Asproso:Zuccato condivisibile,ora riforme con diritti
Domenica 20 Giugno 2010 alle 18:20 | 0 commenti
Riceviamo da Ciro Asproso e pubblichiamo
Ciro Asproso, Sinistra Ecologia e Libertà  - Il presidente Roberto Zuccato, nella sua relazione all'Assemblea annuale di Confindustria vicentina, ha detto molte cose che, un po', te le aspetti: l'orgoglio del piccolo è bello; il vanto di un modello nord-est che è divenuto di successo; la speranza di chi intravede una luce, alla fine del tunnel della crisi; l'illusione di un federalismo salvifico, in grado di sconfiggere i grandi mali dell'Italia. Ma è quello che non ti immagini a suscitare maggiore interesse. Per ben sette volte, nel corso del suo intervento, Zuccato esordisce con un'ammissione fino ad oggi sempre negata: "senza la politica, senza le istituzioni, non ce la possiamo fare".
Ebbene, la gravità della crisi esercita un forte peso sul significato di questa dichiarazione, tuttavia, nella piccola patria del "faso tuto mi"; del mito dell'intrapresa individuale e del: "più mercato e meno Stato", essa ha tutto il sapore di una rivoluzione copernicana.
Un cambiamento di orizzonte culturale, originato dal bisogno e improntato al pragmatismo, ma pur sempre un riconoscimento dei propri errori, come quando si dichiara di aver: "coltivato un atteggiamento critico e talora aggressivo nei confronti dello Stato, di Roma, del Mezzoggiorno ... (mentre) oggi le cose sono cambiate. Abbiamo superato molti ostacoli, molte resistenze, molti pregiudizi".
Chissà , dipenderà forse dalla crisi dell'eccellenza manifatturiera, dal tramonto dei distretti industriali, dalla riscoperta di un mercato interno lasciato deprimere per troppo tempo o, magari, questa inedita attenzione per lo Stato è frutto di un disincanto per l'ideologia leghista, che potrà servire a incanalare la rabbia, ma non basta a fornire risposte convincenti.
Allo Stato chiedono riforme e investimenti: sulla ricerca e l'università , su infrastrutture e logistica, nella Pubblica Amministrazione. Viene da domandarsi se anche loro, gli industriali, siano altrettanto pronti a rinnovare il loro modo di stare sul mercato. Una considerazione legittima, alla luce di una riforma invocata, quella delle multi utilities, che si preannuncia più come un regalo ai privati stessi, piuttosto che un'opportunità per il consumatore.
Anche la terminologia, in molti casi, dimostra una contaminazione culturale per nulla scontata: "Glocal", come modello aperto al mondo globalizzato, ma ben ancorato alle proprie tradizioni e ai territori d'origine; "Integrazione", con l'ammissione - fin troppo timida - che l'aver "aumentato di oltre il 1000% il tasso d'immigrazione" non ha prodotto quelle lacerazioni o fratture sociali, che troppa cattiva politica si ostina ad evocare. Peccato non essersi spinti un po' oltre, riconoscendo che gran parte del nostro benessere è anche da ascrivere alla presenza di tanti lavoratori migranti e alle loro famiglie.
Zuccato, afferma che gli industriali vogliono tornare ad investire nelle loro aziende e - sembra - nel territorio; in cambio, chiedono alla politica il federalismo fiscale e la detassazione degli investimenti. Al Governo, che fino a ieri negava l'esistenza della crisi e che percepiscono un po' meno amico, promettono di non fare sconti ed anzi, rimproverano la scelta delle priorità . Quel Ponte sullo Stretto, che drena risorse all'Alta Velocità e forse, leggendo in filigrana, anche l'ossessione per i giudici, che distoglie ogni attenzione dai reali problemi del Paese.
Il presidente di Confindustria Vicenza, si è anche detto orgoglioso dell'alleanza che si è saputa creare tra "società , economia ed Enti locali". Credo che questo aspetto meriti un maggiore approfondimento, anche in considerazione della crisi strutturale che stiamo attraversando.
L'attuale modello di sviluppo, incentrato sul credito al consumo e sulla produzione espansa all'infinito non può più reggere. Un'ulteriore crescita è certo possibile, ma va riformato l'intero sistema sociale, a partire da un diverso uso del territorio e delle risorse energetiche. La tipologia dell'industria vicentina è tale da poter anticipare il cambiamento, investendo sulla "green economy" e sulla riconversione industriale. Al governo, andrebbe detto chiaramente che il ritorno al nucleare è un errore storico, mentre servono sussidi e incentivi di mercato, che diano sostegno a quelle aziende che puntano sulle rinnovabili. Tra imprenditori ed Enti locali, servirebbe invece un nuovo patto di cooperazione, per sostenere e promuovere una maggiore responsabilità sociale delle imprese.
Veniamo ora agli ospiti di quest'anno: Luca Zaia e Niki Vendola.
Zaia, neo-governatore leghista, gioca in casa e si vede: sul tema delle riforme (in primis il federalismo); per una maggiore vicinanza al territorio (vai a capire se solo percepita o reale); per l'idea di efficienza e novità che riesce a trasmettere.
Tuttavia, trovo che l'invito a Vendola abbia dell'incredibile. Egli è quanto di più distante ed estraneo all'ideologia celodurista: un intellettuale della Magna Grecia, ex comunista, pacifista e bisessuale dichiarato, che ha persino la sfrontatezza di dire cose di sinistra allo zoccolo duro di un Veneto, che ancora oggi, si sente orfano della balena bianca democristiana.
In fondo, la sintesi del messaggio lanciato dagli industriali vicentini ai politici di ogni colore, potrebbe essere proprio questa:
- gli anni di vacche grasse sono terminati e anche la locomotiva del Nord Est rischia di finire in un binario morto. La politica litigiosa e inconcludente di questi anni è un lusso che non possiamo più permetterci, il Paese va riformato e chi dimostrerà di avere le idee migliori e la capacità di farlo, sarà ritenuto un interlocutore affidabile, senza pregiudizi o aperture di credito incondizionate.
Tutto pienamente condivisibile, a patto di saper fare autocritica e di non scambiare le riforme per la soppressione dei diritti...
Ciro Asproso
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