Agroindustriale: oltre il 60% delle imprese investe in innovazione
Lunedi 13 Febbraio 2012 alle 13:02 | 0 commenti
FriulAdia - Le imprese agroindustriali del Nord Est, nonostante la fase di forti turbolenze finanziarie, hanno saputo portare avanti con determinazione i propri progetti di innovazione di prodotto e processo produttivo: più di metà delle realtà del settore (60,5%) non ha rinunciato ai propri piani di investimento e più di un quarto (26,2%) ne ha aggiunti di nuovi oltre a quelli già in corso.
Contestualmente numerose imprese agroindustriali intraprendono rapporti commerciali con paesi esteri (il 45%). L'intensità appare comunque contenuta se si considera che, nell'ultimo anno, l'87,1% delle vendite realizzate dalle imprese di tutto il settore è stato concluso in Italia.
La situazione in futuro non appare destinata a mutare radicalmente: il mercato domestico viene considerato dall'88% degli intervistati il più promettete nei prossimi tre/cinque anni, ma è ben il 63,7% ad indicare la Zona Euro come lo spazio economico in cui realizzare i migliori affari.
E' quanto emerge dall'indagine "Innovazione e internazionalizzazione delle imprese agroindustriali del Nord Est" promossa da FriulAdria e realizzata dalla Fondazione Nord Est. La rilevazione ha coinvolto un campione di 750 titolari di imprese, di tutte le dimensioni, attive nelle regioni del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino che costituisce l'intero settore agroalimentare del Nord Est italiano. Le aziende interpellate sono tutte iscritte alle Camere di Commercio. L'indagine telefonica si è svolta a novembre 2011.
"La rilevazione offre due spunti di riflessione - spiega il direttore generale di FriulAdria Carlo Crosara - Il primo è una conferma: la capacità di investimento delle imprese agroindustriali è direttamente proporzionale alla dimensione aziendale e alle relazioni con l'estero. Ciò significa che bisogna favorire le politiche di aggregazione e le logiche di sistema. Il secondo aspetto è un segnale di fiducia che viene dal mondo produttivo locale, dove oltre il 60% delle imprese agroindustriali nell'ultimo triennio ha continuato ad innovarsi per diventare più competitivo. Un fenomeno, quest'ultimo, che la nostra banca ha sempre accompagnato e continuerà a sostenere, come dimostra il trend crescente dei nostri impieghi".
I processi di innovazione
L'innovazione dell'output e del processo produttivo è una leva fondamentale per le aziende per aumentare la propria competitività e consolidare le posizioni acquisite nel mercato di riferimento. Nonostante la crisi, tra le imprese agroindustriali appare abbastanza consistente il numero di realtà che sono riuscite a mantenere gli investimenti programmati. Quasi nove imprese su dieci, seppure con situazioni più o meno brillanti, riferiscono infatti di non aver rinunciato ai propri piani per investire in innovazione.
Nel dettaglio, il 32,9% delle aziende di Veneto, Friuli Venezia Giulia e provincia di Trento afferma di aver mantenuto gli investimenti già in corso e il 27,6% dichiara di averne progettati di nuovi oltre a quelli già attivati.
Poco più di un quarto delle aziende (il 26,2%) lamenta, invece, un rallentamento dei piani avviati e il 13,3% del campione dichiara di aver dovuto addirittura bloccare tutti gli investimenti.
All'aumentare delle dimensioni aziendali e delle relazioni con l'estero cresce anche la capacità delle imprese di proseguire nei propri investimenti. Tra le più piccole (1-9 addetti) il 19,6% ha mantenuto i progetti già in corso e ne ha attivati di nuovi, contro il 20,2% che ha scelto di tagliarli. Ha continuato a intraprendere nuovi investimenti il 40,7% delle aziende comprese tra 20 e 49 dipendenti e il 56,9% di quelle con più di 50 addetti. Peraltro, tra le grandi, nessuna delle imprese interpellate dichiara di aver bloccato del tutto i propri piani di innovazione.
Guardando alle regioni di provenienza, si nota invece come in Friuli Venezia Giulia solo il 20,6% delle aziende abbia mantenuto invariati i piani di investimento, mentre quasi un'impresa su due abbia rallentato quelli già intrapresi o li abbia addirittura bloccati. Più dinamiche le realtà trentine, area in cui circa un terzo delle aziende non ha variato i propri piani.
