Veneto Banca, Consoli assolto dall'accusa di truffa al primo verdetto
Martedi 19 Luglio 2016 alle 09:57 | 0 commenti
Il 13 luglio il giudice per le indagini preliminari di Padova, Mariella Fino, ha firmato un’ordinanza che, per la prima volta, fissa dei «paletti» non soltanto sulle possibili responsabilità avute dagli ex vertici dell’istituto di credito ma anche sui termini di prescrizione e – più in generale - sulle chance di rivalsa dei soci che hanno visto andare in fumo i loro risparmi, con il crollo del valore dei titoli passato da un massimo di oltre 40 euro ad appena 10 centesimi. La decisione del giudice scaturisce da un’inchiesta, finora rimasta segreta, avviata nel settembre dello scorso anno dal sostituto procuratore di Padova Maria d’Arpa e che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli. Per lui, l’ipotesi di reato era quella prevista dall’articolo 640 del codice penale: truffa.
L’indagine era scaturita dalla denuncia presentata da un padovano di 86 anni che, tra l’ottobre del 2006 e il dicembre del 2008, acquistò azioni di Veneto Banca per un ammontare di 120mila euro «pari a un terzo di tutto il mio patrimonio e un importo corrispondente a quasi tutta la mia disponibilità finanziaria», spiegò ai magistrati. La storia è simile a quella che raccontano molti altri soci. «Il referente della banca – si legge nella querela - non mi aveva in alcun modo informato di tale rischio connesso all’acquisto dei titoli, sebbene io avessi espressamente richiesto titoli di basso rischio. (…) Aveva minimizzato i rischi (…) traendo così vantaggio dalla mia inesperienza e ignoranza in materia». Non solo: l’azionista accusava la banca di aver alterato il suo profilo di investitore, associandogli un grado di esperienza «alto» quando in realtà non ha alcuna competenza specifica in materia.
Fin da subito, la causa intentata dall’anziano era apparsa in salita: tempo un mese e il sostituto procuratore aveva già chiesto l’archiviazione del procedimento perché «i reati ipotizzabili sono comunque estinti per prescrizione, risalendo gli ultimi fatti denunciati al dicembre 2008». Ma il padovano non si era arreso e, tramite il suo avvocato, aveva presentato opposizione sostenendo che quella commessa da Veneto Banca non fosse una normale truffa, ma una «truffa contrattuale a consumazione prolungata» che, come tale, non si attua al momento dell’acquisto dei titoli ma nel momento in cui essi non potevano più essere liquidati. Per l’anziano socio voleva dire il 30 gennaio 2015 quando, dopo aver chiesto di sbarazzarsi delle azioni, l’istituto di credito gli aveva comunicato la «manifesta impossibilità di dar corso alla liquidazione».
A dicembre 2015 Consoli era stato avvisato dell’inchiesta che lo vedeva indagato per truffa e due settimane fa, il 5 luglio, la questione è stata discussa davanti al gip di Padova. Infine, mercoledì scorso il giudice Mariella Fino ha comunicato la sua decisione: l’inchiesta sull’ex amministratore delegato di Veneto Banca va archiviata. E per farlo, fa leva su due principi. Il primo riguarda la prescrizione: il reato, qualora ci fosse stato, sarebbe stato compiuto al momento della sottoscrizione delle azioni e non quando i titoli sono diventati incedibili. Quei fatti – scrive il magistrato - sono «mere conseguenze». Il gip però si spinge oltre, quando mette nero su bianco che «essendo la notizia di reato infondata, va accolta la richiesta di archiviazione». Insomma, se nel 2008 il risparmiatore ha acquistato titoli il cui valore negli anni successivi è crollato, non può essere accusato di truffa l’ex amministratore delegato. Resta da capire se questa prima ordinanza farà da apripista ad altre decisioni analoghe che riguarderanno le denunce degli azionisti che si sono sentiti raggirati dall’istituto di credito. E se lo stesso principio verrà applicato anche per gli acquisti più recenti.
L’avvocato dell’ex Ad, Alessandro Moscatelli, non vuole commentare. Si limita a confermare la notizia e a sottolineare che «Consoli ritiene, in questa come in tutte le altre vicende, di aver operato in maniera scevra da ogni tipo di censura». Nient’altro. In fondo, per i manager che guidarono Veneto Banca è presto per cantare vittoria: Vincenzo Consoli e Flavio Trinca restano indagati dalla procura di Roma che li accusa di ostacolo all’attività dell’autorità di vigilanza.
Di Andrea Priante, da Il Corriere del Veneto
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