Anche i giornalisti possono morire "in servizio": il bilancio del 2015
Martedi 29 Dicembre 2015 alle 10:05 | 0 commenti
Stando ai dati di RSF (Reporter Senza Frontiere) sono 110 i giornalisti uccisi quest'anno, a cui possiamo aggiungere i 54 rapiti e tenuti in ostaggio, e i 153 detenuti perché svolgevano la propria professione. 317 "bocche chiuse", un numero forse non catastrofico come quelli che si potrebbero registrare per altre professioni, ma che non può lasciare indifferenti. Ma a far riflettere ancor di più è l'inversione di tendenza  delle zone "colpite". Quest'anno, infatti, due morti su tre non operavano in zone di guerra.
Non esistono morti più importanti di altre, ma l'inversione di tendenza è preoccupante, se non altro perché mina il principio del rischio assunto: i reporter di guerra vanno incontro a rischi calcolati, e mettono in gioco la propria vita per compiere un mestiere che, se svolto con onestà e rigore, è un servizio alla comunità . Ma oggi il rischio, forse non calcolabile, lo corre anche chi stando nel piccolo del proprio territorio scava nel fango, cerca la verità , scopre cose che danno fastidio ai poteri forti. Chi parla senza peli sulla lingua e cerca di moltiplicare i punti di vista è il nemico naturale di chi ci vuole ignoranti e asserviti.
Forse qui a Vicenza il rischio di fare una brutta fine non è così alto, ma non possiamo non ricordare e non dedicare un pensiero per quei colleghi che hanno dato la vita o la libertà in nome del diritto all'informazione.
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