Totalitarismo di ritorno
Domenica 5 Febbraio 2012 alle 12:42 | 1 commenti
Riceviamo da Davide Lovat, fondatore di Progetto Veneto e, ce lo ricorda oggi, dottore in Scienze Politiche, e pubblichiamo
Ieri avevo in mano il mio testo universitario di Scienza Politica, perché da alcuni giorni mi rode dentro la domanda che porrò alla fine dell'intervento e, per abitudine, quando cerco una risposta in campo politico non accendo la TV, ma entro nel mio studio a rovistare tra i miei libri che mi aiutano a comprendere quanto vedo con i miei occhi e con la mia mente libera e indipendente. E dunque...
Si definisce "totalitario" lo Stato ove il potere politico invade la società soffocandone ogni autonomia. Esso è un sistema economico sociale che utilizza la cultura di massa (non la cultura prodotta dalle masse, bensì quella prodotta dai mezzi di comunicazione di massa) e l'industria culturale per massificare gli individui e controllarli psicologicamente e politicamente in ogni momento della loro vita e in ogni aspetto del loro pensiero, organizzando perfino il tempo libero e le modalità della sua fruizione secondo schemi preordinati.
"L'industria culturale", scrivono Horkheimer e Adorno, "è uno degli aspetti più caratteristici e vistosi dell'odierna società tecnologica; essa è il più subdolo strumento di manipolazione delle coscienze impiegate dal sistema per conservare sé stesso e tenere sottomessi gli individui".
Si definisce invece "autoritario" lo Stato in cui il potere è interamente concentrato nelle mani di pochi, o addirittura in quelle di una sola persona; uno Stato non ispirato da ideologie in senso pieno, in quanto il suo campo d'azione è in genere legato alla convenienza e alla contingenza. Di solito il regime autoritario enuncia principi fondamentali o slogan sui quali si ritiene che vi possa essere la convergenza di attori politici interessati e che siano accettabili da vasti strati di popolazione, soprattutto in periodi di crisi (per es. "pagare tutti per pagare meno").
Si definisce infine "Regime civile-militare" quello in cui la élite dominante può esser formata sia dai detentori del potere militare sia da classi sociali interessate a migliorare il proprio potere economico o politico attraverso l'eliminazione della democrazia. Ne nasce un do ut des che si regge finché è in equilibrio la forza delle classi detentrici del potere autoritario e c'è una sorta di accordo che dura finché i vantaggi delle parti interessate durano e si equilibrano.
Ebbene, uno Stato ipotetico che assommi o sintetizzi queste peculiarità non potrebbe prescindere dall'elemento più caratteristico di siffatti sistemi: l'intolleranza per ogni forma di opposizione politica, civile o fiscale, da esercitare con mezzi coercitivi per l'esazione delle imposte o per la riduzione dei diritti del lavoro, nonché l'avversione violenta e razzista contro chiunque protesti la propria diversità culturale, politica e ideologica rispetto a chi detiene il potere e a chi lo legittima approvandolo. Tali oppositori verrebbero immediatamente criminalizzati e considerati alla stregua di "dissidenti", da ridurre al silenzio o all'emarginazione sociale attraverso forme di derisione o di esclusione.
Mi chiedo, e chiedo ai lettori: non è che, per caso, tali categorie trovano corrispondenza in qualche posto che conosciamo? O sono solo esercizi accademici applicabili all'Isola che non c'è? Mala tempora currunt.....
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