vedo che egli subisce la menzogna localista della Lega, che è in realtà un secessionismo mascherato che ha per molla reale i "schei". Il movimento leghista non poggia su alcun retroterra storico culturale, si è inventato una "nazione, la padania, che non è mai esistita, ma è già tanto ingorda da annettersi Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche; ha iniziato con fantasiosi richiami ai celti e ai riti druidici, invoncando Odino che era divinità scandinava; ha seguitato appropriandosi come inno nazionale del coro verdiano del Nabucco, che è stato la colonna sonora del Risorgimento italiano; si è dato per bandiera una specie di foglia di Marijuana e ha vilipeso in tutti i modi il tricolore, salvo proporre di metterci su una croce: non certo quella di Gesù, profeta dell'amore e della bontà.
II - Il "localismo" è invece una cosa seria: esso è stato il riferimento politico di grandi civiltà come quella greca e quella del Rinascimento; da esso sono nate le più belle città italiane e con Venezia si è vestito di "cosmopolitismo mondialista". Venezia fu stroncata dalla Lega di Cambray, organizzata da l Papa Giulio II; i veneziani si trovarono a combattere da soli contro tutta l'Europa innalzando gli stendardi con il Leone di San Marco e la scritta "Libertà, San Marco, Italia".
Fuori da tali contesti il localismo diventa campanilismo, xenofobia, mancanza di culture vitali. Ne è esempio la Svizzera, conglomerato di localismi chiamati cantoni, che ha celebrato una decina di referendum contro i lavoratori stranieri e ha dato il voto alle donne solo qualche anno fa. Come disse Orson Welles: "in cinque secoli la Svizzera ha inventato solo l'orologio a cucù"; ma gli "gnomi di Zurigo" hanno creato il primo sistema bancario di base per il globalismo, insieme ai localismi detti paradisi fiscali. Quando finisce in mano a politicanti senza scrupoli il localismo provoca inoltre tragedie simili a quella jugoslava.
III - Individuare nell'Illuminismo europeo la causa di tutti i mali è la cifra identificativa dei clericali, dei reazionari e dei dittatori. In realtà l'Europa deve all'Illuminismo la fine delle monarchie assolute, lo stato di diritto fondato sulla divisione dei poteri e sull'Habeas Corpus, l'abolizione della tortura come strumento di indagine giudiziaria, le dichiarazioni dei diritti involiabili dell'uomo (la vita e la libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione), l'abolizione della santa inquisizione e della tirannia esercitata sulla cultura e sulle coscienze.
IV - Sorvolo sulle spacconate di Mannino sul "male" e sulla "guerra" inevitabili. Come me egli ha letto Eraclito e Nietzsche, ma io ho avuto la ventura di trascorrere la mia infanzia sotto le bombe nel terrore e nella fame. Non posso invece sorvolare sull'avermi attribuito la difesa d'ufficio della massoneria, che per 250 anni è stata una grande cosa nella lotta contro le tirannie; ma quella italiana è diventata da decenni un'entità irrilevante e colpevolmente silente di fronte le leggi vergogna volute dalla Lega. Per questo ne sono uscito.
Concludo. L'amore per la patria e per i suoi simboli, gli ideali umanitari e la fede religiosa sono gli elementi essenziali dell'identità di un uomo e di un popolo: così è per Francesi, Tedeschi, Spagnoli, Inglesi e Greci. In Italia, invece, c'è troppa gente che per cinismo, per moda, e per limitato intelletto preferisce affermare: "Io non credo in niente! Io non ho ideali! Della patria non mi frega niente!.
Verrebbe da dire: "e allora non sei niente!".

