Talenti vicentini in fuga 3. La proclamazione di un PhD in California, reportage: la cerimonia
Domenica 15 Giugno 2014 alle 22:32 | 0 commenti
Ci siamo lasciati all'aereoporto di San Diego col padre arrivato qui da Vicenza per assistere alla cerimonia del "Commencement", la proclamazione, cioè, come PhD (il massimo titolo universitario in Usa) in Elecrical and Computer Engineering, del laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni che ha lasciato l'Italia e l'ateneo padovano di origine nel 2009 per iniziare il percorso presso la UCSD (University of California San Diego) di cui il padre è orgoglioso ma su cui l'Italia tutta si dovrebbe interrogare visto l'esodo sempre più massiccio dei nostro "cervelli".
Raccontare le emozioni è molto più difficile per il povero cronista che non raccontare dei fatti. Di questi ne riferiamo subito in parte (ci torneremo in dettaglio domani, dopo essere tornati al Marco Polo) dopo aver presenziato al Commencement a fianco del nostro protagonista mediatico, perché quello vero è il figlio col quale lo abbiamo lasciato in compagnia senza orecchie e bocche che ne invadessero ulteriormente la privacy e che rappresenta tanti altri come lui di cui ci lasciamo espropriare.
Ne riferiamo poco anche perché di più non potevamo, fisicamente e umanamente, fare dopo aver festeggiato in un gruppo di Philosofy Doctor di tanti paesi il "successo" accademico del giovane vicentino al Rock Bottom, pieno di birre e mega schermi in cui scorrevano le immagini dell'Italia che batteva l'Inghilterra facendo scorrere altri fiumi di biondo, rosso e nero alcol con la schiuma per consolarsi o, noi, per festeggiare.
E la birreria era l'immagine popolare di quella più accademica della grande palestra che mostrava i tanti successi della UCSD in tanti sport, discorso su cui torneremo, e che ha ospitato le "Proclamazioni" top, mentre una grande area all'esterno, un vero stadio all'aperto, era riservata ai Bachelor, le lauree, diciamo, brevi.
In birreria come tra chi ha ricevuto il Master o l'ancora più prestigioso PhD c'erano sì dei "nativi" Usa ma, se cinesi e iraniani erano "invadenti", pacificamente, per numero, era emozionante e significativo vedere giovani menti di così tanti paesi uniti dal sapere.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.