Negli ultimi tre anni, oltre un terzo delle imprese agroindustriali del Nord Est ha introdotto innovazioni sia di prodotto che di processo (la percentuale sale al 58,2% tra le grandi). Nel dettaglio, il 64,7% degli imprenditori agroindustriali nordestini afferma di avere migliorato il proprio prodotto e il 42,9% il processo produttivo.
Per più di due terzi delle aziende agroindustriali che hanno introdotto nuovi prodotti (o hanno rinnovato quelli già presenti in listino), le innovazioni hanno contribuito a comporre una quota di fatturato inferiore al 15%. Tra quelle che hanno ottenuto benefici consistenti (tra il 15 e il 50%) va segnalato il comparto "bevande" dove è ben un terzo a riscontrare un ritorno importante. Per contro, sono le realtà che operano nella "lavorazione carni" e in "altri prodotti alimentari" a non registrare incrementi.
L'impatto delle innovazioni di processo sull'efficienza produttiva delle aziende è valutato come "importante" da metà delle imprese che hanno compiuto un investimento in questo campo (soprattutto le venete e le trentine). Nel "lattiero-caseario" il 75% degli intervistati e nel comparto "bevande" il 68% riferisce di aver raggiunto performance elevate grazie all'investimento effettuato. Risultati mediocri sembrano essere, invece, quelli del settore "prodotti da forno e farinacei", in cui il 60% delle imprese che hanno investito per rendere più efficiente il ciclo produttivo lamentano risultati scarsi o nulli.
Grado e tipologia di internazionalizzazione
L'industria agroalimentare del Nord Est intrattiene rilevanti rapporti con l'estero, anche in confronto agli altri settori produttivi: il 45% delle imprese intervistate dichiara relazioni commerciali oltre i confini italiani e un ulteriore 7,6% riferisce di essere in procinto di aprire il proprio business al di fuori del Paese. Il 41,1% si rivolge, invece, esclusivamente al mercato interno, mentre il 6,3% è stato presente all'estero in passato.
Ad essere più attive oltre confine sono le imprese più grandi, principalmente del settore delle bevande (con il 70,9%, grazie alle realtà vitivinicole) e del comparto "altri prodotti alimentari" (al cui interno si trovano anche imprese della lavorazione di frutta e ortaggi, con il 58,6%). Le realtà del Veneto emergono come le più "internazionali", con il 47,6%, poco sopra a quelle del Friuli Venezia Giulia, che si attestano al 43,2%. Più staccate le aziende del Trentino, che si fermano al 35,7%.
La modalità di internazionalizzazione più frequente è l'export, praticato dalla quasi totalità delle aziende (97,5%), senza distinzione di classe dimensionale o comparto. La via della creazione di una rete di agenti all'estero è stata intrapresa da quasi un'azienda su quattro, contro il 9% che ha scelto invece l'apertura di una rete di filiali commerciali. Sono solo le grandi realtà , seguendo una strategia di crescita nel medio-lungo periodo, a scegliere di radicarsi stabilmente all'estero con nuovi stabilimenti.
Le aziende agroalimentari del Nord Est realizzano le proprie vendite per l'87,1% nel mercato nazionale, per l'8,8% in quello comunitario, il 4,1% oltre i limiti dell'UE. Tra i comparti, risulta stabilmente posizionato all'estero quello delle "bevande", con il 68,8% delle vendite riservate all'Italia, il 19,7% all'Unione Europea e l'11,9% ai paesi extra-UE. Tutti gli altri comparti risultano stabilmente legati al mercato domestico per la gran parte del proprio volume di vendite.
Secondo il 70,7% delle aziende intervistate, l'Italia continua a confermarsi la piazza più promettente in un futuro di breve-medio termine (3/5 anni). Segue la Zona Euro, che pur non raccogliendo un numero elevato di preferenze come prima scelta (11,9%), come seconda mostra invece la propria dimensione di centralità per molte delle agroalimentari del Nord Est (51,8%). Molto meno diffuse le aspettative riservate ai paesi BRIC che arrivano al 14,5% e, in misura inferiore, dei paesi dell'Europa Orientale e dei Balcani che assommano il 13.4%.
Il 36,8% degli imprenditori afferma di ricorrere a fornitori esteri per l'acquisto delle materie prime necessarie. Tra queste, il 66,6% si rivolge ai paesi comunitari, il 9,4% invece a imprese del resto dell'Europa oppure alla Russia. Il 6,5% ha fornitori in America Centro Meridionale, mentre il 4,6% in Asia Orientale e Cina.
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