Veneto Banca, no di Vardanega. Presidente è il "patron degli spumanti" Pierluigi Bolla
Venerdi 30 Ottobre 2015 alle 22:09 | 0 commenti
Il cda straordinario di Veneto Banca che doveva prendere atto delle dimissioni di Francesco Favotto e del passaggio della presidenza ad Alessandro Vardanega è finito da poco registrando un clamoroso colpo di scena: l’ex leader degli industriali della Marca ha infatti troppi impegni e non se la sente di fare il presidente a tempo pieno (così almeno avrebbe confidato agli amici già ieri sera).
Al suo posto il Consiglio ha scelto perciò di eleggere il veronese Pierluigi Bolla, 64 anni, patròn della Valdo Spumanti. La guida di Montebelluna insomma registra un duplice colpo di scena nell’arco di poche ore. Già nei giorni scorsi era filtrata la notizia che Favotto, stanco e ammalato, non volesse proseguire, ma il passaggio di consegne al vice vicario sembrava scontato. Invece anche Vardanega ha fatto un passo indietro perché non è disponibile al maggior impegno in termini di fatiche e ore di lavoro rubate all’azienda che il passaggio alla presidenza avrebbe comportato. L’istituto sarà perciò guidato da Bolla, che è laureato in Economia, è stato assessore regionale al Turismo e in passato tentò senza fortuna di diventare sindaco di Verona. Il CdA ha inoltre cooptato, in qualità di Consigliere di Amministrazione, la dottoressa Joyce Victoria Bigio, e ha infine nominato Stefano Fasolo - attuale Responsabile della Direzione Pianificazione e Controllo – Chief Financial Officer (CFO) del Gruppo Veneto Banca.
Questo valzer alla presidenza della banca è stato scatenato dalle dimissioni di Favotto, che qualche giorno fa ha avuto un malore e non ritiene di avere le forze per proseguire un lavoro stressante come la gestione di un istituto in grave difficoltà . Ieri l’associazione dei “ricchiâ€, Per Veneto Banca, ha chiesto – presumibilmente al Cda – di «partecipare alla scelta del prossimo Presidente»: «Con l’accettazione di questa richiesta – hanno scritto in una nota i soci che hanno complessivamente una quota dell’8-10% – gli organi di amministrazione e controllo si porrebbero, finalmente, in una dimensione di ascolto e condivisione con una realtà , la nostra, che è nata per fare propria una partecipazione attiva e consapevole e che rappresenta una compagine importante, in continua crescita, di soci grandi e piccoli». ggi si è poi fatta sentire anche l’altra associazione, quella degli Azionisti Veneto Banca, presieduta da Giovanni Schiavon, che rivolge a Favotto «un sincero augurio e un ringraziamento per il grande impegno profuso nel gravoso compito di presidente di Veneto Banca, in momenti particolarmente difficili per tutti». «L’auspicio – aggiunge poi la nota – è che l’evento successorio venga ora interpretato non come occasione di colmare una posizione di potere, ma come ricerca di una soluzione che assicuri una reale discontinuità ed una totale trasparenza  gestionale e che sappia coniugare le esigenze di sicurezza della banca con le sacrosante aspettative economiche degli azionisti, che si sono sentiti traditi da logiche riformiste decise sulla loro pelle. Siamo perciò disponibili – conclude la nota – a fornire il nostro orientamento in questa delicata fase».
Insomma, la polemica tra associazioni e Cda prosegue, ma più che lotte corpo a corpo con la Bce per rinviare il dramma dello sbarco in Borsa, forse gli azionisti si dovrebbero interrogare sull’adeguatezza di un aumento da un miliardo, perché gli investitori cominciano a pensare che le due operazioni straordinarie (1,5 miliardi per BpVi, 1 miliardo per VB) rischino di essere un po’ leggere. Attualmente il CET1 di Montebelluna è all’8,37% (che scende all’8,16% sulla base delle regole in vigore al termine del periodo transitorio: fully phased), e si è capito che anche se la richiesta della Bce è quella di superare il 10%, il livello con cui non si sfigura rispetto agli altri istituti è il 12%. Ed è vero che dalla vendita di Icbpi potranno entrare tra i 130 e i 150 milioni, ma è altrettanto vero che l’operazione da 289 milioni per cedere BIM è sfumata, e ora bisogna vedere a quanto ammonteranno le successive offerte. Ma soprattutto è ad oggi inestimabile l’eventuale impatto futuro delle cause mosse dagli azionisti. Il tema vero resta perciò sempre lo stesso: Vicenza e Montebelluna sono due banche che hanno bisogno di tantissimi soldi.
di Davide Pyriochos da VeneziePost
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