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Veneto Banca e Vincenzo Consoli: Lettera43 tra gli affari, il rapporto col potere e i prestiti facili a Galan, Samorì e Verdini (pagati dal Cav)

Di Rassegna Stampa Mercoledi 3 Agosto 2016 alle 15:43 | 0 commenti

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Era l'aprile del 2014. Veneto Banca viveva uno dei suoi momenti più difficili, costretta a rinnovare una dirigenza che la Banca d'Italia aveva accusato di opacità nella gestione dell'istituto di credito. E all'assemblea dei soci il governatore Luca Zaia si spese in loro difesa: «È stato portato un attacco senza precedenti alla nostra autonomia, un preciso disegno contro il sistema delle popolari e le Banche del credito cooperativo, proprio perché a fianco del territorio». LA FAVOLA DI VENETO BANCA. Allora l'istituto di Montebelluna era stato solo multato e ispezionato. Ma il sistema veneto aveva fatto muro.

Era prima dello scandalo del Mose, dell'arresto del finanziere Roberto Meneguzzo e del doge Giancarlo Galan finito rinchiuso nella prigione dorata della sua villa veneta. Era prima, ovviamente, del disastro della Popolare di Vicenza. E c'era ancora la favola: quella piccola banca popolare nata nella Marca trevigiana del prosecco, dei distretti di eccellenza dell'abbigliamento sportivo, del Nord Est che ce la fa, divenuta in meno di 20 anni uno dei 12 gruppi bancari più importanti del Paese.
5.700 DIPENDENTI E 600 SPORTELLI. Attività per 30 miliardi di euro, 600 sportelli, 5.700 dipendenti. 
E soprattutto una serie vorticosa di acquisizioni di casse più o meno in salute lungo tutta la penisola. Se non fosse stato per quelle ispezioni, il quadretto sarebbe stato completo: una banca del territorio non quotata - l'economia reale, si sa, non è la finanza – al servizio degli imprenditori.
Una storia di piccoli che riescono a dispetto dei grandi, di un sistema bancario nato a lato e nonostante i salotti buoni. Ma la vicenda, alla luce delle indagini in corso, risulta un po' diversa.
AGGIOTAGGIO E OSTACOLO ALLA VIGILANZA. Oggi l'istituto vale poco più di un miliardo, gli ultimi tre esercizi sono in perdita e pendono richieste di risarcimento danni per oltre 174 milioni di euro. Prima del tracollo che ha fatto bruciare 5 miliardi di euro in pochi anni, la procura di Roma aveva iniziato a ipotizzare che l'istituto di credito popolare abbia erogato prestiti facili ai propri soci (pratica vietata) in cambio dell'acquisto di pacchetti azionari per aumentare il valore della banca, considerato falsato dalle autorità di via nazionale e reato per le procure.
Attorno all'ex amministratore delegato Vincenzo Consoli, dominus incontrastato di Veneto Banca per quasi 16 anni, regista della sua ascesa sul palcoscenico nazionale e finito agli arresti il 2 agosto in un'operazione della Guardia di finanza che ha sequestrato decine di milioni di euro in tutta Italia, le cronache raccoglievano i nomi del Veneto che conta - o che contava - e della politica romana: da Gianpiero Samorì a Giancarlo Galan, da Meneguzzo a Denis Verdini. 

