BPVi non riesce a sbarcare in Borsa e ora tocca a Veneto Banca che continua a "litigare" per il nuovo Cda
Mercoledi 4 Maggio 2016 alle 09:25 | 0 commenti
C'è da aver paura, ma sul serio. I sinistri scricchiolii provenienti da Vicenza potrebbero annunciare un terremoto bancario più disastroso di quello del 22 novembre scorso, quando governo e Bankitalia hanno salvato (tra molte virgolette) Banca Marche, Etruria, Cassa Ferrara e Carichieti. È il terrore che ieri ha travolto la Borsa di Milano, trascinata al peggior risultato europeo di giornata dalla frana di tutti i maggiori titoli bancari, a partire da Mps (-7,5 percento) Banco popolare (-7,1) e Ubi (-5,1). Il punto di svolta è la decisione di Borsa Italiana di bloccare la quotazione della Popolare di Vicenza (Bpvi). Una presa d’atto: l’aumento di capitale da 1,5 miliardi necessario per rianimare la banca distrutta dal padre-padrone Gianni Zonin è stato sottoscritto solo dal fondo Atlante, costituito in tutta fretta da banche, fondazioni bancarie e Cassa Depositi e Prestiti.
Una soluzione “di sistema†necessaria visto che nessun altro ha voluto scommettere nemmeno 10 centesimi sul futuro di Bpvi. E adesso tocca a Veneto Banca. Domani a Marghera l’assemblea degli azionisti della popolare di Montebelluna rischia di somigliare a una corrida. C’è da eleggere il nuovo consiglio d'amministrazione e si fronteggiano due liste. La prima è capeggiata dal presidente Pierluigi Bolla e dall’amministratore delegato Cristiano Carrus. La seconda è una lista alternativa che vuole ridimensionare Carrus a direttore generale e candida come presidente il giurista Stefano Ambrosini e come nome politicamente forte l’ex consulente di Palazzo Chigi, Carlotta De Franceschi. I due schieramenti si accusano reciprocamente di “continuismo†con la gestione del distruttore Vincenzo Consoli, lo Zonin di Montebelluna, mandato a casa solo il 31 luglio scorso. L’azionariato pulviscolare di quella che fino a dicembre era una popolare rende l’esito incerto. L'unica certezza è che anche a Veneto Banca, come a Bpvi, i soci hanno già virtualmente perso tutto: oltre 6 miliardi evaporati a Vicenza, circa 5 miliardi a Montebelluna. Ieri sera, il presidente Bolla ha offerto un assaggio del clima comunicando alcune interessanti notizie sui soci che lo vorrebbero mandare a casa. In particolare, ha detto, la maggioranza dei soci presentatori della lista Ambrosini sono anche debitori della banca, esattamente per 520 milioni, 393 dei quali “presentano anomalieâ€, mentre ammontano a 262 milioni (il 50 per cento) i crediti deteriorati. Bolla ha aggiunto che i soci aderenti all'associazione “Per Veneto Bancaâ€, avversaria dell'attuale vertice, sono indebitati con la banca per 958 milioni di euro, 730 dei quali sono “crediti problematiciâ€. L'accusa è chiara: un gruppo di debitori, indicati come clientes di Consoli, starebbero cercando di rimettere le mani sulla banca, verosimilmente per richiudere precipitosamente i cassetti che Carrus ha incominciato ad aprire l’estate scorsa, dopo aver strappato il volante a Consoli. L’esito della contesa di Montebelluna di per sé interessa poco i destini bancari nazionali. Ciò che invece merita attenzione è un dettaglio. Ambrosini, che respinge sdegnato le accuse di Bolla e Carrus, e non ha certo un curriculum da testa di legno o da “uomo diâ€, nota che la sua lista alternativa fatica a fare programmi per il futuro di Veneto Banca perché dall’esterno non riesce ancora a capire bene le reali condizioni di salute dell’istituto. Da parte sua, Carrus è stato accusato, addirittura in un esposto alla Procura di Treviso, di aver contraddetto l’ovvio e doveroso ottimismo di facciata confidando ad alcuni soci di ritenere che l’istituto sia “un malato terminaleâ€. L'amministratore delegato ha respinto queste accuse, ma nel ricco (tra crescenti virgolette) nord-est d’Italia ormai lo sanno anche i muri che le due gloriose popolari stanno molto peggio di quanto non si sia ammesso finora. Basta mettere qualche numero in fila per capire. Nel 2013, quando la crisi bancaria era già conclamata e gli ispettori di Bankitalia erano sguinzagliati in ogni dove, Consoli fu costretto a chiudere il bilancio in rosso, con conseguente divieto di distribuire dividendi. Per far contenti lo stesso gli azionisti, il boss promise di innalzare il valore dell’azione (non quotata) da 40,25 euro a 40,75. La vigilanza della Banca d’Italia non fiatò, e sicuramente ci farà sapere adesso che la fattispecie non era di sua competenza. Naturalmente i furbi si sono precipitati a farsi ricomprare i titoli da Consoli. Chi non aveva amici in banca adesso si trova con titoli svalutati ufficialmente a 7 euro, in realtà con valore vicino allo zero. Tutto questo è già alla procura della Repubblica di Roma, e Veneto Banca ha già scritto nel bilancio che sarà votato domani che la vicenda rischia di costare alla banca centinaia di milioni di danni. Eppure queste cose erano già note mentre accadevano, denunciate in vari forum online da risparmiatori e investitori. ll 26 agosto 2013 un anonimo ha scritto che non si capiva perché dal 2007 le azioni delle banche erano calate del 70 per cento e quelle di Bpvi e Veneto banca invece erano cresciute: “Cari azionisti di banche popolari non quotate – vvertiva – siete di fronte a una delle più grandi bolle finanziarie degli ultimi anniâ€. Ecco perché oggi è non solo lecito, ma addirittura doveroso temere che le sorprese nelle due popolari venete non siano finite. E che a esse seguiranno quelle delle altre banche.
Di Giorgio Meletti, da Il Fatto Quotidiano
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