Domenico Abdullah Buffarini


Mondialismo e globalizzazione: da quel che ho capito, per Buffarini il primo sarebbe il principio giusto, l'aspirazione kantiana ad un'umanità unita e pacifica, la seconda il suo brutale rovesciamento. Qui c'è un dissidio di fondo: per me, ogni ideale è di per sè arbitrario, e perciò vado a cercarne immediatamente gli effetti sulla realtà per capire se aiuta o schiaccia la vita, la libertà e l'autodeterminazione dei popoli. E la realtà è che il sogno della fratellanza universale ha giustificato e giustifica l'appiattimento culturale e politico ad un unico modello: il nostro, occidentale, democratico-fondamentalista, tecnologico e turbocapitalista.
Sulla Lega ho scritto più volte di come sia stata un bluff, evidenziandone senza remore i limiti, gli errori e le doppiezze. Ma, seppur nel suo modo truffaldino, grossolano e razzistoide, ha rappresentato, specie alle origini, un contro-movimento rispetto alla globalizzazione livellatrice. So anch'io che il localismo a cui guardare è quello dell'Italia rinascimentale o addirittura della Grecia antica, insuperabili modelli di civiltà (fiorite fra guerre fratricide e complessi di superiorità verso i "barbari", vorrei rammentare alle anime belle). Ma siamo messi talmente male, oggi, riguardo alla vitalità delle identità locali, che il sottoscritto, da differenzialista convinto, non può pascersi nella contemplazione del passato. Nazione e patria sono ormai ferrivecchi inservibili, spazzati via dalla dittatura globale del consumo (viviamo tutti in un grande Mc-world). Perciò, ben venga qualsiasi tentativo, per quanto rozzo, di resistere all'odierno lieviatano. Naturalmente riservandomi di condannare le sciocchezze e le bellurie dei Borghezio e dei Gentilini.
L'Illuminismo, per me, è stato quello di Voltaire. Ma purtroppo è stato anche quello di Rousseau e del Terrore giacobino, dell‘imperialista Napoleone e della pretesa di assoggettare tutto e tutti all'Uomo universale, fatto con la stampo unico e già in nuce totalitario. La tanto deprecata età pre-moderna non era quel buio tunnel di orrori che gli illuministi, i positivisti e tutta la schiera modernista ci ha inculcato come verità assoluta. Posso capire che nel Settecento e nell'Ottocento si pensasse questo, ma oggi, dopo due secoli, bisogna rivedere le conseguenze della modernità e fare un bilancio realistico e sereno. Per il quale rimando al prezioso libro "La Ragione aveva Torto?" di Massimo Fini (scritto venti anni fa e sempre attuale). E a scanso di equivoci, preciso che non sono un reazionario nè un clericale. Sono solo, più modestamente, uno che non crede più alla favola suicida del Progresso (e del resto sono in buona compagnia, basti pensare alla corrente della decrescita di un ex-sinistrorso come Latouche, per esempio).
Io sarò spaccone, ma è stata la modernità progressista e scientista a produrre il ricatto nucleare e a rendere la guerra un tabù. Coi bei risultati che vediamo: le guerre si fanno lo stesso ma senza la carica nobile, profondamente radicata nell'animo umano, che prima caratterizzava il guerriero antico e medievale, sostituito dal soldato-automa, anzi ora solo dall'automa, cioè dai droni con cui si bombardano col telecomando i nemici della nostra civiltà (vedi Afghanistan). Non è che mi sogno di tornare indietro nel tempo, ma sento come mio dovere di uomo, e di uomo libero da pregiudizi, denunciare la disumanizzazione portata anche dal pacifismo obbligatorio. Che, riconosciute le buone intenzioni dei suoi fedeli, è perfettamente funzionale ad alimentare artificialmente illudendolo il cittadino ideale delle sedicenti democrazie: il beota consumatore, schiavo del Pil e della convinzione di vivere nel migliore dei mondi possibili, svirilizzato e anestetizzato nella volontà di ribellarsi e lottare, se necessario, anche con la violenza - come sempre è accaduto nella Storia, compresa quella moderna.
A me mi frega molto dell'Italia, anche se non la considero una patria. Mi frega molto dell'Europa. Mi frega molto del mondo (ma non nel senso, pelosamente umanitario, dei pestilenziali missionari della democrazia). Perchè vivo qui e ora, e perchè ho a cuore la dignità mia e della mia gente. Ciò che non sopporto sono le panzane rifilate come verità incontestabili, e ancor di più le ideologie che, pur involontariamente, conferiscono loro un'aura di saggezza. Saggio era l'uomo quando era uomo, cioè quando sapeva, perchè ci conviveva ogni giorno, cos'è la comunità, cos'è il dovere e cos'è il diritto, cos'è la guerra e la pietà, cos'è la tracotanza e cos'è la misura, cos'è l'identità e cos'è la diversità. Buffarini, che ha letto Nietzsche, dovrebbe saperlo: il nichilismo, oggi fenomeno istituzionalizzato e di massa, non è che lo stadio finale di chi scambia gli ideali con gli idoli, che negano la vita anzichè mettersi al suo servizio e liberarla dal giogo dei moralismi (e l'economicismo è un moralismo, e il più aberrante di ogni altro). Gli idoli da abbattere sono proprio certe maledette maiuscole astratte e coercitive: la Democrazia (quella moderna, oligarchica e usurocratica), la Pace, la Patria, l'Occidente, il Mercato. Tutti valori, direbbe sempre il filosofo di Zarathustra, da trasvalutare.

Alessio Mannino


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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