Le mancate sofferenze di Caltagirone, i prestiti a Verdini, i legami con Samorì È da 17 mesi che la procura di Roma indaga sull'istituto veneto. A fine maggio la Consob ha notificato cinque provvedimenti sanzionatori contro gli ex componenti del consiglio di amministrazione. Ci sono gli illeciti legati al capitale finanziato: ancora nel 2015 Bankitalia snocciolava i nomi dei coinvolti, da Modena Capitale di Giampiero Samorì, oggi rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta di Tercas e già aspirante leader di Forza Italia, alla moglie dell'azionista storico della controllata Banca intermobiliare Pietro D'Aguì. E poi la priorità data ad alcuni soci nella vendita delle azioni, per esempio all'imprenditore della Replay, Giampaolo Buziol e a Cattolica Assicurazioni. E poi la non correttezza delle informazioni diffuse nel 2013, nel 2014 e nel 2015, sulla determinazione del prezzo deli titoli e sui requisiti di (finta) indipendenza degli esperti che lo hanno determinato.
LE SOFFERENZE FANTASMA DI CALTAGIRONE E ALITALIA. Intanto le ispezioni delle autorità di vigilanza continuano e l'istituto di credito, in crisi di liquidità e con un piano industriale difficilmente realizzabile, è stato acquisito dal fondo Atlante. Salvata la banca, ma non salvati gli 88 mila azionisti: piccoli e grandi imprenditori, dal gruppo Marcegaglia a centinaia di artigiani, dal calciatore Bettega ai 2.700 azionisti che hanno fatto causa, tutti quelli che fino al 2015 avevano in tasca titoli valutati 30,5 euro ora non hanno nulla.
Eppure la prima irruzione delle Fiamme gialle  nel quartiere generale di Montebelluna -  febbraio del 2015 - arrivava dopo una lunga sequela di campanelli d'allarme. Sofferenze non registrate, come quelle dei crediti all'Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone o alla fu Alitalia Servizi. Due anni di bilanci – 2011 e 2012 – chiusi con operazioni al di fuori della gestione ordinaria, le perquisizioni degli ispettori di Ignazio Visco nel 2013 e una multa da 2 milioni di euro da Banca d'Italia. Tuttavia la soluzione originale prospettata da via Nazionale per Montebelluna era la stessa suggerita al cda di Banca Etruria: il matrimonio con la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Con l'imprenditore del vino, Consoli condivideva alcune abitudini, come dimostrano i regali offerti all'ex presidente del tribunale di Treviso e presidente dell'associazione dei piccoli soci Giovanni Schiavon e l'assunzione di un ex membro della gdf come dipendente dell'istituto. Ma le entrature e le ambizioni di Zonin erano certo meno provinciali.
Sta di fatto che come per Etruria, l'idea del matrimonio è stata rinviata al mittente e si è aperta la via dell'inchiesta giudiziaria. La procura di Roma contesta agli ex vertici una tendenza a concedere finanziamenti in maniera «diffusamente disinvolta» e a gonfiare le cifre della patrimonializzazione.
SOLDI A VERDINI NONOSTANTE L'INCHIESTA. Le cronache avevano già in parte raccontato la generosità del gruppo. Alla filiale di Roma si rivolse per esempio Denis Verdini, il colonnello di Forza Italia, allora indagato per truffa aggravata ai danni dello Stato (oggi è rinviato a giudizio anche per associazione a delinquere e appropriazione indebita) dopo il crac del Credito cooperativo fiorentino e di alcune imprese editoriali.
A scoprire la richiesta di prestito, datata 26 settembre 2012, fu il cronista del Mattino di Padova Renzo Mazzaro che chiese conto a Consoli del denaro elargito a un creditore difficile da ritenere in quel momento affidabile.
GARANTISCE BERLUSCONI. Per quella presunta fuga di notizie, Consoli tagliò anche una testa: un dipendente dell'istituto venne licenziato e si ritrovò a fare causa alla banca e a chiamare in tribunale come testimoni lo stesso Verdini e Silvio Berlusconi.
Si scoprì allora che a garantire il prestito a un Verdini a corto di liquidità era stato il Cavaliere in persona tramite una fideiussione. Oggi, secondo quanto risulta a Lettera43.it, la linea di credito è stata non solo elargita ma anche rimborsata. Ma la lista dei buoni clienti di Consoli - fino a pochi anni fa il secondo banchiere più pagato d'Italia dopo Corrado Passera - è lunga. 
Gli uomini di Galan come consiglieri e il tesoretto dell'ex governatore

