Al Senato una legge salva-informazione dalla "clava" querele temerarie. Il Fatto Quotidiano condannato per Tiziano Renzi
Venerdi 26 Ottobre 2018 alle 10:17 | 0 commenti
Arriva in Senato una legge contro le querele temerarie, la clava usata in modo sempre più disinvolto dai potenti per intimidire i giornalisti e scoraggiare la pubblicazione delle notizie sgradite. L’ha presentata Primo Di Nicola, una vita a l’Espresso ed ex direttore de il Centro, eletto nelle file del M5S, insieme ai colleghi (di partito e di professione) Gianluigi Paragone ed Elio Lannutti. Di Nicola cita anche il caso del Fatto Quotidiano, condannato in primo grado a risarcire 95 mila euro a Tiziano Renzi, padre dell’ex premier.Â
“Davanti a richieste milionarie – spiega – anche i giornali più ricchi, ammesso che ce ne siano ancora, tremano. Basta una condanna da 100 mila euro a cambiare i bilanci e a mettere in difficoltà un’azienda editorialeâ€.
Il disegno di legge presentato dai senatori del Movimento prevede la modifica dell’art. 96 del codice di procedura civile. Stabilisce un principio molto semplice: quando risulta la malafede o la colpa grave di chi ha sporto querela, il giudice non solo rigetta la domanda di risarcimento ma condanna il querelante a pagare, oltre alle spese processuali, anche una somma non inferiore alla metà della cifra richiesta inizialmente. In altri termini: se (per esempio) un dirigente d’azienda denuncia un giornalista chiedendo un risarcimento di 200 mila euro, e il giudice stabilisce che la querela è pretestuosa, alla fine è il dirigente stesso a dover pagare una somma di almeno 100 mila euro.
“Non è una battaglia di casta, non si tratta di tutelare gli interessi della categoria dei giornalisti – spiega Di Nicola – ma di difendere la libertà di stampa, e di ogni cittadino a essere informato. Oggi intimidire costa zero, e le liti temerarie sono uno strumento che il potere può usare – e usa – senza alcun disincentivoâ€.
I dati del ministero della Giustizia mostrano che negli ultimi tre anni le querele per diffamazione sono state circa 6 mila, il 90% delle quali non è andata a finire da nessuna parte: archiviate prima del dibattimento. Nove volte su 10, in sostanza, la denuncia non ha fondamento, ma viene presentata lo stesso: le liti temerarie sono uno strumento di pressione su giornalisti e aziende; una minaccia costante. “Ancora più pesante – sottolinea Paragone – per i cronisti che lavorano a partita Iva e senza contratti stabili, che non hanno alcun tipo di tutela legaleâ€. Un’altra forma di precarietà che si aggiunge a quella economica: è impossibile aspirare alla sopravvivenza di un’informazione libera e di qualità in queste condizioni.
I senatori del Movimento 5 Stelle hanno presentato anche un secondo disegno di legge che disciplina un altro aspetto legato alla libertà di informazione: quello della tutela dell’identità delle fonti delle informazioni.
“Nel nostro Paese – spiega Di Nicola – il segreto professionale esiste solo in teoria. Sempre più spesso i giornalisti vengono arrestati, inquisiti, perquisiti per essersi rifiutati di rivelare all’autorità giudiziaria l’identità delle loro fontiâ€. Con il secondo ddl, Di Nicola propone la modifica dell’articolo 200 del codice penale, in modo da allargare la tutela del segreto professionale anche ai casi in cui la magistratura può pretendere che sia messo da parte.
I due disegni di legge arrivano, a sorpresa, dallo stesso Movimento 5 Stelle che ha avuto a lungo una dialettica tutt’altro che cordiale con gran parte dell’informazione italiana (e che continua a promettere l’abolizione di quel poco che rimane del finanziamento pubblico alla stampa). La sensibilità del giornalista Di Nicola, evidentemente, ha arricchito e integrato le posizioni grilline sul tema.
Ora non resta che convincere gli altri partiti: “Sono ottimista – dice l’ex direttore de il Centro – anche se spesso le querele temerarie arrivano dai politici, in questo Parlamento c’è stato un cambio generazionale profondo. Le nostre leggi sono aperte a tutti i partitiâ€.
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