Banca Popolare di Vicenza, serve un aumento di capitale: si sale a 1,763 miliardi
Lunedi 22 Febbraio 2016 alle 09:37 | 0 commenti
L’importo del prossimo aumento di capitale della Banca Popolare di Vicenza è cresciuto da 1.500 milioni a 1.763 milioni di euro. Un aumento del 17,5 per cento (pari a 263 milioni di euro), dovuto per 150 milioni (importo massimo complessivo) alla cosiddetta opzione di sovrallocazione prevista nell’ambito del processo di quotazione; per un massimo nominale di 38 milioni di euro al servizio di strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di fidelizzazione; per 75 milioni, inclusivi di eventuale sovrapprezzo, al servizio di strumenti o diritti da assegnare agli azionisti con funzione di incentivazione.
Aumenta dunque il conto per colmare il buco apertosi nei conti della banca con le ultime gestioni targate Gianni Zonin-Samuele Sorato. E saranno i soci a doversi fare carico di questo peso, sebbene Unicredit – a capo di un consorzio che vede la presenza di Bnp Paribas, Deutsche Bank, Jp Morgan e Mediobanca – garantisca la sottoscrizione delle azioni fino a 1,5 miliardi di euro. La situazione a Vicenza è pesantissima. Sebbene l’amministratore delegato Francesco Iorio e il presidente Stefano Dolcetta stiano facendo il possibile sulla strada della trasparenza e dell’apertura al mercato, l’eredità dei 19 anni di presidenza Zonin sta mettendo a dura prova il futuro stesso della banca, la raccolta diminuisce, la clientela cerca altrove sicurezze per i propri risparmi. È il momento più difficile. Ma vanno distinte le posizioni. Da un lato i correntisti, che sono tutelati fino a 100 mila euro di depositi, dall’altro gli azionisti, i soci, che difficilmente rivedranno il loro investimento – in capitale di rischio – soprattutto se sono entrati sui massimi di 62,5 euro toccati con il precedente aumento di agosto 2014. L’ultima riunione del cda della banca ha infatti sì fissato a 6,3 euro il valore di liquidazione di ciascuna azione per coloro i quali desidereranno esercitare il diritto di recesso in vista della trasformazione in Spa, ma ha anche al contempo deliberato di limitare in tutto e senza limiti di tempo il rimborso. In sostanza, chi recederà vedrà le proprie azioni offerte ad altri azionisti ed eventualmente, in un secondo momento, sul mercato. Se nessuno le vorrà - come probabile prima di una quotazione che presumibilmente avverrà a un livello di prezzo ben inferiore ai 6,3 euro - le azioni verranno restituite ai soci. Si realizza quindi quanto questo giornale aveva più volte evidenziato: i 62,5 euro della Vicenza – come pure gli oltre 40 euro dell’altra grande banca popolare coinvolta in questa dolorosissima implosione, Veneto Banca - erano un prezzo senza alcuna corrispondenza con la realtà e chi ha comperato a quei valori oggi si sente truffato: sono oltre 200 mila soci, 117 mila solo della Vicenza.
Ora l’appuntamento è al 5 marzo, con l’assemblea che dovrà votare la trasformazione in spa, l’aumento di capitale da 1,763 miliardi e la quotazione in Borsa. Per quanto doloroso sia il momento, non ci sono alternative. L’impegno del consorzio di garanzia, unitamente al nuovo management, è l’unica speranza per i soci di ieri, che stanno moltiplicando le azioni legali di rivalsa, ma non possono prescindere, neppure nel momento più nero, dalla presenza attiva della loro banca. Una conferma, implicita, è arrivata dal Tar del Lazio, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Adusbef e Federconsumatori che chiedeva di rinviare alla Consulta, in quanto incostituzionale, la riforma del governo che obbliga le banche popolari alla trasformazione in Spa.
di Salvatore Righi, da Corriere Economia
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