Veneto Banca, altri 16 indagati tra manager e funzionari. Nomi che incrociano verifiche anche con Banca Popolare di Vicenza
Lunedi 24 Ottobre 2016 alle 09:30 | 0 commenti
Sono accusati di aver contribuito a svuotare le casse di Veneto Banca attraverso operazioni senza garanzia. Amministratori di società e funzionari dell’istituto di credito indagati per reati che vanno dalle false comunicazioni sociali all’ostacolo alla vigilanza. E per alcuni è scattata anche l’associazione per delinquere. Per questo la Procura di Roma ha disposto nuovi accertamenti, il decreto di proroga firmato dal giudice è stato notificato qualche giorno fa. Mentre l’ex presidente Vincenzo Consoli tornerà in Procura per rispondere alle domande dei pubblici ministeri Stefano Pesci e Bianca Guglielmi dopo l’interrogatorio di sette ore della scorsa settimana, un nuovo fronte si apre per individuare il livello di responsabilità di chi mentì alle strutture di controllo ma soprattutto ai risparmiatori e agli azionisti convinti della solidità patrimoniale e dunque pronti a nuovi investimenti.
Sono sedici le persone che hanno ricevuto l’avviso del giudice. Tra loro anche manager di vertice di società come Methorios, Soft Strategy e del fondo Optimum. L’elenco comprende tra gli altri l’attuale presidente e amministratore delegato di Methorius Paolo Cacciari e poi Fabio Palumbo, Ernesto Mocci, Girolamo Stabile, Andrea Suriano, Antonio Marchese, Guido Venturini Del Greco, Mauro Petrini, Rodolfo Mostardi, Simone Manfredi. Si tratta di nomi che hanno incrociato anche le verifiche su altre banche come Banca Popolare di Vicenza e Banca Etruria, visto che Methorios — di cui ha una partecipazione anche l’ex candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini — ha ricevuto numerosi finanziamenti.
Il sospetto dei magistrati è che queste società siano state disponibili a compiere le cosiddette operazioni «baciate» che hanno consentito a Veneto Banca di erogare fondi ad alcuni clienti importanti con la garanzia che avrebbero poi acquistato azioni ma anche quote di obbligazioni subordinate in modo che la banca fosse sollevata dall’onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza, come prescritto da Bankitalia. Una cessione temporanea che però alterava i bilanci e la solidità patrimoniale anche se nelle segnalazioni periodiche a via Nazionale i vertici dell’istituto avrebbero continuato a indicare un valore del patrimonio di vigilanza sovrastimato rispetto a quello effettivo facendo figurare un rispetto dei parametri di legge che in realtà non era reale.
Non solo. Le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza negli ultimi mesi hanno consentito di scoprire la concessione di fidi a soggetti in difficoltà economiche, e quindi non in grado di restituire le somme ricevute, senza un’adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei clienti, all’insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del merito creditizio.
Oltre alle denunce dei clienti, a far partire l’inchiesta è stata la relazione degli ispettori di Bankitalia che hanno contestato a Consoli una serie di irregolarità rispetto alle quali l’ex presidente avrebbe deciso di fornire spiegazioni e non è escluso che possa decidere di collaborare con i pm, almeno su alcuni aspetti. In particolare i funzionari della Vigilanza hanno evidenziato «carenze nelle procedure di concessione del credito, sovente caratterizzato da elevata rischiosità ; frequente rilascio di linee di credito, anche corpose, talvolta in violazione della legge; emersione di conflitti di interessi in relazione all’avvenuta partecipazione al capitale sociale della banca da parte di taluni consiglieri; possibile sopravvalutazione del titolo azionario della banca, verosimilmente fissato su livelli più alti di quelli di mercato».Di Fiorenza Sarzanini, da Il Corriere della Sera
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