Dopo la diffusione dei dati dell'Arpav, che imputa alla Miteni solo l'1% di immissioni contenenti Pfas all'uscita del collettore Arica, e alla vigilia della manifestazione annunciato per domenica 22 aprile "intorno" alla Miteni abbiamo intervistato al riguardo Antonio Nardone, amministratore dlegato dell'azienda di Trissino. Qui vi proponiamo il video e di seguito la sua trascrizione integrale. Il "linguaggio" del video e quello delle parole può aiutare a orientarsi un po' di più.
Tra le prese di posizione delle associazioni e delle persone preoccupate per gli effetti dei Pfas, le prese di posizione dei politici sotto campagna elettorale, i rimpalli tra governo centrale e regione Veneto, tutte situazioni riportate da VicenzaPiù nella speranza e nell'attesa che ci sia un pronunciamento indiscutibile e definitivo, abbiamo recentememte sentito ancheAntonio Nardone, Ad della Miteni, per fargli quelle domande e conoscere quelle risposte che tutti dicono di attendere ma "subendo", perciò, insulti da alcuni facebook-omani che confondono la libertà di scrivere sui social con l'attendibilità scientifica di quelo che vi viene scritto.
È sicuramente molto delicata la questione Pfas incentrata prima nell'area di Trissino e sull'azienda Miteni e poi allargatasi geograficamente a vaste aree dell'Italia e a cause che non si limitano alla fabbrica locale ma vanno almeno ricercate nei prodotti a base di Pfas non più provenienti dalla Miteni ma acquistati altrove sul mercato dagli utilizzatori e nei rifiuti tossici della Ricerche Marzotto, la vecchia Rimar, su cui è stato edificato il sito produttivo attuale e che ha lasciato in quei terreni di tutto e di più anche perchè le leggi del passato erano diverse e, magari, le "tolleranze" locali, tecniche e politiche, maggiori...
Un lancio dell'agenzia politica Dire con alcune dichiarazioni del direttore dell'Arpav, Nicola Dall'Acqua, sul ricorso al Tar presentato dalla Miteni contro l'ipotesi di un "carotaggio" con una maglia da 10 x 10 m, che, sostiene la società di Trissino, costerebbe 100 milioni di euro circa e richiederebbe 17 anni di tempo per essere effettuato, dà l'avvio a un botta e risposta tra Dall'Acqua e l'azienda produttrice di Pfas per innumerevoli utilizzi, dall'avionica alla farmaceutica, che ad oggi richiedono esclusivamente quei prodotti (nella foto una visione parziale del sistema di pompaggio, con una delle pompe in primo piano, e filtraggio delle acque di falda alla Miteni, foto VicenzaPiù).
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In una nota, che pubblichiamo di seguito, il Movimento 5 Stelle lancia un allarme piuttoto inquietante e sintetizzato da questo titolo: "Pfas, rivelazione choc del M5S: anche l'aria è potenzialmente inquinata. Miteni ha scaricato in atmosfera per almeno 10 anni milioni di nanogrammi di Pfas!". Per dare un quadro al solito completo di una vicenda che continua a farsi sempre più controversa in una sostanziale assenza fattuale di prese di posizioni nette e scientifiche da parte degli organi, politici e tecnici, competenti, abbiamo chiesto una presa di posizione anche all'azienda messa principamente sotto accusa dai pentastellati, anche se spesso la sua posizione è quella di voler allargare il campo delle ipotesi di responsabilità .Â
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L'azienda Miteni salita agli onori delle cronache per l'inquinamento delle acque nel caso Pfas (guarda qui nostro reportage con video all'interno dell'azienda durante l'apertura delle porte a luglio 2016) rende noto il ritrovamento questa mattina 25 gennaio di materiali sepolti sull'argine del torrente Poscola. Di seguito i dettagli dell'operazione nella nota ufficiale dell'azienda nella quale viene spiegato che “si tratta di materiali diversi, mescolati a calce, sepolti presumibilmente negli anni Settanta quando furono realizzati gli attuali argini del torrente dalla società Rimar (Ricerche Marzotto)â€.
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Massimo Follesa è consigliere di opposizione a Trissino, la cittadina dell'Ovest Vicentino investita dal caso dell'inquinamento da pfoa, che riguarderebbe in primis la Miteni, sempre di Trissino «ma non solo quella». In tal senso il consigliere sta mettendo a punto una memoria che presto renderà pubblica. E così in vallata la preoccupazione si moltiplica. Da una parte «ci sono sacrosante ragioni in termini di sicurezza ambientale», dall'altra ci sono «le ragioni legittime» di chi teme per il posto di lavoro. Tanto che la valle dell'Agno ritorna al centro dell'attenzione provinciale.
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