Zaia, gli immigrati e il tramonto dell'Occidente
Sabato 30 Ottobre 2010 alle 16:10 | 0 commenti
Il governatore leghista: "Multiculturalismo in crisi". Sintomo di una civiltà decadente. E intollerante
«Il multiculturalismo è morto e sepolto», ha dichiarato il governatore leghista Luca Zaia qualche giorno fa. Secondo la dottrina politica in voga, esistono due modelli con cui gli Stati possono gestire l'immigrazione di stranieri. Uno è il multiculturalismo, che prevede una società divisa fra comunità la cui identità etnico-religiosa sia appositamente preservata così da tutelarne il diritto all'espressione culturale.
L'altro è l'assimilazionismo, che invece obbliga per legge i nuovi arrivati a fare propri i costumi del paese ospitante, rinunciando ai propri. In Europa la prima via, più rispettosa del pluralismo democratico, è stata battuta da Gran Bretagna e Germania, la seconda dalla Francia, nazione fondata su un'astratta "cittadinanza" di tipo universalistico fin dalla rivoluzione del 1789. Un dibattito, questo sui modi di affrontare il fenomeno epocale delle migrazioni di massa dai paesi poveri a quelli ricchi (ma sempre meno ricchi, e sempre più instabili), strumentale alla polemica contro l'Islam ingaggiata soprattutto dalla Lega sul versante politico. Con insigni parrucconi del liberalismo a senso unico a dare al tutto una patina intellettuale. Scriveva sul Corriere della Sera del 20 ottobre scorso Angelo Panebianco: «La domanda di cui nessuno conosce la risposta è la seguente: cosa può succedere quando due grandi civiltà , altrettanto forti e orgogliose, come quella europea-cristiana (oggi anche liberale e democratica) e quella islamica, che si ispirano a principi e norme antitetiche, e che, anche per questo, si sono aspramente combattute attraverso i secoli, si trovano a condividere lo stesso territorio e lo stesso spazio politico?». Che la civiltà europeo-cristiano-liberal-democratica sia "forte e orgogliosa", lo si può ragionevolmente sostenere solo se si pone mente alla sua esportazione a furia di bombe e occupazioni militari dei popoli che ad essa non si piegano, come gli afghani e gli irakeni. Quanto al fatto che il mondo musulmano sia incompatibile con la democrazia di tipo occidentale, la domanda corretta è un'altra. Questa: ma perché mai, fino al momento in cui un immigrato di fede islamica non infrange una legge dello Stato che lo accoglie, la sua presenza dovrebbe costituire un problema in sé e per sé? Se la legge è uguale per tutti, dev'esserlo anche per chi viene qui a rifarsi una vita. Punto e a capo.
Così come bisognerebbe chiedersi, invece di ripetere a pappagallo le litanie sul pericolo d'invasione dei "forti e orgogliosi" musulmani (non percepite anche voi, in tale rappresentazione, un malcelato complesso d'inferiorità ?), la causa che porta in Occidente masse estese e crescenti di persone provenienti dall'universo islamico. Se lo odiano tanto, questo Occidente miscredente e decadente, pare veramente strano che vogliano venirci a vivere. A meno di non pensare, come solo un'isterica Fallaci poteva, che sia tutta una congiura ordita da non si sa bene chi per "conquistarci" a forza di sbarchi e permessi di soggiorno. La verità è più semplice. Si spostano e mettono su famiglia da noi perché la globalizzazione ha diffuso nell'intero orbe terracqueo il sistema di vita occidentale: lavoro, casa, consumi e benessere materiale. Sono loro ad essere stati conquistati culturalmente da noi, non il contrario. Solo che - e qui sta il punto - non del tutto. Il musulmano del Duemila (fra cui c'è anche chi, sradicato e magari clandestino, si dimentica di esserlo e diventa un delinquente qualunque, un balordo di periferia) sa ancora conciliare lo stile di vita moderno con un credo religioso interiormente vissuto che gli fa comunque mettere in cima alla propria scala di valori la dimensione spirituale. Esattamente ciò che non riesce più a fare l'occidentale medio. Andate in un centro culturale islamico, volgarmente chiamato moschea, e fate due chiacchiere con i suoi frequentatori. Vi diranno che a loro importa potere esercitare il proprio culto, e per il resto si comportano secondo la legge. Ma che la legge deve riconoscere la loro religione, di cui parlano in termini che i cattolici se li sognano. Per questo, sotto sotto, il nostro senso di fastidio, quando non è odio, se analizzato da un occhio scevro di pregiudizi si rivela per quello che è: risentimento, dovuto all'invidia per la loro superiorità morale e alla vergogna per la nostra pochezza umana.
Il multiculturalismo non è la soluzione ideale, ma è la più conseguente al principio democratico. Per chi scrive, l'ideale è che questa globalizzazione vada a ramengo (prima o poi imploderà , visto che è insostenibile da tutti i punti di vista: economico, sociale e ambientale) e ogni popolo viva e prosperi nell'ambito territoriale che gli è proprio.
Il fatto è che la democrazia, se vuole essere coerente con se stessa, non può riconoscere diritti di serie A e di serie B. Ora, siccome non siamo più in democrazia da un bel pezzo se mai ci siamo stati, che gli immigrati minaccino la nostra gracile "identità " non lo trovo giusto o sbagliato, lo trovo semplicemente un destino che ci meritiamo, un fatto necessario che evidenzia la decadenza della nostra civiltà . Che merita, se succederà , di finire magari colonizzata, invasa, conquistata da gente che dei valori immateriali e spirituali li ha ancora. Amen.
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