Una lacrima sul viso
Domenica 9 Giugno 2013 alle 23:47 | 0 commenti
Di Alessandro Betto per la rubrica autogestita Vita gay vicentinaÂ
Recentemente mi è capitato di dover andare all'estero per lavoro. Il fatto di per sé non ha nulla di eccezionale visto che moltissime persone lo fanno ed anch'io, nel mio piccolo, ho visto molti aeroporti negli ultimi anni. In queste occasioni ho riscontrato come i lunghi viaggi aerei siano spesso cause di "spostamenti" emotivi oltre che fisici.
Parlando poi con altre persone che spesso trascorrono lunghe ore in volo, ho scoperto che questa specie di emotività ad alta quota non è poi così rara.
Ecco che mi risulta più semplice capire il perché i film in aereo riescono a commuovermi molto di più che se li vedessi comodamente al cinema (e non è per gli alcolici del servizio bar) ed anche perché alcune persone sembrino quasi trasfigurate dopo un volo di qualche ora.
Ad ogni modo, nella mia ultima tratta di rientro, stavo comodamente guardando un simpatico episodio di una nota sit-com e attendendo che servissero il pranzo quando una hostess, gentilissima, mi si avvicina e, posandomi una mano sulla spalla con un gesto solidale, mi chiede se andasse tutto bene!
Sono rimasto perplesso e, ringraziando timidamente, l'ho rassicurata.
Solo poi mi sono accorto che, per un banale irritazione ad un occhio, questo stava lacrimando.
Quello che mi ha fatto riflettere è stato come episodi emotivi siano evidentemente considerati possibili, e forse anche frequenti, dal personale di bordo.
Il fatto poi che io fossi vestito in modo presentabile e potessi essere un classico vicino della porta accanto, ha probabilmente influito positivamente a mio vantaggio.
Ho iniziato a pensare come sarebbe piacevole se questa "formazione" all'umanità venisse estesa a tutta la cittadinanza e non fosse parte di una professione. Il recupero del senso di comunità potrebbe partire da una maggiore attenzione alle persone che ci vivono accanto, in controtendenza a quanto imposto da una vita frenetica che scambia con il denaro (poco e sempre meno) i sentimenti. Ho immaginato un mondo di hostess e steward attenti alle sfumature emotive delle persone che incontrano e capaci di un cenno di riscontro e conforto all'occorrenza.
Insomma, in un mondo dove il massimo dell'emotività si esprime con un cambio di stato su facebook, mi sono chiesto se possiamo fare qualcosa per migliorare.
La domanda è retorica visto che (a parte alcuni casi disperati) si può sempre cercare di migliorarsi, ma è l'implicazione sociale di questo miglioramento ad essere interessante a mio avviso. Non basta che la crescita sia del singolo e quindi autogestita, vorrei capire come poter agire su una sfera più ampia, con un contagio di empatia che sconvolga l'intera cittadinanza.
Penso che il nucleo della questione sia una cultura di rispetto tramite la quale è possibile veramente cogliere i segnali della comunicazione non verbale ed usarli per capire, imparando a condividere, anche con chi non conosciamo, una parte di noi.
Ammetto che su questi ragionamenti ha avuto un certo peso l'aver trascorso gli ultimi giorni in un paese islamico dove sono stato edotto (ancora una volta) della bellezza e saggezza della religione locale, senza per altro poter avere riscontro anche dalla parte femminile che ne "subisce" il fascino e che mi faceva sentire come una suffragetta urlante "il corpo è mio e lo gestisco io" ad ogni affermazione su matrimoni e vita coniugale.
Confuso e felice insomma? Direi di no! Dopotutto sono sempre convinto che siamo i fautori del nostro destino (ecco, diciamo all'80%) e che possiamo veramente fare la differenza.
Ed io, per contribuire ad un possibile cambiamento, che faccio? Diciamo che faccio quello che posso e che mi permette di dormire sereno, quando non vengo svegliato da incubi dagli inquietanti risvolti politici, ma, con i tempi che corrono, credo che succeda ad una, ahimè crescente, percentuale di Italiani.
Quello che veramente mi fa credere di non essere il solo a pensarla così è il vedere quante associazioni, gruppi e movimenti di persone sono nati e stanno crescendo nella nostra città in questi ultimi anni e questo non può che farmi sentir meglio.
(Da VicenzaPiù n. 254 sfogliabile comodamente dagli abbonati online)
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