Tra il dire e il fare... c'è la pesante situazione a valle del processo di fusione-integrazione tra Banca Intesa Sanpaolo con BPVi e Veneto Banca: la parola all'esperto
Giovedi 18 Gennaio 2018 alle 20:10 | 0 commenti
 
				
		Gent. direttore, mi permetto di inviarle un mio intervento circa la pesante situazione che si sta riscontrando a valle del processo di fusione-integrazione tra Banca Intesa Sanpaolo e le due Banche Popolari venete (della situazione eravamo stati facili profeti il 13 ottobre 2017: "Carlo Messina di Intesa Sanpaolo: va tutto bene per le aziende clienti delle fu BPVi e Veneto Banca. Tutto tutto anche per oro, Iran, fidi multipli e... per fornitori della stessa Intesa?"). La rocambolesca vicenda che ha portato al cosiddetto "salvataggio" di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca da parte di Banca Intesa Sanpaolo, oltre ai gravissimi colpi inferti alla massa incolpevole di piccoli azionisti e investitori, sta provocando (come qualcuno giustamente preventivava) delle grosse perturbazioni pratiche in Vicenza e provincia che giungono a incidere sull'esistenza stessa di molte aziende medie e piccole.
Da un lato i vertici di Banca Intesa hanno inteso rassicurare (con  dichiarazioni rese a giornali locali e nazionali) che si sarebbero fatti  tutti gli sforzi perché fosse preservato il delicato equilibrio  imprese-credito tipico di questo territorio; dall'altro, a poche  settimane dalla unificazione procedurale e strutturale delle tre banche,  si avvertono i primi contraccolpi negativi inferti alle aziende sia  dalla concentrazione in un unico soggetto degli affidamenti che, prima  della fusione, erano suddivisi tra Banca Intesa (o realtà affini come  Cassa Risparmio del Veneto), Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca,  sia dall'interpretazione "locale" (in particolare del Centro Imprese di  Vicenza e del suo coordinatore) di una via che DEVE comportare la  progressiva (e rapida) riduzione degli affidamenti complessivi in modo  tale da ridurre il rischio che, gioco forza, si è concentrato.
Più  che un credit crunch (stretta creditizia) pare giunto il momento di una  riduzione drastica e non negoziabile dei crediti concessi alle imprese.
Ciò in particolare per quanto attiene al comparto orafo.
Via i prestiti d'uso di argento (semplicemente: Intesa non li ha come prodotto e quindi...);
via  (oppure ridotti al minimo) i Prestiti d'uso d'oro, malvisti perché si  concede oro di proprietà della banca (e non denaro) a quei pochi  straniti operatori che ancora (ma pensa che assurdità) lo lavorano,  producendo e commercializzando quella cosa immateriale cui tutti (banche  comprese) sembrano tenere tanto: il Made in Italy.
La soluzione al  problema? Secondo Intesa operazioni a Medio/Lungo termine che, ammesso  vengano effettivamente concesse (del che si dubita), affossano i bilanci  caricando di debiti la situazione patrimoniale delle imprese. Così  essa, risentendone negativamente, marcherà indicatori sintomatici  strutturali deficitari (o più deficitari di quanto non fossero prima  della fusione tra le banche) i quali, a loro volta, produrranno un  rating peggiorato e, di conseguenza, indurranno un'ulteriore richiesta  delle banche di riduzione del credito concesso, oltre a un peggioramento  (guarda un po' che sorpresa) del sistema di tassi e condizioni  applicate al cliente.
Come si vede una cosa è dire (in alto, per principi di massima), una cosa è fare (qui a Vicenza, nei fatti).
La situazione va governata e non lasciata al puro rapporto banca-cliente che è, di per sé, un rapporto diseguale e asimmetrico.
Sarebbe  opportuno che la politica, Confindustria e le Associazioni di Categoria  svolgessero appieno un ficcante controllo (ed eventualmente quella  necessaria risposta interdittiva) che appare necessario quanto urgente.
E  non si dica che il merito creditizio e la sua gestione è "questione  interna alla banca"! Un istituto di credito che acquista per 50  centesimi un altro istituto (naturalmente solo la parte "buona")  caricando sulla fiscalità pubblica ciò che non le aggrada, ha il dovere  morale, oltre che civico, di operare in modo attento e rispettoso in un  territorio già duramente devastato proprio dalle banche.
Né si dica che si opera "secondo le regole".
Le  regole, secondo uno dei più grandi giuristi italiani, per ragioni di  equità sono come le uova: a volte stanno bene strapazzate.
E regole  applicate apoditticamente e senza criterio feriscono e lacerano ancora  di più. I romani, che erano come si sa un popolo barbaro, sostenevano:  "Summum ius, summa iniuria" ("somma giustizia, somma ingiustizia, ndr").
Ma questa è cultura e, si sa, non è di casa al Centro Imprese di Banca Intesa.
Dott. Giuseppe de Concini
Studio aziendale Giugni de Concini
Finanza d'impresa-Analisi e gestione rapporti con istituti di credito-Gestione crisi aziendali-Ristrutturazioni bancarie-Rating aziendali Â
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