Banche, fronte a Nordest: i primi movimenti sono Popolari
Lunedi 12 Gennaio 2015 alle 09:38 | 0 commenti
Di Stefano Righi*
C' è un problema a Nordest e le truppe del risiko bancario hanno iniziato a muovere. Superati in diverse maniere gli Stress test e il Comprehensive assessment dello scorso ottobre in Bce, le banche italiane si trovano ora a fare i conti con un nuovo giro di vite imposto dal regolatore. Tra novembre e dicembre la Banca centrale europea ha dettato le nuove regole.
Dopo aver stilato la pagella dei promossi e dei rimandati (evidenziando per quanto riguarda l'Italia deficit di capitale sostanziosi per Mps e Carige), la Bce ha avviato un esercizio formale di revisione degli accantonamenti sui crediti dubbi. L'ha presa larga, per arrivare alla fine a un faccia a faccia molto concreto. Oggi siamo alla radiografia personalizzata. Ogni istituto di credito ha visto analizzare dagli esperti di Francoforte il proprio portafoglio creditizio, fino ad arrivare alla personalizzazione del livello patrimoniale richiesto dalla Banca centrale. Ovvero, più sono deteriorati i crediti concessi da una banca, più questa dovrà aver bisogno di capitale. Per ora, la Bce non esercita una attività impositiva, non ci sono incidenze sul piano patrimoniale, anche perché ogni istituto ha dei buffer di capitale a disposizione, ma l'indicazione del regolatore è chiara: fare pulizia sui crediti, avviando politiche di accantonamento a bilancio di una certa consistenza.
Vertice romano
Il problema sarà al centro della riunione del Comitato esecutivo dell'Abi convocato a Roma il prossimo 20 gennaio, con la partecipazione anche del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. L'associazione delle banche vede il fronte ben allineato, anche perché le richieste della Bce - non discutibili - aprono comunque un fronte di sostenibilità con evidenti implicazioni a bilancio. Chi fin qui ha esitato, difficilmente potrà esimersi dall'accantonare parte degli utili a riserva, incidendo necessariamente sul risultato finale dell'esercizio e quindi, anche, sulla distribuzione delle cedole ai soci nella prossima primavera.
Strategie
Ed eccoci al Nordest. La Popolare di Vicenza e Veneto Banca, istituti cooperativi non quotati, hanno superato con minimi margini la prima asticella alzata dalla Bce in occasione del Comprehensive assesment di ottobre. Ma ora? Le due banche, che hanno chiuso il 2013 in rosso per ritornare in utile a metà dello scorso anno, sono alle prese con un bilancio delicatissimo. L'area geografica di riferimento è stata sottoposta a pesanti stress industriali, i soci reclamano la remunerazione del capitale investito attraverso la distribuzione delle cedole e la Bce alza ancora l'asticella. Situazione non semplice. Anche l'ex Antonveneta, fusa da tempo nel Monte dei Paschi di Siena, risente delle difficoltà territoriali e dei problemi del gruppo in cui è annacquata. Proprio per questo il riassetto (anche) creditizio di una delle aree produttive più importanti del Paese non può più essere rimandato, anche perché chi opera al livello più basso, come le popolari di minor dimensione o le Bcc - le Banche di credito cooperativo - proprio da queste parti sta dimostrando tutte le difficoltà del momento, ricorrendo a salvataggi, integrazioni, fusioni. Accadrà anche al piano di sopra? Probabilmente sarà necessario attendere primavera, la chiusura dei bilanci 2014 e le relative assemblee.
Timing
Il confronto con i soci, specie per le banche non quotate, promette di essere momento di severa verifica. A quel punto il risiko potrà formalmente partire. A oggi nessun dossier è aperto, ma le situazioni si stanno delineando, spinte proprio dalla Bce che, alzando l'asticella, impone una prospettiva diversa e dal fatto che l'ipotesi stand alone , da tutti invocata il 25 ottobre, dopo meno di tre mesi risulta in alcuni casi già impraticabile. Dell'interesse di Ubi per Mps (o per la parte nordestina della sua rete di vendita) si è già detto. Ma da più parti, ad esempio, si sottolinea come il Banco Popolare presieduto da Carlo Fratta Pasini e guidato da Pier Francesco Saviotti, potrebbe essere il partner ideale per Veneto Banca. Da un punto di vista geografico la banca di Verona troverebbe finalmente spazio a est, offrendo all'istituto presieduto da Francesco Favotto l'opportunità di integrarsi in una banca più grande e solida. Ad accendere la fantasia su una operazione di questo genere - i modi e i tempi sono tutti eventualmente da definire - c'è anche il recente passaggio di Cristiano Carrus dal gruppo Banco Popolare alla posizione di numero 2 operativo e responsabile della finanza di Veneto Banca. Per Carrus, sia chiaro, l'ipotesi di lavoro è quella di una crescita professionale che lo vede affiancare il deus ex machina della Veneto, ovvero l'ex amministratore delegato Vincenzo Consoli, il cui mandato scadrà con l'approvazione del bilancio 2015. La prospettiva è chiara. Ma è altrettanto chiaro che Carrus, che in passato è stato direttore generale della Popolare di Verona e successivamente, all'interno dello stesso gruppo, vice amministratore delegato del Credito Bergamasco, possa rappresentare l'ideale trait d'union tra le realtà di Verona e di Montebelluna. A lui è affidata la delega da parte del consiglio di amministrazione (vi siedono, tra gli altri, Pierluigi Bolla, Luigi Rossi Luciani, Giuseppe Sbalchiero, Matteo Zoppas e Alessandro Verdanega) della stesura del nuovo piano industriale. La partita è aperta. Le prossime settimane, con la chiusura dei conti e le convocazioni delle assemblee di aprile, daranno il ritmo alla nuova marcia. Intanto si stringono alleanze in vista del Comitato esecutivo dell'Abi: il sindacato delle banche alzerà la voce con la controparte di via Nazionale e di Francoforte. Ma la direzione è chiara.
*Da Il Corriere della Sera, Economia
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