Grumolo fa costruire a 5 m da corsi d'acqua? Ricorso al Tribunale Acque Pubbliche
Martedi 29 Novembre 2011 alle 21:03 | 0 commenti
Comitato contro gli abusi edilizi ed ambientali e per la tutela dell'ambiente, Legambiente onlus - Sintesi del ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche per l'annullamento di una delibera consiliare di Grumolo delle Abbadesse in materia di riduzione della fascia dei rispetto di corsi d'acqua pubblici (qui il testo completo)
Il Comitato contro gli abusi edilizi ed ambientali e per la tutela dell'ambiente e Legambiente-onlus, associazioni patrocinate in giudizio dall'avv. Gianluigi Ceruti (qui la sua intervista), hanno chiesto al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP), che ha sede in Roma, l'annullamento della deliberazione del Consiglio comunale di Grumolo delle Abbadesse approvata il 21 luglio 2011 e pubblicata il successivo 17 agosto (nella foto i rappresentanti del Comitato presenti oggi in conferenza stampa, con al centro l'avvocato, alla sua destra Rebesani, alla sua sinistra Crestanello e Giordano Lain per i grillini di 5 Stelle, ndr).
I due coordinatori del Comitato, Fulvio Rebesani (qui l'intervista), e Paolo Crestanello (qui l'intervista) si oppongono non solo per la specifica lottizzazione approvata nel 2008 a favore dell'Immobiliare Sergio, contro la quale è giunta diffida al sindaco Scarato, ma soprattutto perchè un'eventuale sentenza positiva blocchi ogni altra iniziativa, in Veneto e in Italia.
Tornando a Grumolo con la delibera del luglio 2011 è stata votata a maggioranza una variante parziale alle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale consistente nella riduzione da 10 a 5 metri delle distanze delle costruzioni dai corsi d'acqua pubblici.
Prima d'ora il Comitato ricorrente, attivo nel Vicentino dal 1998, ha operato alcuni interventi di tutela in materia di urbanistica, edilizia e ambiente in Comuni della provincia di Vicenza: in particolare, nel Comune capoluogo, il Comitato, nell'interesse pubblico, ha promosso iniziative riguardanti l'Hotel de la Ville, la Torre Girardi e Ponte Alto con denunce alle Procure della Repubblica e della Corte dei Conti.
Nel ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche il Comitato e Legambiente sostengono che il divieto di edificazione di costruzioni nella fascia di rispetto fluviale è inderogabile e tassativo per esigenze fondamentali di sicurezza idraulica che sono tanto più impellenti in un ambito come quello di Grumolo delle Abbadesse e dei Comuni vicini in quanto soggetti a periodiche, rovinose esondazioni dei corsi d'acqua pubblici che solcano quei territori.
Nel ricorso l'avv. Gianluigi Ceruti ha illustrato e proposto una interpretazione delle norme, suffragata da numerose sentenze, a supporto dell'assunto di plurime illegittimità della delibera consiliare di Grumolo.
Innanzitutto, secondo le parti ricorrenti, il provvedimento di approvazione della variante parziale viola una norma contenuta nel Testo Unico del 1904 sulle acque pubbliche che ha introdotto un divieto di costruzioni ad una distanza inferiore a 10 metri rispetto agli argini e consente la riduzione di tale distanza a 5 metri esclusivamente per esigenze, espresse e motivate, di particolare tutela idraulica in relazione alla specifica condizione locale delle acque. Viceversa, la delibera consiliare approvata non reca alcuna traccia di particolari esigenze di salvaguardia del regime delle acque pubbliche, ma ha finalità prettamente urbanistiche ossia consente lottizzazioni a meno di dieci metri dalle sponde.
L'atto di impugnazione dinnanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche individua un altro motivo di illegittimità nel ricorso alla procedura semplificata della variante parziale che non solo non è ammessa per la riduzione delle fasce di rispetto fluviali, ma è anche in contrasto con una circolare regionale del 1998.
E ancora, il ricorso dell'Associazione vicentina e di Legambiente-onlus mette in luce una contraddizione evidente nella quale è incorso il Comune che in un precedente provvedimento consiliare del 27 aprile 2010 si era espresso in maniera diametralmente opposta deliberando la non riduzione delle fasce di rispetto fluviali.
Infine, secondo le associazioni ricorrenti, il provvedimento impugnato è inficiato da travisamento dei fatti poiché si dichiara nell'atto che l'approvazione della delibera del luglio scorso è avvenuta nella convinzione di doversi attenere al parere richiesto alla Regione quando invece tale obbligo, nella specifica materia, non sussiste.
Questa poi è una nota tecnica di Paolo Crestanello:
Allego la nota della Provincia. Mi preme sottolineare che la delibera del Comune di Grumolo è stata impugnata per violazione del :
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1) art. 96 lett. f)Â R.D. del 25 luglio 1904, n. 523 - Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche);
2) dell'art. 50 LR 61/85 come afferma la nota della provincia (che viene citata nel ricorso ma ha un aspetto secondario)
La legge nazionale Regio Decreto (R.D.) prevede per le nuove costruzioni una distanza di almeno 10 metri dalle sponde o dai piedi degli argini dei corsi d'acqua pubblici.  Dal 1994 con l’introduzione della legge Galli (art. 1 L. del 5 gennaio 1994 n. 36, oggi trasfuso nell’art. 144 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152) tutti i corsi d’acqua sono diventati pubblici e: «… di conseguenza il divieto di costruzione di manufatti ad una certa distanza dagli argini dei corsi d’acqua, contenuto nell’art. 96 lett. f ) T.U. 25 luglio 1904 n. 523, si applica ormai a tutti i corsi d’acqua indistintamente considerati» (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 20.04.2007, n. 1732). vedi anche  (Cass. Pen. Sez. III, 27.04.2007 n. 24239 e Cass. Pen. Sez. III, 8.09.2010 n. 32941) [1]. Si tratta quindi di una estensione a tutti i corsi d’acqua del regime vincolistico più restrittivo che prevede una distanza di 10 metri.
I Comuni peraltro possono prevedere limiti di distanza superiori, ma mai inferiori alle norme statali o regionali). Va precisato che le normative locali derogatorie sono contemplate «solo se lo scopo dell'attività costruttiva lungo il corso d'acqua è quello specifico di salvaguardarne il regime idraulico …  In caso contrario, qualora la norma locale si proponesse finalità diverse, quali sono ad es. quelle meramente urbanistiche, essa non derogherebbe alla citata disciplina statale che impone divieti da qualificarsi come tassativi» (TAR Lombardia – Brescia, 13.06.2007 n. 540; cfr. anche T.A.R. Liguria, 14.11.1989 n. 828; T.A.R. Emilia Romagna Parma, 6.11.2003 n. 581).
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