Un incontro con il rabbino Jeremy Milgrom: "Ponti non muri. Rabbini per i diritti umani"
Mercoledi 28 Settembre 2016 alle 23:37 | 0 commenti
"Ci incontriamo proprio oggi nel giorno della scomparsa dell'ex presidente israeliano e Nobel per la pace Shimon Peres, colui che il Corriere della Sera ha definito 'il falco divenuto colomba'. Lui è la prova che si può cambiare: è di questo che con la testimonianza della sua vita il rabbino Milgrom è venuto a raccontarci. Il modo in cui siamo venuti in contatto con il rabbino è stato, per noi che ci crediamo, provvidenziale. Si tratta di Alicia Vacas Mora, una suora comboniana che è stata in Israele nel 2008 e ci ha reso noto che il rabbino sarebbe stato a Trento in questo periodo. Abbiamo colto così l'occasione per averlo qui".
"Ponti non muri" è il nome di questa serata perché ciò che divide Palestina e Israele è realmente, fisicamente -e non solo- è proprio un muro che dovrebbe essere invece un ponte per far convivere le diversità , spiega suora Federica.
Jeremy Milgrom è colui che potremmo definire "l'uomo ponte". Non è un nativo israeliano, è infatti americano. Ha scelto di vivere in Israele che è la sua patria da molti anni.
Il rabbino Milgrom parlando di sé parte dalle sue origini. E' originario della Virginia Vengo. "Ero molto leale e in un certo qual senso religioso nei confronti della mia patria, una cosa molto nello stile americano. Sin dai tempi della scuola però avevo dei problemi nel cantare una delle canzoni che si usava intonare, ovvero Dixie's Land perché in una delle sue frasi diceva 'In Dixie's Land I'll take my stand, to live and die in Dixie' ovvero 'Ho preso la mia decisione: di vivere e morire a Dixie" e la mia risposta era: io vivo a Dixie ma non voglio morirci. Voglio andare in Israele. Ho un enorme background ebreo. La mia famuglia lo era. Mio padre era un rabbino. Fu lui che capì che ero molto competitivo quindi volle canalizzare questo mio tratto in un contesto biblico. Vinsi un premio in questi ambito infatti religioso e il premio in palio fu..un viaggio in Israele! Vi andai, feci anche il servizio militare lì come molti miei amici. Sentivo che quello era il mio posto. Dopo 3 anni lasciaia l'esercito in cui molti miei amici invece morirono con la grande guerra del '73. Studiai per diventare rabbino e sentivo che dovevo creare dialogo e comunicazione per la pace. Il rabbino Jeremy continua illustrandoci i due lati del mondo ebreo, partendo da quello più amaro, ma promettendo di finire con qualcosa di dolce.
"La maggior parte degli ebrei non è religiosa" ci rivela "e il mio arrivo in israele fu eccitante e
problematico allo stesso tempo. Ero abituato a vedere gli ebrei come una minoranza ma lì era il contrario. La minoranza erano gli arabi. La mia missione non era quindi quella di far convivere ebrei credenti e non credenti ma ebrei e arabi. E proprio in quegli anni in cui il loro rapporto diventava sempre più difficile".
In questa situazione il rabbino diventa cofondatore del movimento Rabbini per i Diritti Umani. Si tratta di un'organizzazione che il rabbino spera si possa chiudere stannotte, perchè il suo augurio è che non ce ne sia più bisogno. È altresi imbarazzante fondare tale associazione perchè cosi nominandola si fa intendere, confessa Milgrom, che non tutti i rabbini si occuoano e preoccupano dei diritti umani.
E' a sopperire tutte le mancanze di queste situazione che verte l'organizzazione, per un vammino verso la pace. In modo particolare nel un mondo ebreo un cui "teologicamente e spiritualmente manca pace e c'e peccato, disonore per il nome di Dio".
Di cosa sioccupa concretamente l'organizzazione? Dare lavoro ai disoccupati, occuparsi di accudire e dare cure mediche agli immigrati, dall'Africa specialmente,educare e istruire sul tema dei diritti umani. Poi passando al problema strutturale del territorio di Israele, si occupa anche della cura dei confini e dei territori che Israele è andato ad invadere ed intaccare, come la striscia di Gaza. C è un muro di 8 metri che separa Israele da nord a sud. Lungo tutto questo muro ci sono i beduini. "Cosa possiamo fare per questa situazione? Possiamo usare solidarietà , provvedere cibo; abbiamo anche studenti dagli Usa che ci hanno aiutato ad organizzare corsi di inglese per i figli dei beduini. Addirittura molte donne hanno preso la laurea generando un certo senso di inferiorità negli uomini che non lo vogliono prendere come mogli, considerando il fatto che non dovrebbero, secondo il genere maschile, lavorare ma occuparsi della famiglia. La popolazione dei beduini ha vissuto delle persecuzioni da parte del governo israeliano: i loro villaggi sono stati distrutti, sono stati forzati a spostarsi ma hanno piazzato loro vicino delle discariche. Non hanno permesso loro di costruire case di mattoni inoltre nei luoghi in cui li hanno segregati".
Ma ora, ci rivela il rabbino, arriva il dulcis in fundo. Un'associazione italiana da Milano ha progettato e finanziato una scuola le cui pareti sono fatte di pneumatici, che di certo non rientrano nel divieto del governo, li hanno uniti con della malta, ponendovi sopra un tetto di lamiera e anche dei fotovoltaici. Continui sono stati negli 8 anni successivi sino ad i tentativi di demolirla, senza successo.
"Ad oggi la situazione in cui si trova il territorio israeliano è di profonda ingiustizia. L'ex palestina che dal 1946 al 2010 è arrivata a sparire lasciando spazio a Israele dovrebbe forse trovare una soluzione europea? Ovvero creare 2 stati separati? Oppure creare un unico stato di ebrei e palestinesi? E se così fosse e questo stato unico è popolato da ebrei e palestinesi nella stessa misura, rimane comunque uno stato ebreo? La situazione attuale è una dominante maggioranza israeliana su una minoranza palestinese a livello territoriale: una grande ingiustizia di base, senza dialogo né pace".
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.