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Articolo 18, dietrofront di Fornero

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 21 Dicembre 2011 alle 23:47 | 0 commenti

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Il ministro: "Non ho in mente nulla. Sono caduta in una trappola". In giornata l'altolà di Bersani: l'articolo 18 non si tocca. Landini: il vero problema è come creare lavoro e frenare la precarietà. Avvenire: inutile riaprire il dibattito

Sull'articolo 18 il mistero è risolto. Il governo "non ha in mente nulla". Lo ha spiegato il ministro del lavoro Elsa Fornero nel corso di Porta a Porta. "Io non avevo e non ho in mente nulla che riguardi l'articolo 18. Lo voglio ribadire. Ma chiedo che si parli di lavoro guardando ai problemi", ha detto il ministro.

Riferendosi all'intervista pubblicata dal Corriere della Sera, Fornero ha ammesso: "Sono stata ingenua. I giornalisti sono bravissimi a tendere trappole e io ci sono caduta". "La mia intervista sarà stata ingenua ma era un invito a parlare di un problema in maniera piena", ha proseguito. "Ho riletto l'intervista e mi sembrava che l'elemento dominante fosse il dialogo. Non mi aspettavo che il solo menzionare l'articolo 18 potesse scatenare tutto questo". Fornero spiega di essere "dolorosamente colpita dalla polemica". Ma, aggiunge "la riforma delle pensioni senza una riforma del mercato del lavoro resta monca. Per questo la riforma del mercato del lavoro e' la mia prima e unica preoccupazione".

LA GIORNATA
Dunque il governo, dopo le prime dichiarazioni bellicose (o equivocate) a mezzo stampa, e dopo la reazione compatta dei sindacati, prova a congelare la polemica. Ma ormai il dibattito è partito, e nessuno lo ferma più. "Roba da matti" toccare ora l'articolo 18 quando il problema è entrare nel mondo del lavoro, non uscirne. Lo dice il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, ribadendo l'impegno del Pd sul tema. Il governo "lo capirà, lo dovrà capire, altrimenti...", avverte Bersani, che aggiunge: "Le priorità sono le grandi questioni sociali e speriamo di riuscire a dare qualche buona opinione e qualche riferimento all'azione del governo, che deve concentrarsi su questo".

A favore di un intervento contro la tutela dal licenziamento si spende, invece, Renato Schifani: "Ho preso atto delle dichiarazioni coraggiose del ministro del lavoro - ha detto il presidente del Senato incontrando la stampa parlamentare -. L'articolo 18 va rivisitato trovando il punto di incontro tra la tutela di chi lavora e l'aspirazione di chi cerca lavoro". "Non deve essere il tentativo di realizzare un attentato al posto di lavoro - ha aggiunto - ma avvenire nella logica di rendere più flessibile il mercato del lavoro. E mi auguro che il sindacato si segga al tavolo del governo".

Per il leader della Fiom, Maurizio Landini, l'articolo 18 invece è "un falso problema. Quello vero, oggi, è come creare lavoro, frenare la precarietà e garantire regole e diritti". "Non vorrei - ha detto Landini nel corso della Telefonata di Maurizio Belpietro - che tutta questa discussione servisse a coprire quello che sta avvenendo, in modo molto grave in questi giorni, con la Fiat che sta uscendo dal contratto nazionale e tenta di cancellare le libertà sindacali". Togliere l'art.18, ha aggiunto, "vuol dire tornare indietro e peggiorare la situazione per tutti. La cosa vera è che in questo paese c'è un livello di precarietà che non ha paragoni con il resto d'Europa". La questione in questa fase, "è come si crea lavoro e come sia dotato di diritti: non come si tolgono diritti. Non è l'art.18 che ha frenato lo sviluppo e gli investimenti. Non è vero che oggi le imprese non hanno la possibilità di assumere nelle forme che vogliono e non è vero che oggi non c'è la possibilità di licenziare riorganizzando".

Nell'area del Partito democratico, Anna Finocchiaro ricorda che "il governo ha la concertazione come strumento principe. Tutti abbassino i toni - questo l'auspicio del presidente dei senatori del Pd - le polemiche servono solo a dividersi". L'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino, intervistato dal Riformista, sottolinea invece che l'articolo 18 è "un simbolo politico", e "quando c'è un simbolo politico di mezzo è sempre difficile avviare una trattativa". Perciò, secondo Chiamparino, sarebbe "meglio concordare di lasciare l'articolo 18 fuori dal tavolo e discutere degli altri provvedimenti su crescita e lavoro. Alla fine ci si renderà conto che l'articolo 18 è meno rilevante di quel che appare'.

