Veneto Banca verso la ricapitalizzazione, tra azioni scontate e quei 110 milioni di capitale primario ridotto per i finanziamenti ai soci
Mercoledi 14 Ottobre 2015 alle 22:22 | 0 commenti
Dopo la Popolare di Vicenza è arrivato il turno di Veneto Banca di rifarsi un'immagine che agli occhi degli investitori, rimasti - per usare un eufemismo - delusi dal deprezzamento delle azioni, e sopratutto all'occhio vigile, anche se a scoppio ritardato della Bce e della magistratura, si è logorata nel giro di pochi anni. In un gioco di specchi simmetrico le due banche hanno intrapreso più o meno le stesse strade: affidarsi a un manager di ferro, rivedere la governance, aumentare il capitale cercando di fare raccolta e di iniziare una nuova vita con la trasformazione in Spa e l'entrata in Borsa.
Di fusione tra i due istituti, prima di varcare la soglia di Piazza Affari, non se ne parla. "Tutta la stima e la collaborazione con l'amico Iorio (ad di BPVi ndr) ma sarebbe come mettere assieme due soggetti in difficoltà ", ha sottolineato a margine della presentazione l'ad Cristiano Carrus, chiamato a risollevare le sorti della banca. Casomai se ne parla dopo, quando il mercato deciderà il prezzo delle azioni e quando sarà finita l'operazione di controllo sull'ormai tristemente famoso "gruzzolo" legato ai finanziamenti ai soci - da cui l'inchiesta della procura di Roma nella quale sono indagati l'ex direttore generale Vincenzo Consoli e l'ex presidente dell'istituto Flavio Trinca - e finito dal capitale primario in un fondo patrimoniale. E questo sembra essere uno dei crucci principale di Carrus. "La banca dovrà dimostrare che quello non è capitale finanziario e se non ci riesce non ci sarà rientro nel capitale primario", ha sottolineato il manager a margine della presentazione del piano industriale.
Un'impresa mica da poco, perché il denaro da passare al setaccio ammonta a 110 milioni di euro e, parole dello stesso Carrus, di denaro che scotta ce n'è ancora. Sarà rendicontato nella novestrale, che deve essere fatta in occasione dell'entrata in borsa e il cui bilancio sarà la base della quotazione. Entrata in borsa prevista dopo l'assemblea dei soci di dicembre, che passerà attraverso la trasformazione in Spa e che si concluderà a fine gennaio. Entro aprile, invece, l'aumento di capitale di un miliardo di euro, sotto la garanzia per l'aumento di capitali in opzione di Imi- Intesa San Paolo, proprio come Unicredit affiancherà Banca Popolare di Vicenza nell'aumento di capitale pari a 1,5 miliardi di euro. Ma come sarà l'entrata in borsa di questa banca che, come da copione standard, si ripropone di nuovo come "banca commerciale del territorio"? Le prassi sono più o meno le stesse di quelle di Francesco Iorio, perché la scuola di manager salvabanche è uguale. Nel caso di Veneto Banca: tagliare dipendenti e sedi secondarie (430 esuberi e 130 filiali chiuse), via gli sponsor costosi per risparmiare 1,5 milioni (a cominciare dalla Juventus), vendita della Banca Intermobiliare, razionalizzazione delle partecipazioni, a parte la strategica Bancapulia, meno 2,7 milioni di spese di consulenza e risparmio di 1,7 milioni eliminando le auto aziendali.
Se a questo si aggiunge il "piano stand-alone", che non vuol dire rifiutare aggregazioni ma annunciare che la banca può farcela anche da sola ad arrivare a quel milione di aumento di capitale per ripianare il buco della gestione passata, allora i giochi sembrano fatti. Certo, nonostante le promesse di assemblee e roadshow, di privilegiare le piccole e medie imprese del territorio (con fatturato fino a 5 milioni di euro) e di instaurare un dialogo con i soci delusi, resta l'incognita sulla ricapitalizzazione.
Saranno disposti i soci danneggiati dalla perdita di azioni a sottoscrivere il nuovo capitale? "Stiamo cercando di ogni mezzo per minimizzare il danno e dare una risposta al disagio dei nostri soci, le associazioni sono per noi importantissime, una controparte con la quale stiamo parlando frequentemente", ha rimarcato Carrus, specificando che "ci possono essere dei compratori". Chiaro, gli investitori devono avere pazienza e sanno che bisogna fare i conti con l'IPO (l'offerta dei titoli per la quotazione iniziale sul mercato regolamentato). E se per il manager "è difficile fare una previsione sulla forchetta di prezzo del titolo quotato", una volta in Borsa il prezzo dell'azione sarà di molto minore rispetto a quello attuale di 30,5 euro (lo scorso aprile era di 39,5 euro). Inoltre, il prezzo dell'Ipo potrebbe essere ulteriormente scontato con le nuove azioni offerte in aumento di capitale. Le riserve, alla fine, le scioglierà il mercato. Quel mercato in cui la garante, Intesa San Paolo, ha già annunciato di non avere appetiti sull'istituto della Marca. Ma anche quel mercato che, come dice Carrus "è cambiato e oggi in Italia ha una situazione del credito, delle coperture e delle Npl (crediti dalla riscossione incerta ndr) che è piuttosto preoccupante". Come dire: si riparte, ma niente sarà mai più come prima.
Per approfondire leggi:Â il piano industriale;Â intervista a Carrus;Â video presentazione integrale del piano.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.