A 150 anni dall'Unità d'Italia tutto come prima: Rui, Prc, FDs
Giovedi 17 Marzo 2011 alle 04:43 | 1 commenti
Irene Rui, Prc, FdS - Quando nel 1861 si arrivò all'Unità d'Italia, il nostro paese serbava ancora tratti tipici di un'economia povera e sottosviluppata soprattutto al sud dove i baroni detenevano un potere latifondista, basato sullo sfruttamento dei loro mezzadri. Non è che la situazione fosse migliore per il Veneto annesso nel 1866 con il Friuli e Mantova. Nel Sud d'Italia negli anni Cinquanta dell'Ottocento stava prendendo piede la protoindustria se pur in forma artigianale e in modo molto timido, stroncata dopo l'unificazione per volontà del governo.
Per contro la grande proprietà nobiliare dimostrò resistenza a qualsiasi fermento innovativo ed ostacolò la trasformazione dei contratti agrari. La riforma agraria promessa da Garibaldi, non fu fatta e per averla dovremo attendere il 1950 con Di Vittorio, le terre vennero finalmente, distribuite ai contadini. Lo stesso fu per l'altro pensiero mazziniano: il riconoscimento dei diritti politici alle donne. La proposta di Morelli volta a modificare la legge elettorale fu respinta e le donne dovranno attendere il 1946 per godere dei stessi diritti politici degli uomini e il 1975 per essere soggetto di diritto. La principessa Cristina di Belgioso patriota e letterata scrisse "Le donne che ambiscono a un nuovo ordine di cose, debbono armarsi di pazienza e abnegazione, contentarsi di preparare il suolo, seminarlo, ma non pretendere di raccoglierne le messi"quanto attuale questa frase a distanza di 150 anni.
Quanto lontana fu l'Unità d'Italia dal popolo se lo stesso Massimo D'azzeglio disse "fatta l'Italia bisogna fare gli italiani". Gran parte dei patrioti, dei carbonari, dei membri della Giovine Italia, erano membri della buona borghesia e della nobiltà illuminata e avevano al di là degli ideali, ben poco interesse nel voler coinvolgere i propri servi, i propri popolani, poiché questi erano pur manodopera necessaria al fine di poter avere quella rendita necessaria al loro aggio e alla causa. Il giorno successivo della proclamazione dell'Unità d'Italia per il popolo non era cambiato nulla.
A 150 anni di distanza il popolo scende ancora in piazza per rivendicare i propri diritti e come 150 anni fa è tradito dai suoi governanti. A 150 anni un diverso potere non più nobiliare, ma borghese-industriale, tiene il popolo in scacco nell'ignoranza per manovrarlo come desidera. La forte volontà espressa dalla nostra Costituzione espressione anche del pensiero garibaldino e mazziniano di uguaglianza tra uomini e donne, senza distinzione alcuna, di libertà e democrazia di è disattesa. A 150anni ci troviamo di fronte ad uno Stato che prevarica i diritti fondamentali del suo popolo, che lo vuole umiliato alla precarietà che toglie i diritti conquistati del 1948 in poi: Il diritto ad un lavoro adeguatamente retribuito e sicuro; ad un reddito dignitoso che renda le persone libere; ad una istruzione pubblica e imparziale, che elevi culturalmente le persone e non insegni solo le tre "I" (inglese, internet ed impresa) come vorrebbe il padronato; a curarsi, una sanità pubblica, un'assistenza sociale.
A 150 anni di distanza si vuole riportare il salario sulla base cottimale, sulla quantità e qualità prodotta, ad un orario no stop, ad una deroga della sicurezza sul lavoro, a contratti individuali, all'umiliazione della conciliazione per le controversie del lavoro, alle multe sul lavoro, al non diritto di sciopero, alla contrazione delle pause fisiologiche. A 150anni la maternità per molte donne è un lusso, i contratti atipici non lo prevedono. A 150 anni la donna torna ad essere oggetto e non soggetto. A 150anni (esempio Alessandro Rossi) l'istruzione diventa apprendistato nel posto di lavoro. A150anni la nuova riforma di giustizia prevede di colpire i moti di piazza e non è uguale per tutti. A 150anni la Lega vuole l'Italia divisa in regioni-stato.
Faccio un appello agli onorevoli leghisti, poiché non si riconoscono nello Stato Italiano, abbiate la decenza di dare le dimissioni ed evitare non solo di sperperare il gettone di consigliere, ma anche il fruttuoso stipendio di ministro, deputato e senatore.
Un appello ai cittadini italiani Alziamo la Testa e lottiamo affinché quei diritti conquistati con la nostra costituzione e in 50 anni di lotte operaie, di donne e studenti non siano usurpate da chi si è posto al governo per fare un golpe a nostro danno, e dimostriamo che siamo diventati italiani.
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