Unicredit: c'era Profumo di avvicendamento
Domenica 10 Ottobre 2010 alle 20:16 | 0 commenti
L'amministratore delegato di Unicredit fatto fuori dalla Fondazioni (tra cui la Cariverona) e dai nemici interni al gruppo. Non gli si è perdonato di aver gestito la banca come un monarca. Nella sua fulminante carriera, incredibile il passaggio dallo sportello del Banco lariano a McKinsey & co (da VicenzaPiù n. 199 in edicola).
Sì, a posteriori si può sempre dire che c'erano state delle avvisaglie, ma sostanzialmente la destituzione dalla carica di Amministratore Delegato di Unicredit, per Alessandro Profumo, è stato un fulmine a ciel sereno.
Infatti, se si fosse trattato di una mossa studiata per tempo a tavolino, si sarebbe anche individuato immediatamente il successore, ed invece è trascorsa più una settimana prima che venisse nominato il nuovo Amministratore Delegato.
Una settimana in cui si sono vagliate candidature diverse e nella quale si è discusso molto se fosse preferibile scegliere una soluzione "interna" all'azienda o dare un taglio netto con il passato nominando una personalità "esterna" ad Unicredit.
Alla fine, come noto, la scelta è caduta su Federico Ghizzoni che ricopriva la carica di vice amministratore delegato ed era a capo delle banche estere, quindi non è stato dato un segnale di discontinuità rispetto all'era Profumo, ma allora perché il banchiere genovese è stato rimosso dall'incarico?
Certamente un ruolo lo hanno avuto le Fondazioni (la Cariverona di Biasi, ‘nemico' di Profumo con Tosi, è la terza azionista della Banca), quindi la politica c'entra, ma l'ex AD si era fatto più di qualche nemico all'interno del Gruppo, non è un mistero, infatti, che il Presidente, il tedesco Dieter Rampl, si fosse stizzito (per usare un eufemismo) per essere stato lasciato all'oscuro dell'ascesa dei libici nel capitale della Banca (di cui non era certo all'oscuro il premier, n.d.r.).
E' indiscutibile che, visto che unanimemente a Profumo viene riconosciuto il merito di aver "costruito" Unicredit, egli, soprattutto negli ultimi tempi, l'aveva gestita come un monarca, e questo, in Italia, non è consentito.
Con il passaggio di consegne a Federico Ghizzoni, i giornali hanno titolato che ora la Banca è guidata da un "bancario" che è diventato "banchiere", dimenticando che anche Profumo aveva cominciato dallo "sportello", nel Banco Lariano.
Un lato rimasto ancora oscuro nella fulminante carriera di Alessandro Profumo è il suo improvviso passaggio, dopo dieci anni di anonimo impiego presso la Banca comasca, alla società più prestigiosa al mondo nella consulenza manageriale e strategica, vera fucina di top manager sparsi in ogni angolo del pianeta, stiamo parlando ovviamente di McKinsey & Co.
Da quella esperienza, durata due anni, e dopo altri due anni trascorsi in Bain & Co. (altra società leader nella consulenza di alta direzione) Profumo tornava "in Banca", stavolta, però, dalla porta principale e con un tappeto rosso: Direttore Centrale del Gruppo Ras a soli 34 anni!
Quattro anni dopo era Direttore Generale del Credito Italiano e a soli 40 anni Amministratore Delegato, il bruco si era trasformato in farfalla.
Possiamo ora considerare Profumo un disoccupato? Beh! Non scherziamo visto che il banchiere genovese, nei quindici anni alla testa di UniCredit (e poi come buonuscita) si è portato a casa emolumenti per svariate centinaia di milioni di euro, forse un po' troppo per chi ha anche commesso errori, (strategici politici) che sarebbero costati cari agli azionisti della Banca.
Il nuovo AD, infatti, dopo poche ore dal suo insediamento ha già espressamente parlato di qualche dismissione nell'est Europa, in particolare, si dice, dai Paesi Baltici, ma il maggior errore, unanimemente riconosciuto a Profumo, è stato l'acquisto di una banca in Kazhakistan che si è dimostrata una rovina. Non forse abbastanza, però, per ‘dimetterlo', viste le ben diverse motivazioni, che nascono tra le lotte e gli equilibri tra le Fondazioni (che hanno solo 11% del capitale, però), i tedeschi (poche quote ma interesse al 50% del mercato Unicredit, quello in Germania e nei paesi dell'Est), le mire di Geronzi e la politica, con la Lega in testa.
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