Un bilancio di fine anno: amaro per il lavoro
Mercoledi 26 Dicembre 2012 alle 19:53 | 0 commenti
Sul fronte del lavoro i dati dell’anno che sta finendo ci spiegano che la fine della crisi non è vicina. Tutt’altro. I dati del Veneto confermano un continuo peggioramento che sembra inesorabile.Le aziende che sono entrate ufficialmente in crisi (gennaio-novembre 2012) sono 1.342. Rispetto alle 983 del 2011 si registra un incremento del 36,5%.
I lavoratori coinvolti sono 31.157 nel 2012. Nel 2011 erano 19.430 (+60,4%). A fine novembre, le ore autorizzate di cassa integrazione sono 92.390.164 (che corrispondono a circa 61.000 lavoratori). Erano 79.601.307 (circa 53.000 lavoratori) nel 2011. L’incremento è del 16,1%.
A fine ottobre 2012 (ultimi dati diffusi da Veneto Lavoro) gli ingressi in lista di mobilità sono 29.959 con un incremento del 3% rispetto ai 29.092 del 2011. Il peggioramento è dato dai licenziamenti individuali attivati dalle piccole imprese (legge 236/93 che dà diritto a benefici fiscali a favore delle aziende ma non consente ai lavoratori di avere l’indennità di mobilità ) che coinvolgono 22.593 lavoratori (+19,7% rispetto ai 18.869 del 2011).
A fine novembre, le domande di mobilità in deroga sono 11.059. Questo significa un aumento pari al 77,4% rispetto a quelle del 2011 (6.234). Dai dati resi disponibili dalla regione si capisce che la tendenza negativa è in aumento. Le domande di mobilità in deroga approvate in dicembre (ddr 1561 e 1562 del 3/12 e ddr 1649 del 12/12) sono 1.317.
I dati della provincia di Vicenza sono riportati nella tabella.
L’unico miglioramento che si registra è quello della mobilità complessiva. Il dato dei licenziamenti individuali evidenzia che la situazione dei lavoratori meno tutelati è drammatica.
È da considerare, anche, che la situazione del 2012 viene dopo anni di continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, a licenziamenti indiscriminati, delocalizzazioni e privatizzazioni selvagge che hanno comportato un progressivo e continuo aumento della disoccupazione e del lavoro precario.
Infine è bene ricordarsi anche della sicurezza nei posti di lavoro. Il problema esiste anche se non se parla più. I dati forniti dall’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, sono drammatici: dal 1° gennaio al 26 dicembre del 2012 sono morti 618 lavoratori nei posti di lavoro. I caduti sul lavoro sono oltre 1.110 contando anche chi muore in itinere o sulle strade per lavoro. A questi si devono aggiungere le decine di migliaia di invalidi per infortuni sul lavoro e i cittadini deceduti per malattie professionali. Le vicende dell’Ethernit, dell’Ilva, della Tricom, della Marlane-Marzotto (solo per citarne alcune) sono là a ricordarcelo.
Di fronte a questa situazione non si può fare finta di nulla e credere che sia il destino “cinico e baro†che sta distruggendo il nostro lavoro. Né si può credere che sia con le politiche liberiste di Berlusconi prima e di Monti più recentemente (e, forse, anche nel prossimo futuro) che si possano risolvere i problemi dei lavoratori. La cancellazione dell’articolo 18 non ha risolto i problemi occupazionali, li ha aggravati. L’innalzamento dell’età pensionabile non ha creato nuovi posti di lavoro ma ha, di fatto, aumentato la disoccupazione giovanile. L’articolo 8 imposto da Berlusconi nella sua ultima finanziaria (norma che permette di derogare dalle leggi dello Stato e dai contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti di lavoro a discrezione, di fatto, del padrone) e il famigerato “metodo Marchionne†diventato prassi accettata anche da sindacati compiacenti, non hanno creato posti di lavoro ma cancellato i diritti di chi lavora …
I problemi di chi lavora si affrontano seriamente ripristinando la legalità nei posti di lavoro, impedendo le delocalizzazioni (ricordiamo che Monti ha sempre dichiarato, invece, che la Fiat poteva spostare il lavoro dove voleva e che il governo non avrebbe fatto niente per impedirlo), tassando le grandi ricchezze (dovute in gran parte a speculazioni finanziarie) con una patrimoniale progressiva, prevedendo l’intervento dello Stato nella gestione delle aziende che ottengono investimenti pubblici. Si esce dalla crisi con una politica che metta al primo posto la soluzione dei problemi dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani.
Il lavoro prima di tutto. Deve diventare l’impegno di tutti per il 2013.
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