Silvano Ravazzolo, imprenditore vicentino e azionista BPVi, ha perso 80 milioni. "Fessi ad averci creduto"
Mercoledi 16 Marzo 2016 alle 09:29 | 0 commenti
«Non mi faccia parlare» No no, non si preoccupi signor Silvano Ravazzolo. Però lei, imprenditore dell’abbigliamento (Confrav, provincia di Vicenza, 10 milioni di ricavi), insieme a suo fratello Giancarlo è il primo socio della Banca Popolare di Vicenza spa. Un investimento, diciamo, non felice. «Siamo stati colti alla sprovvista da una situazione che non ci aspettavamo» Facciamo due conti: avete l’1,5% del capitale (93 milioni di valore un anno fa), quasi il doppio della Cattolica Assicurazioni che è quotata in Borsa e ha dovuto tagliare l’utile per la svalutazione della Popolare.
«Ma le ho detto che non parlo»
Comprensibile, oggi avete perso 80 di quei 90 milioni. E i titoli sono intestati a voi, persone fisiche. Un record, una «botta» mai vista. Tanti, tanti soldi.
«Ma non nostri»
E di chi?
«Siamo diventati i primi soci con i soldi della banca»
In che senso?
«Siamo stati finanziati dalla banca»
Per acquistare direttamente le azioni?
«Sì»
E gli aumenti di capitale?
«Anche quelli li abbiamo sottoscritti con i soldi della banca. Così da piccoli siamo diventati grandi soci».
A questo punto va ricordato che è stato proprio il meccanismo perverso dei finanziamenti correlati all’acquisto di azioni ad aver affossato i bilanci. In totale circa un miliardo che non poteva, come invece è stato fatto, essere conteggiato nel patrimonio di vigilanza. È anche uno dei principali «fatti materiali non rispondenti al vero» alla base del presunto reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza che la Procura di Vicenza contesta all’ex presidente Gianni Zonin e altri cinque indagati.
Silvano Ravazzolo ripete il concetto.
«Siamo tutto fumo e niente arrosto. L’arrosto ce l’ha messo la banca»
Ma non avevate la pistola alla tempia.
«Diciamo così: pensavamo che Zonin fosse un buon parroco alla guida del suo gregge»
E adesso ci sono due pecorelle smarrite con 80 milioni di debito.
«Siamo stati usati. Ecco è questo il termine più appropriato: usati»
Vittime, insomma?
«No anche fessi che ci abbiamo creduto»
Ma lei con chi concordava queste operazioni?
«Ne parlavo con la dirigenza, non le dico di più»
Resta il fatto che lei e suo fratello avete acquistato azioni per 90 milioni che oggi valgono (se va bene) il 90% in meno. E, usati o meno, lo avete fatto con soldi della banca che dovrete restituire.
«Vedremo»
Nel senso che?
«Ci siamo affidati a uno studio legale».
di Mario Gerevini, dal Corriere della Sera
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