Uno spettro si aggira a Nordest: la successione in azienda tra i temi del Festival Città Impresa
Domenica 22 Marzo 2015 alle 10:54 | 0 commenti
L'hanno evocato il primo giorno. Gli danno forma il secondo. Il fantasma che tutti vorrebbero esorcizzare, in terra d'imprenditoria nordestina, va sotto la voce «ricambio generazionale». Nelle aziende in cui si aggira - tante, grandi o piccole non fa differenza - hanno spesso paura anche solo a nominarlo: equivale a riconoscere che quel che si è costruito in una vita è orfano di eredi «coinvolti» quando va bene, non adeguati quando va male.
Che poi, «non adeguati»: in dialetto veneto c'è un termine molto più colorito, che non lascia prove d'appello, ed è quello a risuonare dai palchi e dalle platee del Festival Città Impresa. E poiché è raro, che da queste parti se ne parli, quanto va in scena nella seconda giornata dell'appuntamento vicentino rompe un altro tabù del Nord-Est a capitalismo familiare diffuso. Qui, esempi di «affidamento» a manager esterni ci sono e funzionano: e Gian Carlo Ferretto, presidente dell'omonimo gruppo, mette il carico della sua esperienza nell'affermazione convinta secondo cui «la strada che dobbiamo percorrere è questa, anche in Veneto». Ma qui, ricorda con felpata provocazione Giovanni Costa, vicepresidente esecutivo del consiglio di gestione di Intesa SanPaolo, è anche dove un amministratore delegato «estraneo» dura (resiste?) «in media tre anni». E qui, ancora, si compie più spesso che altrove «l'errore più grande, ossia voler inserire a tutti i costi figli e familiari nel consiglio d'amministrazione»: e Diego Bolzonello, per anni Ceo di Geox e oggi richiestissimo consulente conosce a sufficienza il territorio e i suoi protagonisti per concludere che così «il consiglio finisce per non essere più tale». Una soluzione ci sarebbe. Indicata all'unanimità , prevede che l'imprenditore «insegni ai figli incapaci a fare l'azionista, non il padrone». Il problema, a quel punto, è se «incapace» si rivela anche il manager. Ma questa è tutta un'altra storia.
di Raffaella Polato, da Il Corriere della Sera
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