Opinioni | Categorie: Politica

Anteprima su Erevan, ovvero la Ragion di Stato e i delitti in suo nome

Di Giuliano Corà Lunedi 17 Agosto 2009 alle 08:00 | 0 commenti

 

Fossa per seppellire vittime armeneUscirà in inverno, per i tipi di Neri Pozza, l'ultimo romanzo di Gilbert Sinoué, Erevan, che sto traducendo in questi giorni: un'interessante e commossa ricostruzione del genocidio del popolo armeno perpetrato in Turchia negli anni 1915/1916* . Di quell'evento mostruoso - non certo il primo, nella storia europea, ma di particolare interesse, perché per la prima volta si teorizzò in modo ‘moderno' e scientifico la distruzione di un intero popolo e della sua cultura - oggi in Turchia è proibito parlare. Sepolto sotto una montagna di menzogne e falsificazioni storiche, il solo nominarlo viene considerato un attentato all'onore nazionale, e chiunque si azzardi a farlo viene, se gli va bene, esiliato o ridotto al silenzio, se gli va male, ‘rieducato' con metodi molto più drastici. Lascio alla penna di Sinoué raccontare di quei giorni atroci, ma, prima di dare appuntamento ai lettori in libreria, permettetemi una breve nota, le cui considerazioni di fondo troveranno anch'esse sviluppo nel romanzo.

Donna armena e suoi bambini durante la deportazioneSarebbe facile, di fronte a tanto orrore, attaccare incondizionatamente la Turchia, tacciandola di ‘barbarie' ed ‘inciviltà': quella stessa Turchia di cui gran parte dell'Europa ‘civile' chiede con curiosa insistenza l'ingresso nella UE. Si può anche fare, per carità, è un punto di vista, ma forse è meglio lasciare questa xenofobia da marciapiede ai Borghezio e Calderoli che sono usi praticarla. Così facendo, infatti, si rischia di dimenticare che quel genocidio fu - ovviamente! - responsabilità dei Turchi che lo commisero, ma solo, diciamo così, al 51%; per il 49% per cento esso pesò, e pesa tutt'ora, sulla coscienza delle potenze occidentali, che voltarono il capo dall'altra parte per non vedere, bramose, come scrive Sinoué, delle "succose concessioni e ricchi affari" che già avevano nell'Impero Ottomano e che speravano di aumentare ulteriormente. Oggi non è cambiato quasi niente, e dovremmo chiederci le ragioni di quell'insistenza, che ho chiamato curiosa ma che meglio sarebbe definire pelosa, con cui l'Europa ‘civile' propugna la causa di quel Paese: forse il progetto di una Turchia come sicuro oleodotto del petrolio irakeno, e magari anche di quello iraniano, quando le bombe israeliane avranno compiuto il loro lavoro, senza dimenticare la sua funzione di bunker antirusso. Nel frattempo, gli Armeni attendono ancora, non dico giustizia - sarebbe pretendere troppo, a questo punto! - ma almeno che si faccia il nome dell'assassino. Così, per la cronaca. Ad impedirlo, c'è una delle più vergognose ‘istituzioni' delle ‘democrazie' moderne: la ‘Ragion di Stato', e tra le molte e disgustose ragioni che inducono gli esseri umani a commettere infamie, forse questa è proprio la più disgustosa. Innumerevoli sono gli esempi nella Storia, e ci vorrebbe ben altro che un articolino come questo per ricordarli. Tanto per dir qualcosa, così, a volo d'uccello, negli anni Trenta America ed Europa trescarono a lungo col Nazismo, prima di prender posizione: l'una pensando che potesse essere utile in funzione antisovietica, l'altra per autentica ‘sintonia'. A parte, infatti, il Fascismo italiano, forti furono le simpatie filonaziste in Francia e in Inghilterra, anche in alcuni membri della casa regnante (che del resto, non dimentichiamolo, era Hannover, e assunse poi il nome di Windsor proprio per non parer troppo imparentata col nemico). Riguardo all'America, quando si decise ad intervenire in Europa non fu tanto perché commossa dalle sofferenze degli Europei sotto il giogo della croce uncinata, quanto, molto più ‘banalmente' e ‘realisticamente', perché i suoi analisti militari avevano ormai capito che il Reich avrebbe perso la guerra, e che non intervenire avrebbe significato ritrovarsi, alla fine del confitto, con un'Unione Sovietica in posizione di strapotere, immensamente più forte di quella che comunque riuscì a conquistarsi. E perché - una domanda questa cui non si è mai data risposta - gli Americani, subito dopo l'inizio dell'intervento, non mandarono le fortezze volanti a bombardare i Lager, di cui conoscevano perfettamente l'esistenza? Avrebbero fatto qualche migliaio di morti tra gli Ebrei, ma ne avrebbero salvato milioni. C'è chi attribuisce la spiegazione ad un latente antisemitismo americano, ma - a proposito appunto di ragion di stato - che chi dice che quei bombardamenti avrebbero fornito un grosso vantaggio militare ai Sovietici, il cui fronte era relativamente vicino alla Germania, mentre quello americano era ancora molto lontano, e con una montagna di ostacoli frammezzo. E oggi, ai nostri giorni? Oggi tutti i capi di stato del mondo - a cominciare da quel Sant'Obama da cui ci si aspettava poco meno che la resurrezione dei morti, per finire al nostro Presidente della Repubblica (tra parentesi, uno dei pochi dirigenti del PCI a plaudire pubblicamente, nel '56, all'invasione dell'Ungheria), strisciano in ginocchio pietendo prebende e commesse miliardarie ai piedi del trono di Hu Jintao, macellaio capo del nazicomunismo cinese, che dopo aver quasi cancellato culturalmente ed etnicamente il Tibet, ora sta facendo la stessa cosa col Turkestan degli Uiguri. Armeni, Tibetani, Uiguri? Ma chi se ne frega: business is business, e affanculo i diritti umani, di cui, abitualmente, ogni cialtrone titolato è pronto a riempirsi la bocca. È questa la ‘democrazia' che vogliamo insegnare al resto del mondo, anche a suon di bombe? Non mi sembra che ci sia molto da imparare.

* Sullo stesso argomento consiglio di leggere anche il bellissimo romanzo di Franz Werfel "I quaranta giorni del Mussa Dagh", Mondadori edizioni.

Leggi tutti gli articoli su: Erevan, Libri, Armeni, Turchia, Sinouè

Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network