Bottega Veneta, la produttrice vicentina di borse punta a due miliardi di fatturato
Lunedi 14 Marzo 2016 alle 09:28 | 0 commenti
Obiettivo, due billion. Due miliardi di euro. Nell’anno che segna i 50 anni di vita dell’azienda e i 15 sotto la direzione creativa di Tomas Maier, Bottega Veneta ha rivisto la propria organizzazione e predisposto un nuovo piano strategico che punta a raggiungere, appunto, i 2 miliardi di euro di fatturato. «Quando Kering (holding francese guidata da François-Henri Pinault, ndr ), ai tempi di Gucci Group, ha rilevato il marchio, nel 2001, Bottega Veneta fatturava 35 milioni di euro. Grazie a Tomas Maier e a chi mi ha preceduto abbiamo superato il miliardo. Adesso abbiamo questa nuova sfida davanti a noi», dice l’amministratore delegato Carlo Alberto Beretta. Anche il manager ha da poco festeggiato un anniversario: un anno trascorso alla guida della società nota per le borse intrecciate, un marchio di fabbrica.
Chiamato a sostituire Marco Bizzarri, passato in Gucci, Beretta veniva da Zegna. Di questo anno trascorso dice che è servito a porre «le basi dell’evoluzione di Bottega Veneta. Non vogliamo stravolgerla, ma farla evolvere. Le nostre radici sono nella pelletteria, e qui resterà il nostro core business. Ma attorno a questo vogliamo consolidare una serie di altri prodotti». È stato un anno di cambiamento anche per Beretta, «ciò che mi ha colpito di più — dice — è stato vedere quanto facilmente sono stato accolto e quanto facilmente sono stato integrato nell’azienda. Questa è una società che ha una cultura forte ma, allo stesso tempo, estremamente aperta. È la cultura che voglio portare a tutti i nostri clienti finali». In questa prima intervista fa il punto di ciò che è stato fatto e in particolare di ciò che accadrà .
Il piano
Calzature, gioielli, soprattutto abbigliamento. Posizionamento in quello che è chiamato il «lusso assoluto». Revisione della distribuzione per far spazio ai nuovi prodotti. Un rapporto con il cliente finale sempre più stretto. E assolutamente no all’idea di mettere subito in vendita ciò che viene presentato in sfilata, argomento di cui si è molto discusso in occasione dell’ultima settimana della moda milanese. «I grandi creativi anticipano i gusti dei consumatori di domani, creano il sogno — dice il Ceo —. C’è bisogno di tempo perché i clienti capiscano i prodotti e anche i prodotti hanno bisogno di tempo per essere realizzati. Un equilibrio che non bisogna rompere. È stato, invece, molto importante per tutti che Milano sia tornata in testa alle fashion week mondiali».
I team
Il primo passo del piano strategico sono state le calzature, collezione d’esordio per il nuovo sviluppo della categoria la primavera estate 2016. «Abbiamo creato un nuovo team e una nuova organizzazione industriale e iniziato la revisione dei negozi per adattarne gli spazi, visto che erano stati costruiti per vendere leather goods ». Ora è il momento di rinforzare l’abbigliamento. Anche in questo caso è stata creata una business unit dedicata, completamente separata dalla pelletteria. «Sappiamo — spiega Beretta — che sarà un processo più lungo. Veniamo dall’esperienza nella pelletteria dove abbiamo un forte know how, qui stiamo sperimentando e imparando. Per questo non ci siamo dati una scadenza». Una terza categoria che diventerà «sempre più importante» sono i gioielli fashion, «completano il look senza andare nei punti prezzo di una borsa».
Puntare su categorie diverse dal core business ha voluto dire ripensare l’organizzazione interna e la nuova Bottega Veneta vede oggi una strutturazione per unità di business, con squadre di manager, creativi, realtà produttive dedicate. Un piano «scritto a quattro mani con Tomas Maier che continuerà ad avere la direzione creativa di tutto. Bottega Veneta — spiega l’amministratore delegato — è strutturalmente legata alla visione di Tomas, che ha recuperato i valori fondanti del marchio, l’artigianalità , la qualità altissima dei materiali, lo stile senza tempo ma innovativo, la funzionalità , il made in Italy. Anzi, su questo punto specifico, direi che per noi è essenziale il legame con il territorio, tanto che possiamo parlare di made in Veneto, dove realizziamo la maggior parte dei nostri prodotti».
I numeri
Nel 2015 Bottega Veneta ha contribuito al fatturato complessivo di Kering con 1.285,8 milioni di euro, portando 413,8 milioni di margine operativo lordo. I ricavi sono realizzati per l’80% grazie alla distribuzione diretta, con un rapporto rispetto ai negozi multimarca che l’attuale management intende mantenere. In Medio Oriente lo scorso novembre ha rilevato i negozi che prima erano in franchising. Negli Usa, invece, ha negoziato rapporti di partnership più stretti con i grandi department store, per una serie di shop in shop. «Rinforzare il mondo dell’esclusività ci porta a essere più selettivi nella distribuzione», spiega Beretta. Tra i progetti del 2016 l’apertura a maggio della seconda maison Bottega Veneta, a Beverly Hills, in California, dopo la prima avvenuta a Milano. Cui seguirà nel 2017 la location si New York.
L’anno che è appena iniziato non sarà facile, molte le incertezze sui mercati. Beretta preferisce vederne le opportunità . «Dopo un 2015 caratterizzato dai grandi flussi turistici asiatici, che si sono ridimensionati notevolmente dopo gli attacchi di Parigi, si sta assistendo adesso a un ritorno della clientela locale, gli italiani, i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, gli inglesi, ma anche i cinesi in Cina. È un fenomeno generalizzato, per questo il nostro focus oggi è su questo tipo di clientela. Tra l’altro, è un consumatore che cerca prodotti aspirazionali in modo diverso da quanto avveniva in passato, non il logo per ragioni di status, ma artigianalità , altissima qualità , italianità ».
di Maria Silvia Sacchi, dal Corriere Economia
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