Banca Popolare Vicenza in Borsa: sotto i 6,3 euro problemi di discriminazione tra vecchi e nuovi azionisti, che comprano dalla finestra
Mercoledi 2 Marzo 2016 alle 14:04 | 0 commenti
Spa e quotazione. Tutti i dubbi di un aumento di capitale su cui la Banca d’Italia ancora non ha fatto chiarezza
Vendere nuove azioni Banca Popolare di Vicenza dalla porta o dalla finestra? Il caso dell'aumento di capitale di Banca Popolare di Vicenza, dal prossimo 5 marzo, dimostra la differenza tra i due metodi alternativi di emissione di nuove azioni: quello europeo e quello anglosassone. Il metodo europeo stabilisce di vendere le azioni "dalla porta principale", con tutti i crismi della chiarezza e dei diritti degli azionisti. C'è poi la prassi anglosassone, molto meno sofisticata e rispettosa dei diritti degli azionisti: emettere le azioni al prezzo corrente ("vendere i titoli dalla finestra"). Ma questo esige che esista un prezzo corrente, ossia che il titolo sia quotato. Altrimenti chi definisce il prezzo?
C'è il rischio di arbitrio degli amministratori o dei nuovi investitori quando il titolo non è ancora quotato.
È il caso della Popolare di Vicenza, Banca non quotata e nei guai perché costretta dai pessimi risultati aziendali a un importante aumento di capitale di ben 1750 milioni. L'esclusione del diritto d'opzione secondo il metodo anglosassone che è stato scelto dalla Popolare di Vicenza, è ammessa dal codice civile, art. 2441 comma 5, come alternativa alla prassi normale, quella europea, ovvero l'offerta in opzione ai vecchi soci. La prossima Assemblea è chiamata ad approvare un pacchetto in tre passi: 1. trasformazione in Spa, 2. aumento di capitale e 3. quotazione. Un boccone da ingoiare intero, predisposto da un cda che appare in parte corresponsabile della gestione di questi anni che ha portato la banca in questa difficile situazione e che a maggio scorso ha cooptato il nuovo direttore generale. Deve anche essere fissato un prezzo di recesso per i dissenzienti rispetto la trasformazione in Spa, determinato in 6,3 euro per azione. Quanto al prezzo di emissione delle nuove azioni, dev'essere approvato dalla delibera assembleare in base al valore del patrimonio netto; se il valore di emissione fosse eguale a quello di recesso, e dunque 6,3 euro per azione, l'operazione sarebbe equa. Invece, se il prezzo di emissione fosse inferiore, farebbe scendere il "valore medio unitario delle azioni vecchie e nuove", ovvero, determinerebbe una differenza tra il valore ante operazione e quello a operazione di aumento di capitale conclusa, che corrisponde proprio al valore del diritto di opzione, se fosse esercitabile. Ma questo cda ha progettato di no invocando l'interesse della società .
Se il prezzo della nuova azione fosse fissato non a 6,3 euro ma a 3,3, prevedere l'esclusione dello scambio del diritto di opzione determina un potenziale trasferimento di valore di 2,5 euro per azione dal vecchio azionista al nuovo. La formula è una semplice equazione: (100 milioni di vecchie azioni * 6,3) + 1750 milioni euro di aumento di capitale = (100 milioni di vecchie azioni + 530.3 milioni di nuove azioni) * prezzo del titolo dopo l'aumento di capitale. E dunque 2380 milioni di euro diviso 630,3 milioni di azioni determina un valore finale del titolo dopo l'aumento di capitale di 3,8 euro per azione, da cui, per differenza con i 6,3 euro iniziali, risulta il valore del diritto di opzione proprio in 2,5 euro perduti dal vecchio azionista.
Emergono problemi di discriminazione tra vecchi e nuovi azionisti nell'impianto dell'intero boccone di aumento di capitale, trasformazione in Spa e quotazione se il prezzo delle nuove azioni fosse inferiore a 6,3 euro. Viste le batoste subite, i vecchi soci non saranno ulteriormente disposti a metterci altri soldi, mentre far entrare nuovi soci forse anche a metà del valore di recesso dell'azione significherebbe un regalo ai nuovi soci. Si prospetta il rischio che la Borsa, invece di essere un efficiente sistema di raccolta di capitale di rischio, venga declassata a notaio di un trasferimento di ricchezze a nuovi capitalisti entranti nella futura compagine azionaria della Banca di Vicenza Spa, ex Popolare.
Da Il Fatto Quotidianio, di Alfonso Scarano e Giovanni Bottazzi*Â
* presidente e consigliere della Associazione Italiana dei Periti e dei Consulenti Tecnici nominati dall'Autorità Giudiziaria
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.