Il primo a beneficiare dei prestiti di Veneto Banca, per dire, era Consoli stesso. Oltre a buona parte del vecchio consiglio di amministrazione.
Quando era amministratore delegato, raccontò Vincenzo Malagutti sul Fatto Quotidiano, si finanziò con 3 milioni l'acquisto di un immobile storico nel centro di Vicenza.
La banca gli concesse una seconda linea di credito da 2 milioni di euro e finanziò per altri 3 l'acquisto di una masseria (Masseria Cuturi srl) in provincia di Taranto, 270 ettari di terreno tutti viti e uliveti da parte della moglie di Consoli.
I nomi dei proprietari sono emersi nelle cronache dell'estate del 2014: la moglie di Consoli, il dentista padovano, Paolo Rossi Chauvenet, e il giornalista Rai Bruno Vespa e sua moglie (Vespa è stato azionista di Veneto Banca e ha rivenduto le sue azioni in perdita).
AFFARI CON VESPA E GALAN. Se Vespa non ha bisogno di presentazioni, Rossi Chauvenet è un personaggio con buone entrature, è stato consigliere di Veneto Banca ed è stato socio in affari nella Amgidala Spa dell'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, o meglio del suo commercialista Paolo Venuti, arrestato a giugno 2015 assieme all'ex ministro.
Galan e Venuti sono stati buoni clienti di Veneto Banca e, secondo La Nuova Venezia, gli inquirenti che stanno setacciando i conti dell'ex governatore alla ricerca del suo presunto tesoretto hanno controllato operazioni effettuate nelle filiale di Zagabria. Secondo le recenti cronache del Corriere del Veneto alla società di Galan e consorte, la Margherita Srl, venne elargito un prestito da 1,8 milioni di euro senza garanzia. Per timore reverenziale, hanno spiegato i legali dell'istituto di credito. Al primo ne seguirono altri, nonostante la società fosse inattiva. Solo nel 2013 in cambio di quei prestiti, venne ipotecata Villa Rodella, l'abitazione cinquentesca dell'ex governatore. Lo Stato l'aveva confiscata dopo il patteggiamento per corruzione di Galan, ma ora l'istituto di credito in crisi ha la precedenza. 
Ma i rapporti coi potenti del Nord Est e con i nomi travolti dallo scandalo Mose non si fermano qui.
Veneto Banca condivideva con Gianfranco Zoppas (beneficiario di prestiti, azionista ed ex membro del cda) le quote di Ferak, holding che a sua volta aveva quote (anche attraverso la controllata Effeti, oggi sciolta) nelle Generali. Ma nella Ferak c'era soprattutto la Palladio Finanziaria di Meneguzzo, finito agli arresti nell'inchiesta Mose per concorso in corruzione e rivelazione di segreto d'ufficio (ha poi patteggiato), holding di cui Veneto Banca deteneva il 9%.
Il gruppo di Consoli, poi, era azionista anche della partecipata di Palladio Est Capital (di cui deteneva il 30%) che è stata commissariata l'8 giugno 2014 con l'accusa di aver eluso il Fisco per quasi 20 milioni di euro e messa in liquidazione nell'aprile 2016.
IL CASO RUOZI. Consoli sedeva proprio nel board della finanziaria di Meneguzzo e nella poltrona vicino a lui stava l'ex rettore della Bocconi Roberto Ruozi. Niente di male. Se non fosse che Ruozi è anche uno degli esperti formalmente indipendenti che fissavano il valore delle azioni di Veneto Banca. Di questo e di altro, gli inquirenti dovrebbero aver chiesto conto a Consoli. Anche se non è chiaro perchè l'arresto, che l'associazione degli azionisti delle popolari ha definito un «segno di speranza», arrivi ora. Saranno i magistrati a spiegare se si tratti di un tentativo di fuga o rischio di inquinamento delle prove.

di Giovanna Faggionato da Lettera43

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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