Su 166.000 candidati al "concorsone" più della metà non lo avrebbe superato: i perchè
Domenica 17 Luglio 2016 alle 18:22 | 0 commenti
 
				
		Qualcuno potrebbe essere tentato di dare la colpa alla superficialità o all'eccesso di creatività che in alcuni casi caratterizza l'azione degli italiani, ma non è così. Mentre restano ancora ufficiosi i dati del "concorsone" che vede impegnati decine di migliaia di docenti in tutta Italia, ciò che emerge dai risultati dei diversi uffici scolastici regionali è la rappresentazione di una disfatta. I dati riportati sui giornali sono eloquenti, quasi 64.000 posti disponibili per l'assunzione, molti ma non un record, di cui 6.000 di sostegno, circa 25.000 per l'infanzia e la primaria e 33.000 per la secondaria (I e II grado). 166.000 i candidati, gran parte donne, molti gli ultraquarantenni. Alcune premesse. I risultati non sono affatto omogenei. I candidati di alcune classi di concorso sono stati "falcidiati", altri, in altre classi di concorso, hanno avuto risultati decisamente diversi.
Le commissioni sono state formate a ridosso del concorso. Rispetto ai  concorsi precedenti, le commissioni sono state chiamate a valutare più  che le conoscenze, la capacità didattica dell'aspirante docente. Molti,  moltissimi dei partecipanti al concorso insegnano da anni, molti da più  di dieci anni.
Ad oggi, per quanto è dato sapere, più della metà dei  partecipanti non ha passato l'esame. Decisamente una selezione severa.  Perché?
Gli ultimi governi hanno puntato molto sulla meritocrazia, un  termine che rappresenta ormai agli occhi degli italiani la panacea per  tutti i mali.
Ma il termine "meritocrazia" è abbastanza ambiguo.
Società  meritocratica è quella in cui si accede a posizioni sociali grazie alle  proprie capacità. Una società non egualitaria in cui però l'opportunità  di curare e dimostrare le proprie capacità, per essere eticamente  accettabile, deve essere garantita a tutti.
Troppo spesso però, e  troppo semplicisticamente, si scambia la meritocrazia non con una  maggior acquisizione di responsabilità sociali, bensì con il diritto ad  acquisire vantaggi, premi, banalmente soldi. Una banalizzazione tragica  che va a sostenere il tragico mutamento culturale che ha dato alla  ricchezza e al denaro in generale, valore esistenziale. A danno di ciò  che invece dovrebbe essere il valore portante di una società  meritocratica: il benessere dei cittadini.
Il concorso per docenti è  stato organizzato frettolosamente, contornato di proclami rilanciati da  ogni mass media, con prove verosimilmente calibrate male, gestite da  commissioni formate da personale che sino ad oggi ha lavorato in maniera  diversa e che ha inteso in maniera diversa il proprio compito.
Così ci sono state commissioni che non hanno ammesso moltissimi candidati ed altre che hanno ammesso quasi tutti i candidati.
Nella  scuola reale, una classe che supera una prova con valutazioni troppo  alte o troppo basse è indice di una prova preparata male. Lo stesso  potrebbe essere accaduto per questo rocambolesco concorso.
Superficialità? Improbabile.
Lo Stato, il Ministero ha l'esperienza e gli strumenti per non commettere tali banali errori.
Questo assunto non lascia spazio a molte altre interpretazioni se non all'unica vera.
Forse  allora vale la pena di ricordare come una scuola statale inefficiente  sia l'ostacolo principale a quell'uguaglianza di opportunità che è alla  base di una società realmente meritocratica e al contempo condizione  essenziale per un sistema sociale che si fondi sul principio  dell'"ascription" ossia una società in cui gli incarichi vengono  attribuiti per privilegio.
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