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"Venezuela, attenzione gli organi di informazione mentono!": la lettera denuncia di un vicentino che conosce quell'area

Di Citizen Writers Martedi 1 Agosto 2017 alle 09:06 | 1 commenti

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Non so se avete sentito e letto i servizi e gli articoli dei principali organi di informazione italiani sulla situazione in Venezuela. Non so se avete notato come sembrano tutti identici (non simili, proprio uguali) quasi fossero dettati da una stessa fonte. Lo sono. Divulgano notizie palesemente false e commenti assolutamente dalla parte dei loro "datori di lavoro". Quei padroni che vogliono azzerare qualsiasi forma di emancipazione dei popoli e dei governi di quello che lorsignori chiamavano "terzo mondo" e che continuano a considerare una loro colonia.

Io ho vissuto in sudamerica un periodo di fermento progressista. All'epoca (era la fine degli anni '60, il sessantotto per la precisione, quando arrivai con la famiglia a Lima) rimasi stupito, piacevolmente stupito, dal colpo di stato avvenuto in Perù in ottobre. Conoscevo quello che era successo in Grecia l'anno prima, nel 1967. Il colpo di stato dei colonnelli, la repressione e la violenza fascista, "l'orgia del potere". Non mi aspettavo, certo, che dei generali potessero essere progressisti. Nazionalisti, certamente, ma di un nazionalismo diverso da quello esaltato dalla destra europea. Si parlava di riscatto nazionale nei confronti di chi sfruttava le immense ricchezze del paese. Si parlava di dignità, di alzare la testa di fronte al quell'ingombrante impero che controllava tutto e tutti dal nord. Si dava voce a chi non l'aveva, a chi non conosceva lo spagnolo ma solo il quechua o l'aymara. Si parlava e si agiva. Ci fu, dopo una settimana dal colpo di stato, l'occupazione militare dei pozzi petroliferi di "La Brea y Pariñas" a Talara nel nord del paese. Petrolio che era sfruttato dalla International Petroleum Company. Petrolio che era stato letteralmente rubato al popolo peruviano perché la "grande sorella" nordamericana non aveva mai pagato neppure un centesimo.

Vi assicuro che vedere sventolare la bandiera peruviana sui pozzi petroliferi fu qualcosa di notevole e liberatorio. Fui orgoglioso anch'io, ragazzo straniero che stava iniziando a rispettare e amare un popolo così diverso dal mio. Come entusiasmante fu la proclamazione della riforma agraria. Quella frase di Tupac Amaru II, "contadino il padrone non potrà più mangiare la tua povertà", che era scritta sulla copertina del testo della riforma mi sembrava (e lo era) qualcosa di semplicemente magnifico. Io non so cosa scrivessero qua in Europa di quello che stava succedendo allora in Perù. Da qualche lettera della nonna che era rimasta in Italia si poteva capire che si guardava con preoccupazione l'esperienza peruviana, ma quello che stavamo vivendo io e la mia famiglia era un'esperienza importante. Mio padre ricordava che un'aria così, di speranza e consapevolezza, l'aveva respirata quando, giovane partigiano, aveva partecipato alla liberazione dell'Italia dal nazifascismo.

E ricordo quando aprirono l'ambasciata sovietica, quando i medici cubani arrivarono per primi a portare gli aiuti dopo il devastante terremoto del maggio del 1970. Ricordo il discorso del presidente generale Juan Velasco Alvarado quando annunciò la riforma che prevedeva la socializzazione della proprietà delle industrie private.

Ricordo che, in quegli anni, ci fu in Bolivia l'esperienza del generale progressista Juan José Torres. Che in Cile fu eletto Allende ... Ricordo che il primo ad essere spodestato con un colpo di stato cruento fu Torres nel 1971 (poi ucciso nel 1976 in Argentina durante la dittatura di Videla; un assassinio da ascrivere alla famigerata "Operazione Condor"). Ricordo le serrate e gli scioperi dei trasportatori che paralizzarono il Cile. Ricordo ancora l'11 settembre del 1973, il colpo di stato di Pinochet finanziato dagli USA, gli aerei sul palazzo de la Moneda, l'assassinio di Salvador Allende. Ricordo che in Perù, a metà degli anni settanta, ci furono crescenti disordini e una crisi che portò alla destituzione del generale Velasco Alvarado e a una "restaurazione democratica" che riportò la "calma imperiale" nel paese, la dura repressione, la violenza, la corruzione. Ricordo la dittatura di Videla in Argentina. I "desaparecidos". Tutto in nome della normalizzazione. Punizioni per chi aveva osato opporsi al potere imperiale degli Stati Uniti (non importa chi fosse il presidente del momento).

Io posso dire che ho vissuto i tentativi di riscatto e la loro repressione. Li ho respirati. Così sono diventato comunista.

Oggi sta succedendo lo stesso in Venezuela. La stessa modalità. Crisi indotta e sfruttata, violenze, serrate, aggiotaggi, falsa informazione per abbattere un governo legittimo che sta costruendo (con fatica, certo, e, probabilmente, con qualche errore) una nazione che non vuole essere asservita al "capitalismo imperiale statunitense". Un tentativo di riscatto e dignità che non può, per lorsignori, né esistere né resistere alla periferia dell'impero.

Noi dobbiamo appoggiare il governo chavista venezuelano. Dobbiamo contrastare la falsa informazione dei media italiani (e occidentali). Dobbiamo opporci a questa campagna oscena contro il popolo e il governo venezuelano. Sappiamo che dopo Brasile e Argentina, la "normalizzazione imperiale" ha attaccato il Venezuela, la Bolivia di Evo Morales e non si fermerà di fronte a nulla. L'obiettivo è dimostrare chi è il padrone. Dobbiamo aiutare l'America latina a dimostrare qual è la dignità e la forza di un popolo libero ("de la Patagonia al Bravo").

Giorgio Langella

Leggi tutti gli articoli su: Giorgio Langella, Venezuela, Nicolas Maduro

Commenti

Inviato Martedi 1 Agosto 2017 alle 17:40

Ecco, mancava solo Langella, che vede sempre lo il complottismo americano
Ma mi faccia il piacere, gliene porto a decine di persone venezuelane che sono scappate e che vivono a Vicenza e allora capirà come stanno veramente....qui popoli liberi.
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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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