Un vestito nuovo per Babbo Natale
Venerdi 25 Dicembre 2009 alle 08:00 | non commentabile
Oggi siamo tutti (proprio tutti?) più buoni (anche i cattivi?).
Dopo avervi fatto, quindi, i nostri Auguri PiùSinceri ma prima, magari, di un pezzo graffiante che Babbo Mannino potrebbe calarci da un momento all'altro dal suo nero camino, pubblichiamo dalla nostra rubrica quindicinale La Pentola Dipinta la fiaba di Natale del titolo
La fiaba è di Lorenza Farina
La luna come una moneta d'argento illuminava la notte di Natale facendo brillare il bosco innevato.
Il vecchio Babbo Natale, un po' acciaccato per i suoi centoventi inverni, tirò fuori dall'armadio l'abito rosso orlato di pelliccia, ormai consunto sui gomiti e privo di qualche bottone.
Lo indossò facendo attenzione a non strappare le cuciture ormai lise. Poi calzò gli stivaloni neri dalle suole consumate e si allacciò in vita il cinturone.
- Avrei proprio bisogno di un vestito nuovo - si disse infilando nel sacco gli ultimi doni per i bambini che gli avevano scritto, come ogni anno, affettuose letterine piene di richieste e di buoni propositi - ma ho speso tutto il mio denaro per comperare questi regali.
- Vorrà dire che l'anno prossimo cercherò di essere meno spendaccione così da risparmiare qualche soldo e rinnovare il mio guardaroba un po' fuori moda - si ripromise salendo con qualche difficoltà sulla slitta, perché la schiena gli doleva.
Le renne erano inquiete quella notte, perché avevano dormito poco. Babbo Natale le aveva svegliate prima del solito per prepararle al faticoso viaggio che le attendeva, di paese in paese, di città in città , attraverso foreste innevate e mari in tempesta.
- Buone, Cesarina e Gertrude, che la strada è lunga e tortuosa - tentò di quietarle il vecchio dalla lunga barba bianca.
- Su, al galoppo! - le incitò poi a gran voce.
Le due renne si sollevarono da terra, leggere come fiocchi di neve, trainando la slitta in aria lungo un sentiero invisibile che solo loro conoscevano.
Gertrude, la più ribelle, non voleva saperne di ubbidire ai comandi di Babbo Natale. Scalpitava, dimenandosi come un cavallo imbizzarrito, muoveva la testa di qua e di là , facendo perdere la rotta alla slitta e la pazienza al suo conducente che a fatica riusciva a domarla. E a forza di tirare a destra e a manca, le redini ben presto si strapparono.
Babbo Natale perse il controllo della slitta e le renne furono sbalzate fuori, roteando nell'aria gelida della notte insieme a Babbo Natale e al suo sacco colmo di doni.
Il vecchio con il pancione rotondo, dopo varie capriole, atterrò nel bosco, finendo, per sua fortuna, sopra un cumulo di neve fresca che attutì la caduta. Si procurò solo qualche ammaccatura, ma il suo vestito rosso, già malconcio, si rovinò del tutto, strappandosi in più punti mentre gli ultimi bottoni schizzavano via come proiettili.
In quello spettacolare atterraggio sparirono anche i doni che fuoriuscirono dal sacco e si persero tra gli alberi imbiancati di neve di quell'immenso bosco.
- Per mille renne capricciose e per cento giocattoli di cartapesta! - inveì Babbo Natale con il cappuccio di traverso e la barba bianca tutta aggrovigliata - Ora sono proprio ben conciato: senza vestito e senza doni.
Gli animali del bosco, a quelle grida, si svegliarono di soprassalto e così pure gli alberi e ogni tipo di arbusto. A dire il vero, nessuno, nel bosco, dormiva profondamente quella notte, perché tutti attendevano con grande eccitazione che arrivasse Natale. C'era un impercettibile fermento nell'aria che faceva vibrare ogni ramoscello come se fosse scosso da una lieve brezza.
- Non preoccuparti per i tuoi doni, caro Babbo Natale. Li troveremo noi volando di ramo in ramo e poi li porteremo ai bambini che li stanno aspettando - gli dissero in coro i pettirossi alzandosi in volo tra gioiosi cinguettii.
- Non crucciarti per il tuo abito rovinato. Il gufo e la civetta te ne faranno uno nuovo con le mie foglie - lo confortò una quercia vecchia di cent'anni.
- E io lo decorerò di rosso con le mie bacche - proseguì un agrifoglio.
- Io ti regalerò la mia coda argentata per foderare di pelliccia il tuo cappuccio di foglie - si offrì gentilmente la volpe.
- Con il mio legno lo scoiattolo ti fabbricherà un bel paio di zoccoli così i tuoi piedi non affonderanno nella neve - gli disse un noce dal grosso tronco.
- Non so come ringraziarvi, - esclamò commosso Babbo Natale - ma perché fate tutto questo per me?
- Perché siamo tuoi amici - gli risposero in coro gli animali e gli alberi del bosco - Tu ti sei sempre prodigato per gli altri, era tempo che qualcuno pensasse anche a te, ora che sei diventato vecchio e stanco.
In men che non si dica Babbo Natale ebbe il più bell'abito che avesse mai indossato, caldo di foglie fruscianti, trapuntato di bacche rosse come rubini. Una morbida pelliccia gli incorniciava il volto rubicondo dove risaltavano due occhietti vispi e lucidi di commozione.
In quella notte stellata Babbo Natale, elegantissimo nel suo abito di foglie, festeggiò il più bel Natale della sua vita insieme agli amici del bosco tra canti e scorpacciate di frutti selvatici. Parteciparono alla baldoria anche Gertrude e Cesarina che, mogie mogie, ricomparvero all'improvviso tra gli alberi e, per scusarsi della loro marachella, diedero una poderosa leccata alle guance paffute del loro padrone che le perdonò, perché Babbo Natale non era capace di tenere il broncio a nessuno.
E quella fu la prima notte di Natale che ogni bambino ricevette il suo dono non dalle mani di Babbo Natale, ma dal becco di un cinguettante pettirosso.