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Vicenza: quando un Parco non basta per definire “la” pace

Di Mario Giulianati Venerdi 10 Agosto 2018 alle 13:14 | 0 commenti

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Noè visse a bordo dell’arca per circa un anno. Un tempo non certo breve in attesa che cessasse il diluvio universale, prima, e che poi l’acqua si ritirasse e quindi lui e tutto il mondo animale che era a bordo potesse rimettere piede a terra. Un bel giorno prese una colomba e la liberò per verificare, in qualche modo, se era possibile gettare le ancore. E la colomba ritornò con un ramoscello d’ulivo nel becco facendo comprendere a Noè che l’acqua si era ritirata e che era possibile scendere a terra. Così nacque il simbolo della pace. 

In quel caso, straordinario, era il segno della pace tra Dio e gli uomini. Il segno del perdono divino. In tempi assai più recenti ritorna, con vigore, sotto forma di un simbolo che attraversò i secoli e approdò , dopo essere nato in terra e religione ebraica, nel cristianesimo e pure nel Corano, nell’età odierna. Siamo all’inizio del 1949, in piena guerra fredda che per quanto gelata fosse era pur sempre una guerra, e il Partito Comunista Francese sollecita Pablo Picasso affinché crei un logo per il Movimento per la Pace. E Picasso disegnò una colomba con un ramoscello d’ulivo nel becco. Ebbe un successo immediato e la colomba di Picasso la si vide ovunque, in ogni angolo dell’Europa, e forse, ma di preciso non lo si sa, anche oltre oceano. Di certo si sa che Picasso regalò al Movimento, e vi è chi dice anche ai diversi Partiti Comunisti d’Europa , una serie di litografie rappresentanti la Colomba della Pace, quale contributo economico. Per qualche tempo ne possedetti una di queste litografie. Rammento a me stesso che Pablo Picasso oltre aver disegnato la Colomba della Pace, ha dipinto uno dei quadri più famosi al mondo : “Guernica” , in ricordo del bombardamento che rase al suolo questa città, avvenuto il 26 aprile 1937, durante la guerra civile in Spagna. In Italia il PCI, ma questo è avvenuto anche in altri Paesi non solo europei, diede vita al “Movimento dei partigiani della Pace” utilizzando pure la colomba picassiana. Ma non aveva certamente le finalità del primo movimento, bensì quello di sostenere le posizioni della Unione Sovietica nella competizione mondiale chiamata appunto guerra fredda all’interno dell’area di influenza dell’occidente e quindi degli Sati Uniti d’America. Arriviamo a tempi ancor più vicini e lasciamo i grandi orizzonti per ritrovarci a Vicenza nell’anno duemila e seguenti. Torna in auge, nel linguaggio della contestazione alla presenza americana a Vicenza, il sostantivo “pace” e immediatamente si fa strada il concetto che chi non si schiera per la “pace” ovverossia con la contestazione, non la vogliono la pace. anzi la rifiutano. Quindi, per estensione del concetto, chi non ama la pace vuole la guerra. Non credo proprio che sia così . Ritengo che, come spesso accade, alcuni elementi forti del linguaggio, parlato o esposto in altro modo, diventino strumento per altri obbiettivi rispetto a quelli indicati. Parole come libertà, solidarietà, uguaglianza, giustizia, fraternità, altre ancora e tra queste la parola “pace” assumono molteplici significati e spesso questi sono in contraddizione tra loro. Personalmente sono convinto che Picasso abbia disegnato la colomba credendo fortemente che servisse quale messaggio di pace ma non sempre fu così. Cito, quale esempio, Voltaire che afferma “Proclamo ad alta voce la libertà di pensiero e muoia chi non la pensa come me.” E ancora Oriana Fallaci quando annota che “La Libertà scissa dalla Giustizia è una mezza libertà, che difendere la propria libertà e basta è un’offesa alla Giustizia.” Torno alla parola “pace” che, a volte, viene utilizzata esattamente per creare una divisione netta tra le genti. Credo che questo sia accaduto anche a Vicenza e non vorrei che accadesse ancora. Ritenere che avere un Parco della Pace oppure che quest’area possa essere utilizzata diversamente, magari per collocarci la Protezione Civile, o una fattoria didattica o altro ancora che sia qualche cosa di utile per la città, non significa separare i pacifisti dai guerrafondai, collocare gli uni o gli altri, a seconda della propria visione, tra i buoni o i cattivi. Significa semplicemente avere opinioni diverse e allora penso a quel che ci ha detto Voltaire e se mi venisse proibito, o comunque reso difficile esprimermi liberamente, allora lo riterrei ingiusto e mi farei scudo del pensiero di Oriana Fallaci.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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