"Se il mare fosse tocio de bacalà, e i monti de polenta, mamma mia che tociade": il nuovo libro di Galliano Rosset
Lunedi 6 Novembre 2017 alle 09:29 | 0 commenti
Giovedì 9 Novembre 2017 alle ore 20.30 -nella Sala Civica Bressan in Via Leonardo da Vinci 37 Cavazzale di Monticello Conte Otto
Tra tutti i pesci del mare a Vicenza solo uno è veramente famoso: il bacalà e nemmeno nel suo nome ittico, merluzzo, nome scientifico, come si conviene in latino, Gadus morhua, pesce teleosteo della famiglia gadidi, che vive nell'Atlantico settentrionale. Ha carni molto ricercate, che si consumano, oltre che fresche, anche disseccate (stoccafisso o baccalà ), e fornisce un olio che si estrae dal fegato (olio di fegato di merluzzo), di colore giallo paglierino e sapore sgradevole, ricco di vitamine A, D e di grassi facilmente utilizzabili dall'organismo, particolarmente indicato, spec. in passato, nella cura e nella profilassi degli stati di avitaminosi e di denutrizione.
Fu conosciuto nel Veneto grazie ad un naufragio, quello della nave di Pietro Querini che andato a mercanteggiare con ben 500 tonnellate di merce nel nord Europa, principalmente le Fiandre, Si ruppe il timone e la nave andò alla deriva, facendo naufragio, solo in pochi riuscirono a sbarcare nell'isola deserta di Sandøy, vicino a Røst, nel 1432. Salvati dalla popolazione, dopo alcuni mesi Pietro Querini e gli altri ritornarono in patria, portando con sé la preziosa novità . Da Venezia fu poi conosciuto in tutto il Veneto, insieme al fratello che veniva e viene conservato sotto sale.
Da quell'epoca si prepara il baccalà alla vicentina, ma solo in tempi recenti la Confranternita del bacalà ha stabilito l'unica e vera ricetta, desunta da una del settecento, ma è ben noto che in ogni famiglia esistevano variazioni, ad Asiago si utilizzava il locale formaggio, mentre la siora Spusetta non voleva sentir nemmeno parlare di aglio per prepararlo e siora Franca usava l'aringa.
La grande e definitiva rivoluzione del piatto del bacalà avvenne dopo la scoperta dell'America, arrivò il grano dei turchi, detto sorgo e oggi mais: nacque la polenta, oggi detta "pasticcio di mais"(orrore).
Non fu celebrato certo un matrimonio ufficiale tra il baccalà e la polenta, ma l'unione è stabile e non si è mai parlato e non si parla certo di possibile divorzio, che nuocerebbe ad entrambi. Meglio considerare gli elogi, diversi ne sono stati scritti, ricordiamo: A. Boito Elogio de la polenta (in Il libro della polenta, di L. Carnacina e V. Buonassisi, Firenze, A. Martello. Giunti Ed., 1974) e
Elogio del baccalà che sotto riproponiamo.
Così in occasione del trentennale della fondazione della Venerabile Confraternità del Bacalà alla vicentina. Con la consueta e impagabile maestria Galliano Rosset dedica un volume (Editrice Veneta a Il "Bacalà alla vicentina tra storia e tradizione". Il libro voluto dall' L'Unione Nazionale Pro Loco d'Italia (UNPLI) ci offre la possibilità di conoscere con ricchi riferimenti storici, geografici, usanze locali legate al baccalà , quando sia stato e sia importante il piatto vicentino, che ogni anno ha a Sandrigo la sua festa con grande concorso di buongustai.
Galliano Rosset accompagna il volume con dovizia di sue illustrazione che ci rendono piacevole la lettura e ci fanno comprendere quanto sia importante conoscere anche la storia di un piatto popolare, ma che certo anche gli aristocratici gradivano e ci sovvengono le parole del poeta Lord G. Byron (1788-1824) ci ricorda: "Carnevale è il nome di una festa/che meglio significa salutiamo la carnee/ ed è vero poiché solo pesce/ bisogna mangiare in quaresima/ e specialmente lo stoccafisso."
La storia non è solo storia di grandi avvenimenti, ma anche quella della quotidianità , del cibo, che è storia di civiltà e lega passato e presente in una bella prospettiva di tradizionali usi e costumi, che sono poi quelli della vera vita vissuta.
Tanto ancora si potrebbe dire, ma solo scorrendo e leggendo le pagine di questo nuovo volume di Rosset se ne potrà comprendere il valore.
Celebriamo l'importanza del bacalà con le prime due delle trentatrè ottave, "scrite in venezian" nel 1850 da Luigi Plet professore di canto e maestro di cappella della Basilica di San Marco a Venezia.
El bacalÃ
Uno loda el bisato, un altro el ton;
Quelo porta la rasa e questo el go;
Qua se esalta l'orada e là el barbon;
Chi preferisce el rombo e chi l'inchiò;(brodetto)
Vol Cajo el molo, Tizio el sardelon;
Ma, in fazza de qualunque, mi dirò,
Ch'el pesse, che dev'esser più stimà ,
Per tute le rason, xe ‘l bacalà .
Esiste un manoscritto, a Liverpol,
Portà , gran ani in drio, dal Senegal,
Che, co gh'è mezo, consultar se pol,
E che xe tuto erudizion, nel qual,
In modo incontrastabile, se vol,
Co vegnimo a la Storia Natural,
Ch'el pesse che se xe petrificÃ
Primo de tuti, fusse un bacalà ....
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