"È noto a tutti che toccare l'articolo 18 significa andare a un violento scontro sociale. Come tutte le cose che dividono, può servire anche ad unire una vasta area di centro che peschi anche nel Pd e metta nell'angolo il sindacato, la vecchia sinistra e in definitiva il bipolarismo". A dirlo è Michele Tiraboschi intervistato da QN. Per il giuslavorista, l'avere sollevato il tema dell'articolo 18 è un'operazione puramente politica. "In un momento di incertezza e di grave crisi economica, ingaggiare battaglie ideologiche come quella sull'articolo 18 non può che alimentare la violenza", avverte Tiraboschi, secondo cui "non si può sostenere che i corpi intermedi e i sindacati siano inutili. Sul mercato del lavoro sono forze strategiche: senza il dialogo c'è solo lo scontro e si finisce per calare dall'alto proposte fatte da intellettuali da salotto come quella sul contratto unico".

 

Anche Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del Pd, torna sui temi del lavoro in un'intervista alla Stampa. A suo giudizio, la polemica "serve a troncare il discorso sul nascere, a creare uno sbarramento nell'opinione pubblica". "Certo che esiste" sulle buste paga "un problema fiscale. Ma per aumentare i salari occorre anche aumentare la domanda di lavoro. E oggi, per aumentare la domanda di lavoro, non abbiamo altro mezzo possibile che aprire il paese agli investimenti stranieri. Anche per questo è importante allineare il nostro diritto del lavoro ai migliori standard internazionali". Secondo Ichino, il punto è "il difetto di formazione e l'indifferenza della retribuzioni al risultato: questa resta la regola in troppi contratti di lavoro, pubblici e privati. Per uno stipendio basso, che matura comunque, ci sono sempre lavoratori che si impegnano a fondo, se non altro per rispetto verso se stessi; allo stesso tempo, ci sono altri che se la prendono comoda, fino al limite, raro per fortuna, del non far nulla. Una più marcata iniezione di meritocrazia farebbe bene a tutti".

Quanto alla proposta del contratto unico, Ichino sottolinea la sua preferenza per la versione del progetto firmato "dal collega del Pd Nerozzi, perché - spiega - la considero comunque un passo avanti. Però non mi piace quella soglia dei tre anni di anzianità oltre i quali torna ad applicarsi l'art. 18: rischia di trasformarsi in una tagliola". "Nel mio progetto tranne qualche eccezione, tutti i lavoratori devono essere assunti subito a tempo indeterminato e tutti godono fin dall'inizio dell'articolo 18 contro le discriminazioni. Certo, nessuno è inamovibile; ma a chi perde il posto per motivi economici o organizzativi viene garantita sicurezza economica e professionale secondo standard scandinavi".

Ma riaprire il dibattito sull'articolo 18 "non serve, ed è anzi controproducente, è l'ennesima battaglia ideologica sui delicati temi del lavoro: quel muro contro muro che divide il paese alimentando tensioni e insicurezza". Lo scrive il quotidiano Avvenire in un editoriale. "L'articolo 18 - si legge sul quotidiano dei vescovi - non è un tabù: se ne può certamente discutere ma a tempo debito. Alimentare ora, in una fase economica di piena recessione e dopo l'intervento sulle pensioni, uno scontro sociale di libertà di licenziamento ci sembra sbagliato". "Anche perché - ragiona Avvenire - non è certo l'articolo 18 il vero ostacolo all'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. E' la terribile crisi degli ultimi anni che frena le assunzioni e a pagarne le conseguenze sono soprattutto i giovani". Più che la proposta del contratto unico di primo ingresso, il quotidiano della Cei indica nella riforma dell'apprendistato approvata "solo pochi mesi fa" da governo, regioni e da tutte le parti sociali "il canale privilegiato di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro". "Prima di alimentare nuovamente lo spettro dei licenziamenti e lo scontro sociale che ne conseguirebbe, perché non provare a capire oggi cos'è l'apprendistato. A ben vedere potrebbe essere questo il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele progressive che stiamo cercando", suggerisce Avvenire.

Tutela due dipendenti su tre
Circa due dipendenti italiani su tre sono tutelati dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. A dirlo è la Cgia di Mestre che ha analizzato i dati relativi alla distribuzione degli occupati italiani nelle aziende con più o meno di 15 addetti. "Anche per noi - afferma il segretario degli artigiani veneti, Giuseppe Bortolussi - è stata una vera e propria sorpresa: se si analizza solo la platea dei lavoratori dipendenti, oltre il 65% degli occupati lavora nelle aziende con più di 15 dipendenti", rientrando così nelle garanzie della legge del 1970. Se invece si includono gli autonomi, la situazione si capovolge. Gli addetti che lavorano nelle aziende con meno di 15 raggiungono il 54,3%, mentre quelli occupati nelle imprese con più di 15 dipendenti non raggiungono il 46% del totale.
Da Rassegna.it

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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