Terremoto, Langella: un ricordo molto personale
Mercoledi 30 Maggio 2012 alle 15:34 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo:
Il 31 maggio 1970 alle 14 del pomeriggio, in Perù, ci fu un terremoto devastante. Oltre 65.000 morti "ufficiali", città distrutte e coperte dal fango di frane immense, una magnitudo pari al 7.5 ... una ferita difficile da risanare. Io ero là , l'ho vissuto e, da allora, la paura (direi il terrore) del terremoto mi segue.
Mi segue il dolore di chi ha visto morire chi gli stava vicino, crollare case, fabbriche, scuole. Sparire interi paesi. Mi segue lo sgomento di chi non riconosce più la terra nella quale è cresciuto. Una terra cambiata, diventata ostile. Ma ricordo anche la solidarietà delle persone. Ricordo come, 42 anni fa, si mobilitarono tutti. Le persone "normali" diventarono "eroi" e andarono ad aiutare chi aveva perso tutto. Si mobilitarono gli Stati, anche quelli considerati "nemici". Il mondo intero andò in Perù e vide cos'era successo. Conobbe una realtà e un paese senza tener conto di alcun stereotipo. Vide la sofferenza dignitosa di un popolo, si un paese allo stremo, che voleva (con fatica, certo) risollevarsi. Ricordo che mio padre e mio fratello (che non ci sono più) partirono verso il nord del paese per portare aiuti. Ricordo che mio fratello (allora diciasettenne) fu lo "straniero" più giovane che si impegnò negli aiuti e che per questo ebbe un riconoscimento dallo Stato Peruviano. Ricordo che non fummo più "stranieri" in un paese che è la mia seconda patria. Adesso, in questi giorni, il pensiero va a chi sta vivendo una tragedia simile. E' occupato da chi è morto nel crollo delle fabbriche, delle chiese, delle case. Va a chi soffre ma ha la volontà invincibile di vivere e continuare. Il 2 giugno si vuole insistere nel fare la parata militare a Roma. Sono già stati spesi dei soldi, ci dicono. Sarà comunque una "cerimonia sobria" affermano. L'unica soluzione sarebbe di cancellare la parata e concentrare tutte le risorse risparmiate negli aiuti a chi sta vivendo il dramma del terremoto. Questa sarebbe la vera "sobrietà ".
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